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Tag: neuromotricità

Non dimentichiamoci del corpo dei bambini

Come aumentare la resilienza corporea in tempi di distanziamento fisico

Secondo il famoso dizionario della lingua inglese “Collins” delle 10 parole più utilizzate nel 2020 sia nella lingua parlata che scritta, ben sei sono correlate alla pandemia mondiale.

 

Vediamole insieme: lockdown, coronavirus, furlough (congedo non retribuito), key worker (lavoratore essenziale), self-isolate (auto-isolamento), social distancing (distanziamento sociale).

 

Guardo allora con curiosità le ultime quattro nella speranza di trovare qualcosa che abbia a che fare con “fiducia, ripresa, cura, benessere, resilienza”, ma trovo soltanto: BLM, acronimo del movimento USA contro la discriminazione razziale e le violenze, Megxit, termine usato per descrivere il “divorzio” di Harry e Meghan con la casa reale britannica, TikToker, utente della piattaforma TikTok e infine mukbang“, un neologismo creato in Corea del Sud che descrive chi posta video di sé stesso mentre ingurgita quantità esagerate di cibo.

Immagino allora di poter aggiungere almeno una parola in coda, che è stata per necessità trascurata in questi mesi, immobilizzata in quanto agente di contagio, declinata in termine di salute come assenza di malattia: il corpo.

 

Parlando di corpo e di conseguenza dell’importanza del benessere corporeo come precondizione dell’apprendimento e dell’esperienza di crescita, non possiamo dimenticare come già Damasio nel libro “L’errore di Cartesio” considera un grande errore filosofico aver separato il corpo e la sua fisicità dal ragionamento e dal giudizio morale della mente.

Gli effetti dell’enunciato “Cogito ergo sum”, sono purtroppo ancora oggi, a volte, riscontrabili nel modo di pensare sia:

 

  • nell’educazione, “continuo a ripetere a mio figlio la stessa cosa ma non mi ascolta, non ha imparato a rispettarmi”;
  • nell’insegnamento , “il mio alunno quando spiego non sta fermo quindi non è capace di mantenere l’attenzione”;
  • nella pratica medica, “non ci sono cause organiche per cui è sicuramente ansia”.

 

Ma parlando di benessere corporeo, quale “tempio” dell’esperienza di apprendimento, la prima immagine che ci salta agli occhi in questi mesi è la limitazione all’espressività corporea, al movimento, al contatto tra pari e al gioco non solo che ci siamo imposti, ma che abbiamo dovuto imporre ai bambini, a scuola, a casa e anche nelle attività ludiche e sportive.

 

Un corpo che si è dovuto limitare all’esposizione di una serie di “esperienze di base e di bisogni” indispensabili allo sviluppo positivo dell’identità tra i quali, pensando in particolare alla fascia 0-6 anni, ci limitiamo a ricordare:

 

  • Essere amati, rassicurati, calmati.
  • Ricevere stimoli e nutrimento.
  • Sentire fiducia, serenità e calore.
  • Essere tenuto e contenuto.
  • Sperimentare il contatto e la manipolazione.
  • Provare curiosità e il senso di esplorazione.
  • Agire il movimento, l’espressione, l’espansione.
  • ecc …

 

Quest bisogni si traducono nella vita quotidiana di un bambino in movimento del corpo (definite da Rispoli “esperienze di base del Sé”1) che, se vissute dal bambino, aumentano la resilienza corporea, ossia la capacità dell’organismo di autocalmarsi ed autoregolarsi per ritornare in uno stato omeostatico di equilibrio dei vari parametri psicofisici nel minor tempo possibile dopo uno stimolo negativo legato alla frustrazione.

 

Vediamo alcune delle tante esperienze di base presenti nello sviluppo psicoevolutivo di un bambino:

 

  • Essere presi e portati (la sensazione di affidarmi ad un adulto che mi prende per mano e mi accompagna ad esempio alla mia seggiola).
  • Essere contenuti (essere abbracciato finché la sensazione di agitazione che ho dentro di me non passa).
  •  Potersi abbandonare (sperimentare ad esempio un momento in cui ci lasciamo andare a terra l’uno vicino al respiro dell’altro).
  • Darei prenderei lanciare (scambiarsi oggetti, prendere dalle mani dell’altro, lanciarsi a vicenda una palla).
  • Perdere il controllo (iniziare ad esempio a girare velocemente su se stessi nella stanza perdendo temporaneamente l’equilibrio e iniziando a sbattere e a toccare gli altri).
  • Aggressività positiva (possibilità di andare verso l’altro, trattenerlo, spingerlo, afferrarlo, in alcuni casi cercare di morderlo).
  • Autonomia fisica (capacità di opporsi, respingere, confinare, e distanziarsi o distanziare con le mani qualcuno).
  • (possibilità di manifestarsi non le parole ma con il corpo: gioia, energia e slanci, giocare, correre, lanciarsi verso, lanciarsi contro.

 

Intuiamo allora facilmente come un corpo, se eccessivamente limitato per un periodo piuttosto lungo nei primi anni di vita nell’espressione di bisogni ed impulsi rischia un “denutrimento” o in alcuni casi inizia a rispondere in termini di disagio come ad esempio:

 

  • Comportamenti di attacco (il bambino si ribella e si oppone manifestando rabbia e frustrazione).
  • Agiti di fuga (il bambino si crea una falsa autonomia che lo spinge a farcela da solo ed impara ad aggrapparsi solo a se stesso).
  • Risposte di congelamento (il corpo del bambino si irrigidisce, il respiro si fa corto, muscolatura tesa).
  • Pianto non consolabile (il bambino da voce ai propri bisogni ritornando a sperimentare il pianto indifferenziato del neonato).

