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Tag: educazione civica

I Diritti delle Bambine e dei Bambini

Trent’anni dalla ratifica dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza

Tante e diverse le strade che percorrono i bambini per giungere alla consapevolezza di essere agenti di diritti: strade di esperienza personale, di confronto con gli avvenimenti del mondo, di scambio con gli altri. La conquista dei diritti è un cammino individuale fatto di riflessione e di scoperta che si svolge sempre nel contesto di una comunità che cresce essa stessa mentre procede nell’affermazione del valore dei diritti. La scuola accompagna bambini e ragazzi a conoscere cosa vuol dire avere dei diritti quando l’infanzia vive situazioni in cui l’istruzione, come principio di umanizzazione, non è negata, al pari di altri irrinunciabili diritti: la salute, la protezione, il nome. Troppo spesso, infatti, situazioni di precarietà e di emergenza precludono ai bambini la possibilità di essere titolari di diritti civili, sociali, politici, economici. Quello dei diritti è un tema trasversale, con carattere di universalità, che detta la visione del presente e del futuro e indica la via per un mondo migliore, in cui la promozione del benessere per ogni bambino rappresenta il fine essenziale.
 

UNA DATA DA NON DIMENTICARE

Il 27 maggio è una data importante: ricorrono trent’anni dalla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.

La Convenzione è il trattato in materia di diritti umani maggiormente condiviso fra gli Stati e lo Stato italiano l’ha ratificata il 27 maggio 1991, con la legge n. 176. Attraverso gli impegni assunti con la Convenzione è stato possibile modificare molte situazioni di emergenza vissute dai bambini durante le guerre e migliorare, da allora, le condizioni di vita dell’infanzia in ogni parte del mondo. Quando si parla di aiuti umanitari per le zone sottosviluppate si deve riflettere sul concetto di povertà che non è solo mancanza di cibo e non è solo povertà materiale. La povertà è una condizione anche dei minori in Italia, perché molti vivono la mancanza di cure adeguate, di case confortevoli ed hanno difficoltà a frequentare la scuola, a vivere positivamente il tempo libero, a praticare uno sport. Occorrono scelte politiche mirate e investimenti efficaci per dare forma ai diritti dell’infanzia e rendere la Convenzione un percorso di azioni concrete.
 

I QUATTRO PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA CONVENZIONE

La Convenzione è composta di 54 articoli e il testo è suddiviso in tre parti: la prima contiene l’enunciazione dei diritti (artt. 1-41), la seconda individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione (artt. 42-45), la terza descrive la procedura di ratifica (artt. 46-54). 

Questi i quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: 

  1. Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minorenni, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori. 
  2. Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità. 
  3. Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art. 6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione internazionale. 
  4. Ascolto delle opinioni del minore (art. 12): prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.
     

LA CONVENZIONE OGGI

La scuola fa propri i principi della Convenzione e li esprime nel suo essere comunità educante. Alunni e docenti sono impegnati a lavorare con continuità sul significato di un testo che costituisce un documento di riferimento essenziale per dichiarare l’offerta formativa come pista di orientamento delle attività educative e didattiche.

Capire il valore e l’importanza dei diritti riguarda la possibilità di affrontare questioni e domande cruciali soprattutto in questo tempo in cui lo stravolgimento della consueta quotidianità, provocato dall’emergenza sanitaria da Covid-19, ha fatto emergere nuove vulnerabilità. L’impatto della pandemia sul tessuto sociale ha sensibilmente aumentato anche i Italia il numero dei bambini e degli adolescenti che vivono situazioni problematiche in relazione all’esperienza scolastica, ai vissuti familiari, alle relazioni con i pari.
 

TRENT’ANNI DI IMPEGNO E RISULTATI

Nel mondo, tuttavia, La Convenzione è stata uno strumento fondamentale per produrre effetti di miglioramento delle condizioni di vita dei bambini e degli adolescenti negli ultimi trent’anni perché è stata quasi dimezzata la percentuale dei bambini denutriti ed è stata ridotta la mortalità infantile.

Riflettere sui diritti vuol dire, ad esempio, sapere quante le bambine nel mondo costrette al matrimonio prima dei 18 anni, quanti i bambini che vivono in luoghi i cui l’acqua come bene primario è negata per l’impossibilità di approvvigionamento.

L’impegno a conoscere dei dati, che sono rilevanti perché fanno la differenza per la qualità della vita, non è semplicemente fare informazione, ma cercare di capire cosa vuol dire prendere a cuore situazioni che nulla hanno a che fare con il progresso e lo sviluppo. Vuol dire comprendere cosa ognuno può fare per modificare realtà che impediscono ai bambini di vivere una vita in cui la tutela e il rispetto siano garantiti.
 

Non c’è responsabilità più sacra di quella che il mondo ha verso i bambini. Non c’è dovere più importante di garantire che siano rispettati i loro diritti, che il loro benessere sia tutelato, che le loro vite siano libere dalla paura e dal bisogno e che essi possano crescere nella pace.

Kofi Annan

L’importante è che qualcuno MI VEDA

Internet e bambini: riflessioni di una maestra

Ho atteso qualche giorno prima di esprimere quello che provo e penso in relazione alla tragedia di Antonella, la bambina di Palermo, per rispetto, per angoscia, perché avevo bisogno di un momento di silenzio interiore per riflettere.

