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Tag: raffaello sanzio

Lo straordinario viaggio della Madonna Sistina e l’ebbrezza di essere sospesi in cielo

Prima di tutto, grazie di aver seguito fin qui la rubrica dedicata al cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio che tanto ci ha appassionato.

Con le scelte di lettura che finora abbiamo presentato della sua sorprendente espressione artistica, non c’è stata la pretesa di essere minimamente esaustivi, solamente la volontà di avvicinarci all’ artista della grazia e della bellezza, con il desiderio che in molti continui l’interesse per l’arte del grande urbinate.

La sua produzione permette di cogliere un artista complesso, non solo ammirevole nel dipingere “Madonne” in modo sublime, ma capace di promuoversi professionalmente e di rappresentare il perfetto “cortigiano”, secondo quanto espresso dal grande amico, l’intellettuale-umanista Baldassarre Castiglione.

Stendhal (“Passeggiate romane”) ha paragonato Raffaello a Mozart per gli aspetti di armonia e di drammaticità che le opere comunicano in una dialettica umana e al tempo stesso divina. Raffaello mito del suo tempo, mito senza tempo.

Questo ultimo articolo rappresenta ancora un incontro con il grande Raffaello; prenderemo in esame la Madonna Sistina e il suo straordinario viaggio.

madonna sistina quadro

Madonna Sistina
Dipinto a olio su tela di Raffaello, (1513-1514 circa) 265×196 cm, Gemäldegalerie di Dresda.

Picasso diceva che Raffaello “ci promette il paradiso e poi semplicemente ce lo dà”.

Tra i capolavori di Raffaello, artista universale, umanista, pittore, architetto, sperimentatore di tecniche espressive e di comunicazione, un dipinto eccezionale è la Madonna Sistina, un’opera originale, unica anche per le vicende che l’hanno vista assumere un valore ineguagliabile nell’esperienza umana e culturale del nostro tempo.

Il dipinto fu commissionato a Raffaello nel 1512 da Papa Giulio II, quale dono per la chiesa benedettina di San Sisto e Santa Barbara di Piacenza dove rimase, come pala d’altare, per oltre due secoli prima di essere venduta dai monaci (in difficoltà economiche) nel 1754 ad Augusto III di Sassonia che la portò a Dresda.

Ma le vera peregrinazione iniziò per l’opera con la Seconda Guerra mondiale.

Questa brevemente la storia: l’11 settembre 1939, scoppiata la seconda guerra mondiale, la Madonna Sistina venne nascosta provvisoriamente in uno scantinato e di seguito, dopo la ricerca di un luogo sicuro anche per i tanti preziosi dipinti della pinacoteca di Dresda,  nella Fortezza Albrecht a Mesisen. Gli specialisti di seguito ritennero di preservarla in più adeguate e sicure condizioni in una cavità sotterranea e nel maggio 1943 venne collocata in un tunnel ferroviario in disuso a  Rottewend.

Nel 1945, dopo la sconfitta della Germania hitleriana per mano delle truppe alleate e sovietiche, i Russi riuscirono a localizzare il nascondiglio e portarono la tela nel Castello di Pillnitz, lungo l’Elba insieme agli altri Trofei di Guerra. Il 30 luglio dello stesso anno il quadro partì per Mosca dove venne collocato nel Museo Puskin, negato alla vista di chiunque per ordine diretto di Stalin. La Madonna Sistina scomparve letteralmente per quasi dieci anni. Solo nella primavera del 1955 le autorità sovietiche, nel mutato clima politico, in seguito alla morte di Stalin, ammisero di possederla.

Il 3 marzo 1955 il governo sovietico sancì in modo ufficiale la restituzione delle opere d’arte appartenute alla Germania e la Madonna Sistina apparve di nuovo nelle sale del Museo Puskin per un’esposizione di tutti i quadri rinvenuti. La Mostra fu aperta dal 2 maggio al 20 agosto 1955 e l’affluenza di visitatori fu inimmaginabile. La Madonna Sistina fu l’opera che suscitò la maggiore attrazione, un’icona popolare che umili e intellettuali volevano riprodotta nelle proprie case.

Su un treno speciale, insieme alle altre opere, nell’ottobre 1955 il quadro riprese il suo viaggio per la patria tedesca (Germania orientale) e raggiunse Berlino per una nuova esposizione (novembre 1955- aprile 1956) finché il 3 giugno 1956 tornò alla Gemäldegalerie Alte Meister  a Dresda, la Firenze sull’Elba.

Preservata dalla distruzione, conservata in mezzo agli orrori della guerra, La Madonna Sistina è diventata interprete dei sentimenti e  delle sofferenze che la guerra ha rappresentato. Per Dostoevskij la Madonna di Raffaello era il simbolo della pietà, definita nel romanzo “I demoni”, “regina delle regine, ideale dell’umanità”.

Vassilij Grossman, che nel 1955 poté ammirare nel Museo Puskin la Madonna Sistina, trasse ispirazione  dal  dipinto di Raffaello per un racconto di grande intensità “la Madonna di Treblinka” immaginando la Madonna testimone delle sofferenze dell’uomo, lui che come corrispondente  sul fronte russo-tedesco aveva visto le terribili atrocità dei campi di concentramento nazisti e dei gulah sovietici della Kolyma.

La Madonna di Raffaello che Grossman poté immaginare, nel cuore di Treblinka, testimone dell’indomabilità della vita offesa.

“Guardando la Madonna Sistina noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola e non c’è niente di più alto dell’umano dell’uomo. Che vivrà in eterno, e vincerà”

Vassilij Grossman, 1955

Soffermiamoci ad osservare il dipinto. Giorgio Vasari già nel 1500 aveva definito la Madonna Sistina un’opera rara e straordinaria, un capolavoro.

