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Autore: Flavia Franco

Insegnante di scuola primaria, tutor di scienze della formazione primaria, autrice di testi ministeriali e di narrativa, formatrice esperta di didattica della letto-scrittura, giornalista, blogger.

Compiti per le vacanze, sì o no?

Una riflessione attorno al consueto dibattito sui compiti per le vacanze

COMPITI PER LE VACANZE, sì o no?

 

In questi giorni si sta sviluppando, come sempre, il dibattito intorno al fatidico problema:

“compiti delle vacanze sì, compiti no”.

Cercherò di spiegare in questo articolo perché sono favorevole.

Le vacanze dei nostri alunni durano circa tre mesi, da metà giugno a metà settembre. Un lasso di tempo molto lungo nel quale hanno la possibilità di ritemprarsi, di giocare, di stare con la famiglia, di andare in giro, di passeggiare e andare in bici, di visitare nuovi luoghi, di nuotare e costruire castelli di sabbia o lanciarsi in splendide gare di biglie.

È un tempo bellissimo, com’è giusto che sia, in cui la parola “libertà” deve farla da padrona.

All’interno di questo tempo di riposo, ritengo utile che i bambini dedichino qualche momento al loro “lavoro” di scolari. Un piccolo impegno spalmato su tre mesi di vacanza che, oltre a riabituarli a brevi momenti di concentrazione su un compito, educa al rispetto di qualche semplice dovere.

I genitori, che spesso vivono i compiti delle vacanze come un castigo per loro, condizionando anche il punto di vista dei bambini, dovrebbero affiancare le scelte degli insegnanti, valorizzando questi brevi momenti di impegno e ripasso, permettendo ai bambini di svolgerli in autonomia, dando loro fiducia.

“Scegli tu quando farli, mi fido di te. È bello ogni tanto tu rimettere in moto la mente! Se hai bisogno di un aiuto, sono qui”, magari aiutandoli a colorare o facendo a gara nel completare qualche esercizio, senza pretendere la perfezione, cosa che non dovrebbero fare neppure gli insegnanti.

Funzionano come ripasso?

Francamente non so rispondere. Forse sì, forse no. Quello che so per certo è che i nostri bambini “crescono” anche (e soprattutto) affrontando piccoli momenti che mettono alla prova la loro volontà e il loro impegno.

L’abitudine che si è diffusa in questi anni è quella di agevolarli sempre, eliminando dalla loro strada tutto quello che può richiedere un minimo di fatica.

“Prepara il bambino per il viaggio, non il viaggio per il bambino” recita un aforisma che amo molto.

In circolazione ci sono molti libri per le vacanze. Ne scelgo sempre uno semplice, divertente e accattivante dal punto di vista grafico. La richiesta che faccio ai miei alunni (e che condivido con i genitori) è:

“Divertitevi a completarlo. Cercate di predisporre un programma in modo che il lavoro non vi pesi e fate il meglio che potete. Se non riuscite ad ultimare l’opuscolo, pazienza”.

Ebbene, non capita MAI che qualcuno non lo termini.

Infatti, a settembre li utilizzo, attraverso la correzione collettiva o a gruppi, come fase di autovalutazione legata anche alla verifica dei prerequisiti in ingresso.

Ovviamente, insieme al libretto non devono mancare mai i consigli di lettura.

La famosa “lettura gratuita”, nata e cresciuta con il solo scopo di trasmettere emozioni.

Ma questo, come dicono i francesi, ça va sans dire …

 

 

 

Dai numeri ai livelli: valutare un percorso “unico”

Come applicare al meglio la nuova valutazione

Proviamo a fare un passo indietro e poniamoci una domanda: che cos’è un numero? Ecco la definizione che ne dà il Dizionario della Lingua Italiana Sabatini Coletti: “Ente astratto con-cepito per essere messo in corrispondenza con gli elementi di un insieme e che permette di stabilire la quantità di tali elementi (n. cardinale), di misurare quantitativamente le grandezze (n. razionale o n. irrazionale) e di indicare la posizione di un elemento in una successione ordinata (n. ordinale)”.
Ebbene, se riflettiamo un momento, come può un “ente astratto che misura una quantità” rappresentare il processo di apprendimento di un bambino e, soprattutto, differenziarne la valutazione individualizzandola?
L’8 dato a Paolo poteva essere lo stesso dell’8 di Safaa? Il percorso che ha condotto Paolo, nato e cresciuto da genitori italiani, ad acquisire una specifica competenza quale ad esempio “Leggere e comprendere”, è lo stesso che ha compiuto Safaa, figlia di genitori non italofoni che arrancano con l’italiano? Nel sistema basato sulla valutazione numerica persisteva il rischio che quell’8 Safaa non lo ottenesse mai, nonostante gli sforzi legati a una strada parecchio in salita. E, aggiungo, poteva un numero valutare in modo oggettivo una prova aperta come un’interrogazione, la produzione di un testo, l’ascolto, il parlato?

Fatte queste premesse, diamo il benvenuto a questa nuova valutazione formativa che vuole mettere in luce le potenzialità di ogni alunno, valorizzando i progressi che sta compiendo, i processi cognitivi e meta-cognitivi, emotivi e sociali attraverso i quali si manifestano i risultati del suo apprendimento. Un monitoraggio utile a far leva sugli aspetti di forza per concentrarsi su quelli ancora da migliorare, in un percorso che è solo suo, non generalizzabile e non paragonabile a nessun altro.
Dunque una rivoluzione copernicana: la valutazione non è più l’obiettivo da raggiungere (quanto hai preso di matematica?) ma lo strumento per raggiungere quello che dovrebbe essere il reale obiet-tivo, cioè l’apprendimento e la crescita personale e culturale.