Insegno da molti anni e conosco i bambini. Ormai è diventato una specie di sesto senso. Li fiuto, sento le loro emozioni, le assorbo, le percepisco in una specie di osmosi.

I bambini sereni sono morbidi, hanno occhi morbidi e sorrisi naturali, si muovono con calma, accettano di perdere al gioco, non sgomitano per la fila, conversano, si arrabbiano, se è il caso, ma poi ritornano a sorridere quasi subito, non richiedono l’attenzione continua della maestra, se sbagliano si dispiacciono ma poi si correggono e riprendono a lavorare. I bambini sereni, qualunque sia il loro carattere, timidi, intraprendenti, grossolani o delicati, hanno intorno una nuvola dolce, come se fossero avvolti nei marshmallow.

E poi ci sono gli altri. I bambini complicati. Quelli si portano dietro un alone di fatica. Un po’ come Pig Pen dei Peanuts, lo ricordate? Pig Pen camminava avvolto da una nuvola di polvere che lo seguiva ovunque. Ebbene, questi sono i bambini che non riescono a stare fermi, che provocano, che litigano durante i giochi, che non accettano le sconfitte, che piangono di rabbia o che mascherano il loro dolore con atteggiamenti sfidanti, che cercano di attirare l’attenzione in tutti i modi. Bambini il più delle volte sofferenti, che confondono perché spesso presentano agli insegnanti una facciata spavalda e, se non stai attento, puoi cascare nella loro trappola. Che alla fine è quello che vogliono, perché se tu li redarguisci, vuol dire che li hai visti. Se ti hanno fatto perdere le staffe, hanno raggiunto il loro scopo: dimostrare che sono cattivi, che alla fin fine è il loro modo di difendersi.

Lungo la mia strada di maestra ne ho incontrati tanti di bambini, per questo ho sviluppato nel tempo la capacità di connetterli immediatamente con la tipologia di genitore o di situazione dalla quale provengono. È come un filo che vedo subito, la corrispondenza.

Situazioni di trascuratezza, o di iperprotezione – che alla fine sono due facce della stessa medaglia nel senso che creano danni entrambe – situazioni di attenzioni apparenti, di immaturità genitoriale, di ambizioni trasferite, di conflitti tra coniugi, di abbandono, situazioni di relazioni serene tra genitori conviventi o separati, situazioni armoniose, in cui “si prepara il bambino per il viaggio e non il viaggio per il bambino”.

In mezzo a tutto questo quadro così umanamente variegato, ahimè, si è innestata la tecnologia. Di conseguenza, laddove le situazioni familiari risultano “armoniche”, l’utilizzo della tecnologia riesce in qualche modo ad essere regolamentato e supervisionato, seppure a fatica. In tutte le altre, sfugge di mano.

Internet è un pericolo, ma la stragrande maggioranza dei giovani genitori non ne è consapevole. E così il cellulare, il computer diventano per i bambini un passatempo qualunque, un modo per riempire la solitudine, per intrattenere rapporti con comunità virtuali vicine e lontane. Un mondo che la pandemia ha dilatato enormemente. Capita (o capitava) a tutti di vedere al ristorante, sul treno, per strada bambini persi nei cellulari, e genitori contenti, perché così “stanno tranquilli”. Bambini seduti su panchine dei giardinetti che si sfidano con un gioco virtuale. Comunità che sfuggono al controllo, giovani youtuber che diventano modelli di comportamento, di linguaggio, di trasgressione.

Se poi questi viaggi nella realtà parallela si svolgono nella solitudine di una cameretta, allora perdono ogni confine, vale tutto e il contrario di tutto, l’importante è far parte di una comunità, l’importante è che qualcuno mi veda.

Tre S mi vengono in mente: solitudine, superficialità, sottovalutazione. Unite alla mancanza di regole. Perché non è scritto da nessuna parte che un bambino di 8 anni debba possedere un cellulare. E nemmeno di 10 o 11. E, se proprio deve averlo, non è prescritto dal medico che necessariamente debba connettersi a Internet.

I genitori darebbero la loro automobile da guidare al proprio bambino? Nessuno lo farebbe, a meno che non fosse impazzito.

È un mondo complicato e pieno di stimoli il nostro, frettoloso, competitivo, ansiogeno e stressante, ma i bambini non possono farci nulla. Loro non chiedono di venire al mondo, ma, una volta che ci sono, hanno diritto al tempo, all’attenzione, alla cura, alla protezione degli adulti. Hanno diritto al gioco creativo, a cucinare i biscotti, ad ascoltare una fiaba, a giocare a palla o a nascondino con amici in carne e ossa, hanno il diritto all’ascolto. Hanno diritto a delle regole, attraverso le quali strutturare la loro forza futura.

Nel mio nuovo libro sui diritti dei bambini, La leggerezza delle nuvole, c’è un racconto sul diritto all’ascolto che si intitola: “Il diritto di Emily”. Che non è altro che il diritto di Antonella e di tutti gli altri bambini che meritano di avere intorno adulti degni di questo nome.

 

Parleremo del rapporto tra i bambini e la tecnologia nel percorso di lezioni in diretta raccontate in classe da Luca Pagliari, giornalista e storyteller con il quale collaborerò per gli sviluppi didattici, utili a collocarle nell’ambito dell’educazione civica.

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