La Madonna Sistina, ha continuato nei secoli il suo dialogo intimo con gli uomini per la dimensione a un tempo divina e umana con cui Raffaello ha saputo rappresentarla.

Il grande Genio raffigura una mamma fanciulla, una figura a cui siamo invitati ad avvicinarci senza troppe elucubrazioni, disposti alla mitezza, alla semplicità, alla luce.

Nel quadro la Madonna è in piedi, tra le nuvole e i cherubini, il Bambino Gesù in braccio, quasi offerto ai fedeli. A un lato della Vergine San Sisto, con il capo rivolto alle divinità mentre dall’altro lato santa Barbara, inginocchiata, rivolta con lo sguardo verso i fedeli

La soavità e la dolcezza della raffigurazione della Madonna con in braccio il suo Bambino rendono questo dipinto tanto straordinario e ineffabile quanto umano e reale.

La Madonna e il Bambino sono centrali in una scena aperta all’infinito da semplici tende su spazi pieni di nuvole. Tonalità pacate dei colori quasi a raccontare l’espressione dolce e seria della Madonna. Risaltano i toni dorati nell’abito del Santo e l’eleganza delle vesti di Santa Barbara, che connotano il tempo storico.

Il grande Maestro pone il centro della prospettiva al di fuori del quadro, coinvolgendo lo spettatore in una visione celestiale. Anche due angioletti con i riccioli scompigliati guardano la scena, quasi sospesi tra cielo e terra. Proprio quegli angioletti utilizzati troppo spesso dal mercato come elementi decorativi nei più svariati prodotti. I due angioletti vispi e paffuti guardano altrove, in alto, ma ben appoggiati sul bordo inferiore  della scena, forti di una presenza  capace di comunicano il mistero e  di suscitare  meraviglia.

Il quadro ebbe una grande influenza sull’arte contemporanea, da Cézanne a Picasso, da Malevič a Schwitters, fino a Warhol. L’influenza e le contaminazioni di Raffaello sulla produzione artistica a lui contemporanea e successiva possono essere analizzati da vari e diversi punti di vista, orientati a definire e circoscrivere la sua ispirazione, la sua tecnica, la sua creatività innovativa.

La Madonna Sistina, rappresentò una rivelazione per Dostoevskij.

“Nel 1867 egli è a Dresda con la moglie Anna e ogni giorno è al museo, e ogni giorno è davanti alla Madonna Sistina. Quando il Principe Myskin nell’Idiota parla di una bellezza che salverà il mondo certamente pensava a questa Madonna, e certamente pensava a Raffaello”

Franco Rella, Guida per ritrovare la bellezza, Robinson, pag.8, la Repubblica, 29 febbraio 2020

you

Un film, del regista Nicola Abbatangelo, racconta lo sguardo con cui Grossman contemplò il capolavoro di Raffaello.  You – Story and Glory of a Masterpiece , un “docu-film” presentato al Cinema Massimo di Torino il 16 luglio 2020.

All’Ermitage per ammirare Raffaello

Un viaggio che preveda la visita del Museo  Ermitage di San Pietroburgo rappresenta senz’altro un’esperienza da vivere, indimenticabile e unica.

In questo Museo, tra i più importanti del mondo, quali opere di Raffaello sono conservate?

La domanda scaturisce dall’attenzione che le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Raffaello hanno suscitato a riguardo del divin pittore, le quali, inaspettatamente, hanno dovuto operare trasformazioni per le iniziative programmate e le date degli eventi a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Così, accanto alle mostre incentrate sugli aspetti peculiari dell’opera di Raffaello, tra cui Raffaello 1520-1483, a Roma, presso le Scuderie del Quirinale, molto spazio ha avuto la possibilità di effettuare visite guidate on line, ideate per permettere l’accesso da remoto nei musei di tutto il mondo.
Restando a casa, nella dimensione virtuale abbiamo potuto viaggiare in Italia, in Francia, negli Stati Uniti d’America, solo per fare degli esempi.

La visita, in Russia, all’Ermitage, quali opere di Raffaello offre all’ammirazione del visitatore che vuole continuare a conoscere il grande artista?

 

scalone palazzo di inverno

Scalone d’onore della Galleria Superiore, Palazzo d’Inverno – San Pietroburgo, Museo Statale dell’Ermitage

 

All’Ermitage, nella “Stanza di Raffaello” sono esposti due capolavori: la “Madonna Conestabile” (1504 circa) e la “Sacra Famiglia con San Giuseppe imberbe” (1505-1506).

 

madonna conestabile

La Madonna Conestabile è un dipinto a olio su tavola trasportata su tela di Raffaello Sanzio, databile al 1504 circa e conservata nel Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo.

Il dipinto, uno dei più famosi di Raffaello, è un piccolo tondo, un’eccellenza dell’Ermitage, acquistato nel 1871 dallo zar Alessandro II di Russia, per farne dono alla moglie Maria Alexandrovna.
Appartenuto ai conti Conestabile di Perugia, è universalmente conosciuto come “Madonna Conestabile” anziché “Madonna con il libro” suo nome originario.
I colori degli abiti dei personaggi sacri seguono la tradizione che indica la veste rossa di Maria come colore della passione e il mantello blu come ricordo della Chiesa universale. Il libro rappresenta certamente il riferimento alle Sacre Scritture e alla vita del Bambino, Cristo Gesù.
I Conestabile avevano cercato le condizioni perché “La Madonna con il libro” restasse a Perugia o almeno in Italia ma la difficile situazione di riferimento familiare e municipale non permise di realizzare tale volontà. In Russia l’opera fu restaurata e trasferita dal supporto in tavola lignea alla tela. La fama di questo gioiello, il riconoscimento del suo valore, sono attestati dalla realizzazione di un gran numero di stampe e di incisioni tratte dal dipinto originale e conservate negli archivi di antiche famiglie umbre e italiane.

