Lo straordinario viaggio della Madonna Sistina e l’ebbrezza di essere sospesi in cielo
Prima di tutto, grazie di aver seguito fin qui la rubrica dedicata al cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio che tanto ci ha appassionato.
Con le scelte di lettura che finora abbiamo presentato della sua sorprendente espressione artistica, non c’è stata la pretesa di essere minimamente esaustivi, solamente la volontà di avvicinarci all’ artista della grazia e della bellezza, con il desiderio che in molti continui l’interesse per l’arte del grande urbinate.
La sua produzione permette di cogliere un artista complesso, non solo ammirevole nel dipingere “Madonne” in modo sublime, ma capace di promuoversi professionalmente e di rappresentare il perfetto “cortigiano”, secondo quanto espresso dal grande amico, l’intellettuale-umanista Baldassarre Castiglione.
Stendhal (“Passeggiate romane”) ha paragonato Raffaello a Mozart per gli aspetti di armonia e di drammaticità che le opere comunicano in una dialettica umana e al tempo stesso divina. Raffaello mito del suo tempo, mito senza tempo.
Questo ultimo articolo rappresenta ancora un incontro con il grande Raffaello; prenderemo in esame la Madonna Sistina e il suo straordinario viaggio.
Madonna Sistina
Dipinto a olio su tela di Raffaello, (1513-1514 circa) 265×196 cm, Gemäldegalerie di Dresda.
Picasso diceva che Raffaello “ci promette il paradiso e poi semplicemente ce lo dà”.
Tra i capolavori di Raffaello, artista universale, umanista, pittore, architetto, sperimentatore di tecniche espressive e di comunicazione, un dipinto eccezionale è la Madonna Sistina, un’opera originale, unica anche per le vicende che l’hanno vista assumere un valore ineguagliabile nell’esperienza umana e culturale del nostro tempo.
Il dipinto fu commissionato a Raffaello nel 1512 da Papa Giulio II, quale dono per la chiesa benedettina di San Sisto e Santa Barbara di Piacenza dove rimase, come pala d’altare, per oltre due secoli prima di essere venduta dai monaci (in difficoltà economiche) nel 1754 ad Augusto III di Sassonia che la portò a Dresda.
Ma le vera peregrinazione iniziò per l’opera con la Seconda Guerra mondiale.
Questa brevemente la storia: l’11 settembre 1939, scoppiata la seconda guerra mondiale, la Madonna Sistina venne nascosta provvisoriamente in uno scantinato e di seguito, dopo la ricerca di un luogo sicuro anche per i tanti preziosi dipinti della pinacoteca di Dresda, nella Fortezza Albrecht a Mesisen. Gli specialisti di seguito ritennero di preservarla in più adeguate e sicure condizioni in una cavità sotterranea e nel maggio 1943 venne collocata in un tunnel ferroviario in disuso a Rottewend.
Nel 1945, dopo la sconfitta della Germania hitleriana per mano delle truppe alleate e sovietiche, i Russi riuscirono a localizzare il nascondiglio e portarono la tela nel Castello di Pillnitz, lungo l’Elba insieme agli altri Trofei di Guerra. Il 30 luglio dello stesso anno il quadro partì per Mosca dove venne collocato nel Museo Puskin, negato alla vista di chiunque per ordine diretto di Stalin. La Madonna Sistina scomparve letteralmente per quasi dieci anni. Solo nella primavera del 1955 le autorità sovietiche, nel mutato clima politico, in seguito alla morte di Stalin, ammisero di possederla.
Il 3 marzo 1955 il governo sovietico sancì in modo ufficiale la restituzione delle opere d’arte appartenute alla Germania e la Madonna Sistina apparve di nuovo nelle sale del Museo Puskin per un’esposizione di tutti i quadri rinvenuti. La Mostra fu aperta dal 2 maggio al 20 agosto 1955 e l’affluenza di visitatori fu inimmaginabile. La Madonna Sistina fu l’opera che suscitò la maggiore attrazione, un’icona popolare che umili e intellettuali volevano riprodotta nelle proprie case.
Su un treno speciale, insieme alle altre opere, nell’ottobre 1955 il quadro riprese il suo viaggio per la patria tedesca (Germania orientale) e raggiunse Berlino per una nuova esposizione (novembre 1955- aprile 1956) finché il 3 giugno 1956 tornò alla Gemäldegalerie Alte Meister a Dresda, la Firenze sull’Elba.