 

Non dimentichiamoci del corpo dei bambini, di quello stato di grazia naturale, di benessere spirituale e fisico che tendiamo a perdere nel corso della crescita quando il dovere diventa la parola d’ordine dell’educazione, quando dobbiamo conformarci alle aspettative esterne quando l’emergenza pandemica ci obbliga simbolicamente ad anestetizzare il corpo per non contattare il desiderio di contatto, di movimento,

di relazione di spontaneità.

 

Non dimentichiamoci come insegnanti genitori, educatori in questo periodo ancora così complicato dal distanziamento fisico, di rimettere tra le dieci parole più usate e praticate tutti i giorni, il corpo: affinché non si interrompa il compito fondamentale dell’educazione che ci ricorda G. Klein “il bambino ha il compito attraverso l’esperienza di scoprire il piacere del proprio funzionamento”.

 

1 Luciano Rispoli, Esperienze di base e sviluppo del sé, Franco Angeli

2 Pat Odgens, Psicoterapia Sensomotoria, Raffaello Cortina

“Se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo”

Il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria è una fase molto delicata e non sempre semplice; la reazione al cambiamento è spesso molto differente da bambino a bambino.

Per affrontare i primi giorni di scuola, ma anche per accompagnare lo studio durante l’anno, una delle scelte giuste da fare è sicuramente adottare nuovi stimoli per supportare l’apprendimento.

Ad esempio, cantare insieme permette ai bambini di imparare divertendosi; grazie alla musica si accende la motivazione: gli stimoli musicali e motori stuzzicano la fantasia di ciascun bambino, suscitando curiosità e voglia di imparare cose nuove che, grazie anche alle canzoni, possono essere apprese con maggior facilità e memorizzate meglio.

Le insegnanti hanno a disposizione diversi strumenti utili a motivare un bambino, come le filastrocche per insegnare l’alfabeto e i numeri, le favole, le poesie e le immagini che, se accompagnate da musica e movimento, diventano estremamente più divertenti ed efficaci.

Quali sono quindi i benefici principali?

  • Le canzoni, le filastrocche e le storie in rima

    La musica promuove lo sviluppo di competenze trasversali e aiuta a sviluppare capacità corporee, motorie, percettive e sensoriali.
    È il linguaggio ideale per svolgere attività in comune e per realizzare forme di socializzazione; può essere veicolo di trasmissione di informazioni e messaggi e diventare strumento di tolleranza e comprensione reciproca.
    Certamente uno degli strumenti di inclusione più potenti.
    Grazie alla musica è possibile sviluppare anche competenze cognitive e potenziare la capacità di memorizzazione: attraverso semplici filastrocche musicali si aiuta i bambini a memorizzare le fasi del giorno, concetti difficili come dentro e fuori, davanti e dietro oppure ancora nozioni come le vocali, i numeri, o le figure geometriche; se questo non bastasse ricordo anche che in situazioni complesse e di stress emotivo la musica tranquillizza i bambini e ha un effetto benefico e rilassante che predispone all’apprendimento e allo svolgimento attivo delle attività scolastiche.
    Imparare filastrocche e storie in rima permette inoltre di esercitare la memoria e tenerla in allenamento, si gioca con le parole, con il ritmo e con la musicalità del linguaggio.
    Infine completare le rime facilita anche l’apprendimento di nuove parole, così da arricchire il proprio lessico sempre convinti che a scuola, così come nella vita, “chi conosce più parole, vince”.
     

  • Il ballo collettivo

    Sottovalutare l’importanza del movimento corporeo è un errore che fanno molte insegnanti. Dopo uno sguardo attento si notano però alunni sempre più impacciati nei movimenti, incapaci di correre, saltare in modo coordinato e persino di fare le capriole.
    Perché sarebbe bene invece dare più spazio nella didattica al movimento corporeo?
    Il ballo o, volendo usare un linguaggio più tecnico, le attività neuromotorie musicali, sono uno strumento molto efficace perché riescono a conciliare lo sviluppo motorio con quello espressivo e comunicativo.
    Grazie ai balli collettivi è più facile aggregare e formare il gruppo, stimolando la capacità di attenzione e di rispetto nei confronti degli altri.
    Muoversi a tempo di musica è un’attività altamente inclusiva che, oltre ad essere divertente, stimola la creatività, la memoria e permette di sviluppare l’ascolto, il senso del ritmo e di accrescere la propria autostima.

D’altronde anche Marcel Proust sosteneva che

“La musica è forse l’unico esempio di quello che avrebbe potuto essere- se non ci fosse stata l’invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee- la comunicazione delle anime”
 

  • Il gioco e le attività neuromotorie

    Intendiamo qui il gioco non come semplice passatempo ma come un’attività formativa.
    È risaputo che attraverso il gioco e le attività neuromotorie i bambini sono stimolati a esplorare con il corpo; la regola di “imparare facendo” era sostenuta persino da Confucio che in una famosa massima aveva sottolineato: “se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo”.
    L’esperienza sonora si salda strettamente con la motricità; i movimenti semplici abbinati alle canzoni permettono di memorizzare in modo ludico i concetti espressi, che in questo modo vengono fissati più rapidamente e contribuiscono ad affinare le abilità neuromotorie.

Don Milani, Maria Montessori e Gianni Rodari insieme a molti altri esperti del passato, sostenevano che il gioco è la prima attività didattica, che “se giocando si impara, giocando bene si impara meglio”.

 

Scopri le canzoni, le filastrocche e le storie in rima di Carta Canta, il nuovo Corso per il triennio della Scuola Primaria di Raffaello Scuola

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