 

sacra famiglia san giuseppe imberbe

La Sacra Famiglia con San Giuseppe imberbe è un dipinto a olio su tavola (74×57 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1506 circa e conservato nell’Ermitage di San Pietroburgo.

Il dipinto è un capolavoro del Rinascimento italiano del quale lo scrittore francese Honoré de Balzac ha scritto: “Ogni figura è un mondo, un ritratto il cui modello apparve in una visione sublime, intriso di luce, designato da una voce interiore, tracciato da un dito celeste” (1832). Secondo lo stile di Raffaello, presenta un perfetto equilibrio di forme, proporzioni, colori. Dipinto, poco dopo l’arrivo del grande urbinate a Firenze, si lascia ammirare per l’armonia dei gesti e degli sguardi nel gruppo familiare, per lo sfondo dominato da una struttura architettonica imponente. San Giuseppe, probabilmente è voluto imberbe per rappresentare la fisionomia del committente, mentre la Madonna è una figura assolutamente classica, rappresentata con il Bambino in grembo mentre medita il suo destino. La tavola si trova in Russia dal 1772, quando venne acquistata da Caterina II nel blocco di una celebre collezione francese, primo nucleo delle opere dell’Ermitage.

 

logge di Raffaello

Le Logge di Raffaello, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano

Oltre i due capolavori citati, all’Ermitage non si può tralasciare di vedere Le logge di Raffaello, proprio quelle Logge del Palazzo Apostolica di Roma, una visione inaspettata e straordinaria.

decorazione a grottesche

Decorazione a Grottesche

Fu Caterina I, imperatrice di tutte le Russie, intelligente, colta, appassionata e grande protettrice delle arti, a  volere, per il suo museo,  la realizzazione a grandezza naturale delle Logge affrescate da Raffaello nel  Palazzo Apostolico, a Roma. L’opera fu commissionata nel 1778 e nel 1787 le copie furono pronte per essere trasportate a San Pietroburgo, nel Palazzo d’inverno del museo dell’Ermitage.
Le Logge di Raffaello costituiscono l’esempio massimo di decorazione a grottesche. Nel 1509, arrivato a Roma, chiamato dal papa Giulio II, Raffaello ebbe modo di scoprire la Domus Aurea (chiamata “grotta”) e insieme ai giovani artisti da cui era attorniato, si calò nella Domus Aurea per studiarla e poter riprodurre le decorazioni, le grottesche appunto, testimonianza dello splendore della Roma antica.
Secondo Antonio Paolucci, storico dell’arte e già direttore dei Musei Vaticani, «Raffaello è senza dubbio il più grande pittore del secondo millennio, e la Loggia è la sua più importante eredità».

La Modernità di Raffaello

Dalla Lettera a Leone X alla Costituzione italiana

Tra i Principi Fondamentali della nostra Costituzione all’Articolo 9 si legge:

 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Raffaello Sanzio, grandissimo artista, è oggi unanimemente riconosciuto precursore e pioniere nella posizione del problema della tutela del patrimonio culturale e artistico del nostro Paese. La lungimiranza e la consapevolezza che seppe manifestare nei confronti di temi e problematiche più che mai attuali rendono la sua personalità profondamente moderna.

Per dare risonanza a questo aspetto dell’attività prodigiosa del nostro Genio, in occasione della grande Mostra dedicata a Raffaello presso le Scuderie del Quirinale, i visitatori riceveranno come omaggio il libretto con il saggio firmato dallo storico e intellettuale Salvatore Settis “Modernità di Raffaello. Dalla lettera a Leone X alla Costituzione italiana”.

Accanto a questa pregevole pubblicazione, altre proposte editoriali richiamano in questo momento l’interesse verso la celebre Lettera, tutte volte a sottolineare come i Beni culturali trovino radici nelle rovine di Roma.

lettera a papa leone x

Raffaello e Baldassarre Castiglione, Lettera a Papa Leone X, S.D. [1519]

Archivio di Stato di Mantova

 

Da dove nasce questo interesse in Raffaello?

Il grande Raffaello era arrivato a Roma nel 1509, per volere di Giulio II, su sollecitazione del Bramante. Negli anni successivi il pittore ebbe molti incarichi da parte del nuovo Papa Leone X che in lui seppe vedere l’immenso talento, volto a distinguersi in una molteplicità di risultati eccellenti nel campo della decorazione, della pittura, dell’architettura.

raffaello 1518

Raffaello, 1518, olio su tavola, 155,2×118,9 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze

In particolare, Raffaello, durante la sua permanenza a Roma, era stato nominato dal papa prefetto alle antichità romane con il compito di visionare e requisire tutti i marmi ed i reperti archeologici che potessero servire alla fabbrica di S. Pietro e riportare conseguentemente alla luce le vestigia dell’antica Roma. Il compito di censire e codificare il patrimonio antico, per lo più disperso, mosse Raffaello a realizzare una raccolta di disegni degli edifici esaminati che inviò al papa con una lettera scritta insieme al suo amico Baldassarre Castiglione, grande umanista.

La Lettera vuole esprimere con fermezza come le antiche memorie siano testimonianza della grandezza di coloro i quali furono capaci di realizzarle. Hanno inoltre il significato di spingere all’emulazione nel tempo presente, rappresentando un esempio per quanti hanno responsabilità verso il patrimonio culturale.

