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Don Milani, un nuovo modo di fare scuola

| Mirella Mazzarini | , , | Tempo di lettura: 4 min.
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La sfida del suo messaggio

“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola. Bisogna avere le idee chiare in fatto di problemi sociali e politici. Non bisogna essere interclassisti ma schierati. Bisogna ardere dell’ansia di elevare il povero ad un livello superiore. Non dico a un livello pari dell’attuale classe dirigente. Ma superiore: più da uomo, più spirituale, più cristiano, più di tutto.” (Don Milani in Esperienze pastorali).

Don Lorenzo Milani (Firenze27 maggio 1923 – Firenze26 giugno 1967), di cui ricorrono cento anni dalla nascita, è stato un prete “scomodo”, un riformatore, un pacifista, un pedagogo e un pedagogista. Ad alimentare il suo essere sacerdote non furono esclusivamente fede e obbedienza, ma giustizia.

“La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul grado di cultura e sulla funzione sociale. La distinzione in classi sociali non si può dunque fare sull’imponibile catastale, ma su valori culturali”, scrive il priore di Barbiana in Esperienze pastorali.

La stessa idea di giustizia è alla base della sua vocazione per la scuola, intesa come strumento per elevare gli ultimi. Grado di cultura e funzione sociale sono elementi interconnessi, poli di un agire pedagogico e di un impegno sociale. Scuola, giustizia, Vangelo e Costituzione: questi sono i riferimenti che permettono di delineare la figura di un uomo riconosciuto come grande personaggio del Novecento, figura esemplare, capace di alimentare speranza e passione nel nostro tempo. La sua vita è tutta nelle sue scelte, fuori dai tracciati che le sue origini potevano determinare.

Dal libro di Francesca Banchini e Silvia Mannelli “Don Milani, il Maestro” (Raffaello, 2022, pagg. 63-64) possiamo leggere “Don Lorenzo era nato in una famiglia molto ricca che possedeva una bellissima casa sui viali di Firenze, una villa al mare a Castiglioncello e una tenuta nella campagna di Montespertoli, che si chiamava La Gigliola: qui c’erano addirittura dei campi da tennis privati. Lorenzo e i suoi fratelli, Adriano ed Elena, da bambini ebbero anche la possibilità di assistere ai primi cartoni animati. Amavano mobili lussuosi, automobili, servitù, migliaia di libri e persino una statua greca, l’Apollo Milani, scoperta da uno dei nonni di don Lorenzo, il celebre archeologo fondatore del museo etrusco di Firenze […] il bisnonno di don Lorenzo, Domenico Comparetti, era un importantissimo studioso di civiltà antiche ed era stato anche senatore. Sapeva ben diciannove lingue ed era un accanito anticlericale […] la madre di do Lorenzo, Alice Weiss, apparteneva a una famiglia ebrea che si era molto arricchita grazie al commercio di carbone alla fine dell’Ottocento e aveva ricevuto un’ottima educazione a Trieste, dove era vissuta per diversi anni. Suo padre era amico di un importante scrittore italiano che viveva in quella città, Italo Svevo, e l’insegnante di inglese di Alice era… James Joyce.”

Don Lorenzo, figlio di una famiglia colta e benestante, ha impiegato la propria esistenza per dare senso a quella degli altri, a lui importava dei suoi ragazzi, poveri e senza futuro, che trascorrevano la vita su un monte nemmeno segnato sulle carte geografiche, dove non c’erano né acqua corrente né elettricità, dove nemmeno la speranza aveva dimora. La povertà che ha incontrato a Sant’Andrea di Barbiana, in una canonica povera a cinquecen­to metri di altitudine, con quaranta anime sparse sul Mugello, ha fatto nascere in lui una coscienza sociale che gli ha permesso di capire le differenze profonde tra le opportunità in cui era cresciuto e la misera materiale e intellettuale del popolo.

Grazie a Don Milani tanti ragazzi, tanti genitori, tanti politici, tanti intellettuali hanno scoperto un modo nuovo di fare scuola, hanno condiviso un concetto di istruzione che pone come obiettivo primario la consapevolezza di impegnarsi per una cittadinanza attiva e responsabile, a partire dall’apprendimento della parola oltre ogni ambizione di competizione e di successo.

Barbiana, da luogo marginale e sperduto, è oggi simbolo di impegno per la legalità, per una scuola migliore, per un individuo capace di responsabilità verso gli altri. Barbiana è un luogo indissolubilmente legato alla testimonianza di vita di don Lorenzo Milani, alla sua proposta radicale e autentica. La lettura del suo trasferimento come “… un prete isolato è inutile”, don Lorenzo l’ha sovvertita, il suo trasferimento è ancora la sfida per porre radici nei valori della dignità umana e sociale.

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