Preservata dalla distruzione, conservata in mezzo agli orrori della guerra, La Madonna Sistina è diventata interprete dei sentimenti e delle sofferenze che la guerra ha rappresentato. Per Dostoevskij la Madonna di Raffaello era il simbolo della pietà, definita nel romanzo “I demoni”, “regina delle regine, ideale dell’umanità”.
Vassilij Grossman, che nel 1955 poté ammirare nel Museo Puskin la Madonna Sistina, trasse ispirazione dal dipinto di Raffaello per un racconto di grande intensità “la Madonna di Treblinka” immaginando la Madonna testimone delle sofferenze dell’uomo, lui che come corrispondente sul fronte russo-tedesco aveva visto le terribili atrocità dei campi di concentramento nazisti e dei gulah sovietici della Kolyma.
La Madonna di Raffaello che Grossman poté immaginare, nel cuore di Treblinka, testimone dell’indomabilità della vita offesa.
“Guardando la Madonna Sistina noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola e non c’è niente di più alto dell’umano dell’uomo. Che vivrà in eterno, e vincerà”
Vassilij Grossman, 1955
Soffermiamoci ad osservare il dipinto. Giorgio Vasari già nel 1500 aveva definito la Madonna Sistina un’opera rara e straordinaria, un capolavoro.
La Madonna Sistina, ha continuato nei secoli il suo dialogo intimo con gli uomini per la dimensione a un tempo divina e umana con cui Raffaello ha saputo rappresentarla.
Il grande Genio raffigura una mamma fanciulla, una figura a cui siamo invitati ad avvicinarci senza troppe elucubrazioni, disposti alla mitezza, alla semplicità, alla luce.
Nel quadro la Madonna è in piedi, tra le nuvole e i cherubini, il Bambino Gesù in braccio, quasi offerto ai fedeli. A un lato della Vergine San Sisto, con il capo rivolto alle divinità mentre dall’altro lato santa Barbara, inginocchiata, rivolta con lo sguardo verso i fedeli
La soavità e la dolcezza della raffigurazione della Madonna con in braccio il suo Bambino rendono questo dipinto tanto straordinario e ineffabile quanto umano e reale.
La Madonna e il Bambino sono centrali in una scena aperta all’infinito da semplici tende su spazi pieni di nuvole. Tonalità pacate dei colori quasi a raccontare l’espressione dolce e seria della Madonna. Risaltano i toni dorati nell’abito del Santo e l’eleganza delle vesti di Santa Barbara, che connotano il tempo storico.
Il grande Maestro pone il centro della prospettiva al di fuori del quadro, coinvolgendo lo spettatore in una visione celestiale. Anche due angioletti con i riccioli scompigliati guardano la scena, quasi sospesi tra cielo e terra. Proprio quegli angioletti utilizzati troppo spesso dal mercato come elementi decorativi nei più svariati prodotti. I due angioletti vispi e paffuti guardano altrove, in alto, ma ben appoggiati sul bordo inferiore della scena, forti di una presenza capace di comunicano il mistero e di suscitare meraviglia.
Il quadro ebbe una grande influenza sull’arte contemporanea, da Cézanne a Picasso, da Malevič a Schwitters, fino a Warhol. L’influenza e le contaminazioni di Raffaello sulla produzione artistica a lui contemporanea e successiva possono essere analizzati da vari e diversi punti di vista, orientati a definire e circoscrivere la sua ispirazione, la sua tecnica, la sua creatività innovativa.
La Madonna Sistina, rappresentò una rivelazione per Dostoevskij.
“Nel 1867 egli è a Dresda con la moglie Anna e ogni giorno è al museo, e ogni giorno è davanti alla Madonna Sistina. Quando il Principe Myskin nell’Idiota parla di una bellezza che salverà il mondo certamente pensava a questa Madonna, e certamente pensava a Raffaello”
Franco Rella, Guida per ritrovare la bellezza, Robinson, pag.8, la Repubblica, 29 febbraio 2020
Un film, del regista Nicola Abbatangelo, racconta lo sguardo con cui Grossman contemplò il capolavoro di Raffaello. You – Story and Glory of a Masterpiece , un “docu-film” presentato al Cinema Massimo di Torino il 16 luglio 2020.