“… Quanta calce si è fatta di statue e d’altri ornamenti antichi! Che ardirei dire che tutta questa Roma nuova che ora si vede, quanto grande ch’ella si sia, quanto bella, quanto ornata di palagi, chiese e altri edifici che la scopriamo, tutta è fabbricata di calce e marmi antichi”.

Questo passaggio della Lettera è un appello amaro e appassionato, un richiamo alla cura con cui occorre guardare alla nuova grandezza di Roma.

Il testo è considerato il documento che anticipa l’idea di Tutela del patrimonio e di salvaguardia dei monumenti, con l’indicazione delle possibilità di realizzazione. Ecco un altro passaggio significativo:

“Il che in un punto mi dà grandissimo piacere, per la cognizione di cosa tanto eccellente: e grandissimo dolore, vedendo quasi il cadavero di quella nobil patria, ch’è stata regina del mondo, così miseramente lacerato.”

“Non deve adunque, Padre Santissimo, essere tra gli ultimi pensieri di vostra Santità lo aver cura, che quel poco che resta di questa antica madre della gloria e della grandezza italiana”.

(“Lettera di Raffaello d’Urbino a papa Leone X”, Raffaello Sanzio, Baldassarre Castiglione, 1519).

“Il cadavero di quella nobil patria” sono appunto le antichità di cui gli era stata affidata la ricognizione e che vedeva lasciate in uno stato di incuria e di abbandono. La denuncia riguarda il disinteresse dei predecessori del papa Leone X, per cui in passi successivi della lettera scrive non nei “Goti, Vandali e d’altri tali perfidi nemici andavano dunque a ricercarsi i colpevoli, ma in quelli li quali come padri e tutori dovevano difender queste povere reliquie di Roma”.

Il risentimento e l’afflizione di Raffaello sono tanto più comprensibile se si pensa che al suo incarico come capo della Fabbrica di San Pietro e preposto alle antichità.

La lettera, oltretutto, è un documento originale anche perché Raffaello, per la stesura della stessa, ha avuto la collaborazione del grande amico Baldassarre Castiglione (1478-1529), intellettuale e umanista di grande prestigio, celebre autore de Il Cortegiano, libro fondamentale del Rinascimento italiano.

Considerare Raffaello in questo suo aspetto progettuale è di grande importanza per scoprire nella sua arte e nella sua personalità quella dimensione di modernità che lo rende contemporaneo al nostro vivere.

A distanza di cinque secoli la nostra Costituzione ha sancito quanto Raffaello aveva raccomandato di fare a papa Leone X e che solo parzialmente nei secoli successivi ha visto affermarsi nella legislazione degli stati italiani preoccupati della tutela del patrimonio archeologico, storico e artistico compreso nelle diverse realtà locali.

L’appello è alla cura e alla valorizzazione di quel poco che resta della gloria e della grandezza italiana, un appello scritto per dare vita al sogno della nuova Roma, quella Roma che tanto deve al genio di Raffaello.

raffaello baldassarre

“Ritratto di Baldassarre Castiglione”, Raffaello; olio su tela, 82×67 cm; Louvre, Parigi

Conosciamo il pittore Raffaello Sanzio attraverso le sue opere: la Fornarina

L’amore e il mistero, la storia e la leggenda, i temi e le suggestioni.

 la fornarina

 La Fornarina, 1520 circa, olio su tavola, cm 87 x 63, Palazzo Barberini, Roma

 

La grande mostra dedicata a Raffaello Sanzio (1520-1483), organizzata a Roma dalle Scuderie del Quirinale in occasione del V centenario dalla morte dell’artista, dal 2 giugno è di nuovo visitabile, aperta fino al 30 agosto 2020.

Tralasciando le visite online, pochi finora hanno potuto ammirare i capolavori del genio urbinate in un contesto di così alto valore culturale.

L’opera che per la sua celebrità e il suo valore è unanimemente ritenuta icona della mostra è “La Fornarina”, il dipinto che più di ogni altro avvicina alla dimensione intima di Raffaello, alla sfera dei suoi sentimenti, al canto dell’amore.

Chi è la donna ritratta da Raffaello?

Per molti una giovane bellissima che Raffaello notò ad una finestra, intenta a pettinarsi i capelli mentre sostava nella zona del Lungo Tevere, non lontano da Villa Farnesina dove lavorava alla realizzazione degli affreschi della villa di Agostino Chigi. L’amore fiorì proprio negli ambienti della grandiosa residenza del ricchissimo e potente banchiere, amico e committente di Raffaello, e la giovane donna divenne la musa ispiratrice e la modella delle opere dell’artista.

Le notizie biografiche rimandano, pur con delle approssimazioni, a Margherita Luti, figlia di Francesco, fornaio. Gli interrogativi possibili hanno contemplato la figlia del fornaio ma anche una cortigiana o prostituta.

Certo è che nel corso dei secoli La Fornarina è diventata l’immagine della donna amata da Raffaello di un amore incondizionato, dolce a appassionato.

“Qui abitò colei che fu amata da Raffaello Sanzio”, questa la scritta che può essere letta sulle mura di una casa in via del Governo Vecchio, a ricordo o testimonianza di un amore profondamente corrisposto che vide Margherita fedele oltre la morte dell’artista, tanto da ritirasi, per il resto dei suoi giorni, nel convento di Sant’Apollonia.

Il ritratto fu dipinto tra il 1518 e il 1519, poco prima della morte dell’artista, non ha committente e questo ha fatto considerare come vero il fatto che Raffaello l’abbia dipinto per sé.