La domanda che ci poniamo noi insegnanti in questa fase, in cui cerchiamo di comprendere come applicare al meglio questo tipo di valutazione, è la seguente: come possiamo visualizzare le tappe di questo percorso? Quali tipologie di prove dovremo utilizzare? Con quali strumenti potremo valutarle per poi poterle rendicontare?

La risposta che troviamo nelle Linee Guida Ministeriali ci indica la via: accostando gli obiettivi di apprendimento previsti per ogni disciplina al livello raggiunto dall’alunno.
Gli obiettivi però, ci raccomandano le Linee Guida, devono avere caratteristiche ben precise:

  • devono descrivere manifestazioni dell’apprendimento in modo sufficientemente specifico ed esplicito da poter essere osservabili, in coerenza con i traguardi di sviluppo delle competenze;
  • devono contenere sempre sia l’azione che gli alunni devono mettere in atto sia il contenuto disciplinare al quale l’azione si riferisce, evitando l’uso di descrittori generici che rischierebbero di ingenerare approssimazione e/o equivoci nei giudizi valutativi a utilizzando verbi.
     

Come sappiamo, l’autovalutazione, cioè il processo mediante il quale il bambino prende atto, da solo, di quello che sa e di quello che non sa, dei punti in cui è “già bravo” e dei punti in cui deve ancora migliorare, nel nuovo modello valutativo trova un posto di primo piano.

Come creare questa autovalutazione? Sarebbe opportuno generarla insieme ai bambini, tuttavia ho inserito di seguito un modello tratto dalle riflessioni emerse su questo argomento dopo una verifica sulla comprensione per livelli estratta da quelle presenti nel sussidiario dei linguaggi Il cerchio dei lettori.

È un’autovalutazione che chiede al bambino di riflettere non solo sui livelli di competenza cui è giunto nel percorso legato alla comprensione di un testo scritto, ma anche di valutare la propria capacità metacognitiva diventando propositivo:

  • Quali sono i miei punti di forza?
  • Che cosa posso fare per migliorare i miei punti di debolezza?

Perché i bambini sono e devono essere, sempre, orgogliosi costruttori del loro sapere
 

Naturalmente a questa valutazione va affiancata la scelta di prove di competenza strutturate ad hoc, da assegnare alla fine di un percorso che non può avere la durata di pochi giorni.

Che è successo alla pagella?

Una riflessione tra insegnanti e una proposta per i bambini

In questi giorni è straripato sui social, nelle comunità legate alla Scuola, il dibattito legato al nuovo sistema di valutazione previsto dalle disposizioni relative alla disciplina del primo ciclo di istruzione (art. 26 D. Lgs. 62/17) con le novità introdotte dall’Ordinanza ministeriale n°172 del 4 dicembre 2020.

L’idea di eliminare il voto numerico incontra da tempo il favore degli insegnanti della Primaria, stanchi di dover comprimere in un numero la complessità dell’apprendimento, dei progressi, delle relazioni, delle peculiarità di ciascun bambino. Dunque tutti d’accordo, se non fosse che le tempistiche cui sono stati costretti hanno reso la transizione insensata, affannosa e incoerente.

Da settembre a gennaio gli insegnanti hanno operato nella direzione consueta, buona o meno buona che fosse, per ritrovarsi a gennaio a dover stravolgere il loro punto di vista. Se fino a quel momento, verifiche e attività osservative avevano fatto riferimento a un determinato criterio, ora, in fretta e furia diventava necessario rimodulare il tutto in altra veste, in altro criterio.

Ricadrà sulle spalle dei docenti anche l’onore di spiegare il nuovo sistema ai genitori, che, basiti, invece dei voti che si vedevano sui quaderni fino al giorno prima, troveranno obiettivi e livelli.

Il Ministero ha proposto alcuni webinar “finalizzati ad accompagnare le scuole nella transizione verso le nuove modalità di espressione del giudizio descrittivo degli apprendimenti nella valutazione periodica e finale”. Moltissimi docenti hanno aderito, ben consapevoli che non sarebbero stati sufficienti per accompagnare un mutamento profondo che richiede anche un cambio di paradigma didattico-metodologico nel quale la didattica per competenze e l’autovalutazione diventano momenti fondamentali.

Molte maestre di buona volontà hanno cercato di tradurre per i bambini il significato dei livelli che troveranno in luogo dei voti. La mancanza di tempo e dunque di una formazione idonea, ha indotto a paragonarli alla crescita di un fiore, incappando in un errore di fondo: la valutazione per livelli non si riferisce al bambino ma alla sua performance. Pertanto, può succedere che Pierino sia ad un livello “adeguato” nel calcolo ma “in via di acquisizione” per quanto riguarda la risoluzione di problemi matematici, che sia ad un livello “idoneo” nello scrivere il contenuto di un testo scritto ma “in via di acquisizione” per quanto riguarda l’ortografia. Che il più bravo della classe abbia un livello “in via di acquisizione” in geografia perché non ha ancora compreso come ci si orienta muovendosi con una cartina. E potrei continuare.  La crescita del fiore non è corretta perché fa riferimento al bambino e non ai traguardi che progressivamente raggiunge, tornando ad evocare l’idea di quello che erano i voti: sei sbocciato? 10!

I bambini, secondo il mio punto di vista, sono persone in divenire, esseri senziente e pensanti in grado di comprendere le cose che li riguardano senza che necessariamente debbano essere edulcorate. Dunque ho voluto sperimentarmi anche io e creare una “traduzione” per loro che trovate di seguito:

 

valutazione bambini

 

E voi cosa ne pensate? Mi piacerebbe si aprisse un dibattito su questo tema!