Romanticismo e sensualità si fondono magicamente in un dipinto che esalta una bellezza reale, resa con i tratti decisi e al tempo stesso teneri, gli occhi scuri, la pelle candida, le forme morbide. Secondo modelli della statuaria classica, la donna appare come dea dell’amore, con gesti che sembrano nascondere e al tempo stesso svelare.  Pudore o impertinenza? Sicuramente fascino intrigante.

Dettaglio significativo il bracciale che avvolge il braccio sinistro sul quale può essere letta la firma dell’autore “Raphael Urbinas”, sicuramente un pegno d’amore.

Sullo sfondo del ritratto, quasi a dare risalto ai lineamenti della figura, il cespuglio di mirto e il ramo di melo cotogno, simboli di fertilità.

Altro dettaglio carico di significato la perla che rende preziosa l’acconciatura di Margherita e che, nella lingua latina, è denominata ”margarita”. Quale omaggio più raffinato di un amante alla sua donna?

la fornarina dettaglio

A “La Fornarina” si sono ispirati artisti dei vari generi, dal teatro, alla musica, alla letteratura, che hanno proposto al pubblico, nello svolgersi dei secoli, la lettura e la rilettura di un’opera sempre da esplorare, per cercare di rendere o di cogliere l’amore e il mistero, la storia e la leggenda, i temi e le suggestioni con cui  Raffaello sa parlare agli uomini di ogni tempo.

Dopo cinquecento anni questo ritratto continua a suscitare ammirazione e noi continuiamo a lasciarci incantare dallo sguardo pieno di fascino della donna che Raffaello ha reso immortale.

Dedichiamo a Raffaello e alla sua amata Fornarina questi versi:

Ti faccio spazio dentro di me,
in questo incrocio di sguardi
che riassume milioni di attimi e di parole.
(Pablo Neruda)

 

la fornarina volto

 

la fornarina museo

 

la fornarina cornice

La Scuola di Atene

Il confronto e il dialogo: le più alte valenze del sapere.

La Scuola di Atene

La Scuola di Atene- 1509 – Affresco, base cm 770 circa

Nell’Affresco, Capolavoro del Rinascimento, Raffaello celebra la conoscenza dell’uomo indicando nel confronto e nel dialogo le più alte valenze del sapere.

La Scuola di Atene è l’opera di Raffaello che più di altre sue realizzazioni richiede un’osservazione attenta, una disponibilità alla contemplazione ma anche all’analisi per riuscire a penetrare il significato della composizione e il valore che la rende attuale. Raffaello manifesta nell’Affresco il suo essere personalità colta, pienamente partecipe del clima culturale del suo tempo, capace di trattare, nell’elaborazione artistica, delle possibili definizioni di verità.

L’Affresco può essere ammirato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro Stanze Vaticane, poste all’interno dei Palazzi Apostolici, parte dei Musei Vaticani. Il nome della Stanza non è riconducibile a Raffaello e neppure al suo committente, è un nome attribuito all’inizio del XVII secolo che in seguito si affermerà, tramandato dagli storici dell’arte e dagli eruditi. È in un documento del 1604 che si parla di scuola dei filosofi.

La Scuola di Atene fu realizzata da Raffaello, appena giunto a Roma, per incarico di Giulio II che, eletto Papa, volle far decorare ex novo una serie di appartamenti privati nel palazzo papale per farne i suoi appartamenti, sollecitando il giovane artista a celebrare il Papato e la cultura di Roma erede della civiltà classica.  L’incarico prevedeva la decorazione delle quattro stanze che componevano l’appartamento privato al secondo piano del palazzo pontificio. La prima stanza, lo studiolo del pontefice o biblioteca privata, sarebbe divenuta in seguito tribunale pontificio, da cui il nome attuale di Stanza della Segnatura, dal latino signum cioè firma, poiché proprio in questo ambiente si apponevano le firme dei documenti ufficiali.  Intorno al 1540 vi si insediò il Tribunale Ecclesiastico della Signatura Gratiae et Iustitiae.  Raffaello realizzò quattro grandi affreschi che volevano rappresentare le quattro sfere della conoscenza: la Teologia, la Filosofia, la Poesia e la Giurisprudenza, secondo criteri di classificazione del sapere propri del tempo, riconducibili agli ambiti fondamentali della cultura umanistica.

Gli studi sulla Scuola di Atene concordano nel ritenere che l’opera rappresenti la facoltà dell’anima di conoscere il vero attraverso la scienza e la filosofia, celebrando l’uomo del Rinascimento che domina la realtà attraverso la ricerca razionale. Considerando in parallelo alla Scuola di Atene, La Disputa del Sacramento, affreschi contrapposti nella stanza della Segnatura, i valori della verità razionale oggetto della filosofia e della verità rivelata, accolta dalla fede e oggetto della teologia, sono posti a confronto e portati a sintesi  nella Stanza in cui compaiono anche l’ affresco dedicato al bene, alle virtù e  alla giustizia  e quello rivolto al tema della bellezza e della poesia,  a dimostrazione della tesi per cui  l’uomo può avvicinarsi a Dio  nella  comprensione del divino attraverso il bello, nella ricerca della verità a un tempo filosofica e teologica.

In particolare La Disputa del Sacramento si incentra su sacro e profano, verità soprannaturale, spirituale e teologica mentre la Scuola di Atene guarda alla verità terrena e razionale perseguita dai sapienti e dei filosofi antichi.

Così i personaggi raffigurati non sono ritratti concreti ma figure ideali, personaggi emblematici della ricerca della conoscenza e dell’aspirazione dell’uomo a conoscere la verità attraverso la scienza e la filosofia.

La costruzione dello spazio è invece reale, ispirata ai progetti di Bramante per il nuovo San Pietro, un vero Tempio della Sapienza, ideato con una solida prospettiva geometrica. Le statue di Apollo e Minerva, dipinte a sinistra e a destra della scena, all’interno di nicchie, rappresentano il mondo del mito. In tale spazio, aperto verso il cielo, compaiono artisti e scienziati contemporanei di Raffaello e appartenenti al mondo classico. Dominano da protagonisti, al centro della scena, Platone e Aristotele. Le diverse posture attribuiscono movimento ai personaggi tanto da costruire una vera rappresentazione teatrale, in un elegante e solenne equilibrio compositivo. La conoscenza è altresì svelata nella molteplicità delle sue manifestazioni: la parola orale, i testi scritti, gli strumenti della ricerca dei diversi sapienti.

L’affresco non comunica con l’immediatezza di un’opera per tutti perché, collocata in un in un ambiente privato, la biblioteca di Giulio II, doveva rivolgersi a persone dotte.

La Scuola di Atene rappresenta e celebra la Filosofia con la raffigurazione dei Grandi del sapere umano, assorti nella riflessione oppure intenti al confronto animato.

Al centro Aristotele e Platone indicano, ciascuno, la fonte del proprio pensiero: per Platone il mondo delle idee, per Aristotele la realtà empirica. Nella stessa scena, a sinistra, Pitagora scrive su un libro tenendo di fronte a sé una lavagna. Euclide svolge una dimostrazione con il compasso. Socrate, vestito con una tunica verde, argomenta sulla scalinata con i suoi interlocutori.

Compaiono, in pose classiche, cinquantotto personaggi.  Colpisce per la magnificenza Ipazia, filosofa neo-platonica del IV secolo, donna e scienziata, dipinta da Raffaello in abito bianco, raffigurata a simboleggiare l’eccellenza umana che coniuga bellezza e bontà, bellezza e verità.  È da tenere presente che secondo alcuni studiosi tale figura è identificabile Francesco Maria della Rovere, nipote di papa Giulio II, committente dell’affresco.

Platone è Leonardo da Vinci, con sottobraccio l’opera sulla genesi dell’universo, il Timeo, Aristotele, che d’altra parte regge l’Etica Nicomachea, ha le fattezze di Bastiano da San Gallo, architetto e pittore italiano.  Michelangelo compare a rappresentare Eraclito che sembra meditare sull’eterno fluire di ogni cosa. Così Raffaello rende omaggio all’artista che in quel periodo era intento ad affrescare la Cappella Sistina.

A destra, nel dipinto, il Principe delle Arti raffigura se stesso in un gruppo in cui compaiono Sodoma, pittore italiano del Rinascimento, Baldassarre Castiglione, intellettuale e umanista, amico dell’urbinate, tutti contemporanei ai quali Raffaello riconosce la capacità di esprimere lo slancio culturale del tempo e soprattutto la continuità tra sapere antico e moderno.

La Scuola di Atene è un’opera che cattura l’intelligenza e la sensibilità di chi vuole coglierne valenze e significati universali.  In una forma d’arte sublime Raffaello riesce a provocare il coinvolgimento dell’osservatore nella posizione dei grandi temi riguardanti la verità e la fede. I personaggi sono resi vivi attraverso l’uso sapiente dei colori che sanno rendere la dimensione reale dei personaggi unitamente al loro essere allegoria. La luce, diffusa in modo pacato, contribuisce a dare unità ed equilibrio all’insieme dei vari elementi.

Vari assi di osservazione e di delimitazione degli spazi, ad uno sguardo consapevole e attento, diventano vie di fuga o linee di unione che rendono ragione della complessità dell’opera. La Scuola di Atene si presenta ricca di suggestioni, aperta a vari livelli di lettura tutti connessi tra loro nella tensione ad un’armonia possibile rappresentata dall’incontro fra cielo e terra, nella visione ideale dell’umanità.

Raffaello è il pittore, intellettuale e filosofo pienamente partecipe del dibattito culturale e filosofico. Con La Scuola di Atena offre la testimonianza che l’arte è essa stessa una forma di conoscenza, per il pittore la più elevata, perché capace di interpretare il messaggio dei filosofi e di partecipare all’indagine speculativa propria della filosofia nel corso dei secoli.

 

Stanza della Segnatura, La Filosofia

 

la stanza della segnatura

Raffaello Sanzio, Stanza della Segnatura, Palazzi apostolici, Musei Vaticani, Città del Vaticano

Nella volta della Stanza sono dipinti i quattro ambiti della cultura: Filosofia, Teologia, Poesia, Diritto, rappresentati da figure femminili incorniciate in tondi che decorano la Stanza stessa. In corrispondenza della Scuola di Atene si può vedere l’allegoria della Filosofia personificata da una figura femminile abbigliata con una veste che presenta i quattro colori degli elementi della natura: il blu per l’aria, il rosso per il fuoco, il verde per l’acqua, il giallo per la terra.

LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE E L’ARMONIA IDEALE

Scopriamo l’anello più famoso e più incantevole della storia.

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del grande pittore Raffaello Sanzio, per celebrare il cinquecentenario dalla sua morte e lo stretto legame con la Casa Editrice Raffello Editore.

Prendiamo in esame una della sue opere più apprezzate: “Lo sposalizio dell Vergine”.

 

 

sposalizio della vergine 1

Lo sposalizio dell Vergine – Opera del 1504 – Olio su tavola 174 x 121cm  (Pinacoteca di Brera, Milano)

 

Raffaello dipinse lo Sposalizio della Vergine quando era ancora a Città di Castello, il centro umbro dove lavorò prima di trasferirsi in Toscana e poi a Roma. Era giovanissimo, poco più che ventenne, e realizzò l’opera certamente ispirato dal Perugino, uno dei suoi maestri, che dipinse lo stesso soggetto per una chiesa di Perugia.

(Sposalizio della Vergine è una pala d’altare che Raffaello realizzò per la cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello.)

 

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Da sinistra a destra: “Sposalizio della Vergine” (Perugino) “Consegna delle chiavi” (Perugino) “Sposalizio della Vergine” (Raffaello)

 

COSA RAFFIGURA L’OPERA

L’opera raffigura il momento in cui Maria e Giuseppe, alla presenza del Sommo Sacerdote, di cinque fanciulle e cinque pretendenti, si scambiano gli anelli nuziali.

Facendo riferimento a un racconto dei vangeli apocrifi, la giovane Maria non riusciva a scegliere uno sposo tra i pretendenti, tra i quali Giuseppe, ritratto in un gruppo di giovani abbigliati secondo la foggia del Cinquecento che tengono in mano un ramoscello.  

Così, in suo aiuto, il Sommo Sacerdote distribuì ad ogni giovane un ramo, in attesa di un segno divino. Solo il ramoscello tenuto dall’uomo prescelto da Dio sarebbe fiorito, indicando così quale sarebbe stato lo sposo della Vergine.

Nel dipinto l’unico ramoscello fiorito è quello di Giuseppe e il ragazzo in primo piano, riconosciuta la sconfitta, spezza il proprio con il ginocchio. È da notare, comunque, come questo gesto non esprima ira o irritazione, ma è compiuto con estrema grazia, secondo lo stile tipico del pittore.

 

LA SEMPLICITA’ DI MARIA  E GIUSEPPE

Maria, molto giovane, è presentata nella sua modestia, con i capelli raccolti in una semplice acconciatura, avvolta in un mantello blu,  di fronte a Giuseppe  anch’egli rappresentato nella sobrietà del vestire, scalzo per rendere evidente l’umiltà. I dettagli dell’abbigliamento dei personaggi sono molto curati, da notare il copricapo del sommo sacerdote, la cintura dorata, il verde mantello, le calzature arancioni.

 

L’ANELLO

Tra i vari dettagli, tuttavia, domina l’anello che Giuseppe offre a Maria mentre il sommo Sacerdote sorregge le mani di entrambi i promessi sposi. E’ un anello semplice, non un gioiello prezioso come quelli che   Raffaello dipinge in ritratti famosi dedicati alle donne, quali La Muta  o la Dama col liocorno.

È l’anello reso prezioso da Maria che protende la mano ad accogliere Giuseppe.

 

IL LINGUAGGIO DEGLI ANELLI

Raffaello utilizza con grande maestria il linguaggio degli anelli, li dipinge con l’attenzione che dedica ai  dettagli che mettono in rilievo l’appartenenza sociale dei personaggi, le loro caratteristiche fisiche, le loro qualità intellettuali e morali. In questo caso non ci mostra rubini o zaffiri perché questo anello vale come simbolo che rende sacra la promessa di unione, lo Sposalizio della Vergine.

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Particolare dell’anello

 

Perché Giuseppe infila l’anello all’anulare della mano destra di Maria?

Forse, come affermato da qualcuno, perché Raffaello ha utilizzato uno specchio o forse perché, al tempo,  la tradizione dell’anello non era consolidata  e in molti paesi  dell’Europa l’anulare dell’anello nuziale era quello destro.

 

IL TEMPIO

La scena si svolge nello spazio esterno, antistante il tempio che non costituisce puro elemento decorativo in quanto struttura architettonica viva di un sapiente equilibrio delle forme geometriche.

Interessante notare che sul portico del tempio, sopra l’arco centrale, è riportata la firma RAPHAEL URBINAS, Raffaello da Urbino, e poco sotto la datazione dell’opera in numeri romani: M D IIII (1504).

 

Particolare tempio sposalizio Vergine Raffaello

Particolare del tempio

 

LA LETTURA DELL’OPERA

Il dipinto può essere descritto secondo diverse chiavi di lettura a seconda che ci si soffermi sui colori, sulla luce, sull’integrazione perfetta della storia nella natura, sul significato della scena illustrata.

Lo sguardo è rivolto alla struttura armonica  dell’universo  e alla perfezione divina.  La prospettiva aperta all’infinito, l’ordine armonico delle proporzioni,  l’eleganza e la grazie dei movimenti, i colori caldi e brillanti fanno emergere tutte le caratteristiche della  pittura del grande Maestro.

E’ un’opera complessa in cui, tuttavia, accanto alla rilevanza dell’uso rigoroso del disegno e della prospettiva, sembra prevalere un equilibrio superiore, un profondo senso di quiete reso magnificamente  attraverso la limpidezza degli sguardi dei personaggi.

Questa opera di Raffaello può senz’altro essere definita la rappresentazione dell’Armonia ideale.

 

 

Conosciamo il pittore Raffaello Sanzio attraverso le sue opere: Autoritratto

In questo periodo di grande richiamo mediatico  sulla vita e sull’ opera di Raffaello Sanzio, viene da chiedersi se conosciamo davvero Raffaello, il sommo pittore.

Spesso tale conoscenza è legata agli studi scolastici o fa riferimento a Urbino, la città che gli diede i natali, oppure è legata a un quadro che ha suscitato la nostra ammirazione e di cui conserviamo il ricordo.

Il 2020, con le celebrazioni per i cinquecento anni della sua morte, una serie di eventi, soprattutto  grandi mostre, rinnovano l’interesse verso il genio del rinascimento e muovono il desiderio di approfondire la conoscenza della sua vasta produzione per riscoprirne il valore.

Possiamo scegliere di soffermarci su Raffaello architetto o di seguire la sua evoluzione artistica tra Urbino, l’Umbria, Firenze e Roma, possiamo avvicinarci ai grandi ritratti o ad opere molto note, come La Scuola di Atene, lo Sposalizio della Vergine o il Trionfo di Galatea.  

In questo articolo vogliamo avvicinarci al pittore seguendo la sua stessa rappresentazione nelle opere.

L’immagine di Raffaello più conosciuta è quella che possiamo osservare nell’Autoritratto, realizzato all’inizio del Cinquecento, esposto nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

L’identità di Raffaello, quale conosciamo in questo dipinto, è stata accettata grazie a controlli e studi riferiti a tutta la sua produzione.

Il volto dell’artista è rivolto verso lo spettatore, il busto è leggermente girato. I capelli sono lunghi, come in altre raffigurazioni dell’urbinate, il viso ovale, giovane, con un’espressione composta, laconica. L’abito scuro, elegante e il berretto nero sono tipici dei pittori dell’epoca i cui visse Raffaello.  

La dolcezza espressa dal volto  è parte essenziale della  creazione  del mito di Raffaello.

 

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Raffaello, Autoritratto, 1506-1508, Gallerie degli Uffizi

 

Il pittore è rappresentato in diverse opere, e l’immagine simile: è lo stesso nell’autoritratto di Raffaello presente nell’affresco della Scuola di Atene in Vaticano, nell’Autoritratto con un amico conservato al Louvre, nell’immagine dipinta nell’affresco La Cacciata di Eliodoro nella Stanza di Eliodoro in Vaticano.

 

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La Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura in Vaticano – Raffaello si è collocato sul lato destro accanto a Sodoma, uno degli artisti che hanno collaborato con lui alla decorazione delle Stanze per il papa Giulio II.

L’Autoritratto con un amico, conservato al Louvre, è un dipinto a olio su tela (99×83 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1518-1520 circaRaffaello si ritrae insieme ad un amico, forse il maestro di scherma, mentre gli appoggia una mano sulla spalla.

 

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In questa opera si è affascinati da entrambi i volti e dagli interrogativi sull’identità del giovane sulla cui spalla Raffaello poggia la mano. La spada riporta al maestro di scherma ma c’è anche chi ha pensato a Giulio Romano, uno degli allievi prediletti di Raffaello. Così si può supporre che il Sommo maestro designi il valore del suo apprendista, appoggiando la mano sulla sua spalla. Altre ipotesi considerate  hanno riguardato un eventuale committente che si volge verso Raffaello mentre tende in avanti la mano, quasi a presentarsi ufficialmente all’osservatore.

La Cacciata di Eliodoro dal tempio è un affresco di Raffaello e aiuti, databile al 1511-1512 (500×750 cm) e situato nella Stanza di Eliodoro, una delle Stanze Vaticane. Raffaello si trova vicino al Papa, a sinistra della scena.

 

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La sala fu adibita, per volere di Giulio II, alle udienze private che il pontefice accordava alle massime autorità politiche, religiose, diplomatiche. L’affresco ha una valenza politica,  volta a illustrare la protezione accordata da Dio alla Chiesa.  Eliodoro infatti era un ministro del re di Siria, con la missione di profanare il tempio di Gerusalemme, rappresentato come la Basilica di San Pietro.

I due sediari del Papa hanno rispettivamente, quello di sinistra, i tratti di Marcantonio Raimondi, incisore e amico di Raffaello, mentre quello di destra di Raffaello

In questo lavoro si può notare il forte influsso delle tecniche michelangiolesche nello stile di Raffaello, con colori smaglianti e decisi, in un ritmo compositivo coinvolgente e vorticoso.

Ritratti di un maestro e del suo allievo genio.

L’ accostamento  tra i ritratti del PERUGINO e di RAFFAELLO è molto interessante.

 

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“Autoritratto” è un affresco autografo di Pietro Vannucci detto il Perugino, appartenente al ciclo dell’ “Ornamentazione del Cambio”, realizzato  nel 1500,  misura 40 x 30,5 cm. ed è custodito nel collegio del Cambio a Perugia.

 

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L’Autoritratto di Raffaello costituisce un esempio eccellente nella storia dell’arte, in cui il pittore usa se stesso come modello, ma non un esempio isolato basti pensare alle realizzazioni di Rembrandt, Durer, Van Gogh.

L’autoritratto è un dipinto a olio su tela (65×54 cm) realizzato nel 1889 dal pittore Vincent Van Gogh. È conservato nel Museo d’Orsay di Parigi.

 

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Nell’epoca moderna…

L’autoritratto diventerà popolare con lo sviluppo della fotografia, a partire dalla fine dell’800.

E oggi?

Oggi, nell’era digitale, l’autoritratto fotografico ha assunto una tipologia di stili tutta nuova ed è diventato fenomeno di massa, a livello globale,  con la pratica dei selfie.

Forse questo accostamento può farci sorridere, ma certamente possiamo trovare alcune analogie.

L’ “Autoritratto con un amico”, ha ad esempio tutte le caratteristiche per essere una foto scattata con il cellulare, ovvero per essere un selfie “rinascimentale”!

 

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Questo il logo grafico che abbiamo creato per celebrare la figura dell’illustre artista e il profondo legame con la nostra casa editrice.