Dante ecologista
La natura nella Divina Commedia
Nella Divina Commedia ci sono tantissimi riferimenti alla natura e agli animali, immagini e suggestioni che Dante utilizza in forma allegorica. Partiamo per un viaggio alla scoperta dei significati nascosti della Commedia!
DANTE E GLI ANIMALI
Presenza costante e sorprendente sono gli animali, tanti e di diverso genere. Dante li utilizza nella descrizione di stati d’animo e di caratteri; attraverso gli animali crea le atmosfere che connotano gli scenari dei regni dell’oltretomba. Pensiamo alle tre fiere che il Poeta incontra nel primo canto dell’Inferno, nella selva oscura: la lince, il leone, la lupa. La narrazione è realistica, ma occorre superare il significato letterale delle descrizioni e cogliere il livello simbolico perché Dante si misura con la lussuria, con la superbia, con l’avarizia, tutti impedimenti che ostacolano la via verso la salvezza e la redenzione. Lo stesso Dante ha chiarito la dimensione allegorica del suo poema per cui ogni elemento, ogni particolare riportano ad una struttura profonda dell’opera e ne rappresentano la chiave di lettura e il significato. Così le tre fiere sono i vizi che conducono al peccato, e che incrinano la virtù nell’animo umano.
Altri animali sono presenti carichi di significato: gru, formiche, pesci, tutti elementi che riconducono all’idea di migrazione e, in senso più ampio, di pellegrinaggio, in un poema che è poesia e metafora del viaggio.
“Quali colombe dal disio chiamate/ con l’ali alzate e ferme al dolce nido/vegnon per l’aere, dal voler portate;” sono i versi del Canto V dell’Inferno, quello conosciuto come il canto di Paolo e Francesca e del loro sventurato amore.
Gli innamorati sono paragonati alle colombe, immagini dell’amore puro, incondizionato, simbologia presente nelle narrazioni e nelle rappresentazioni delle espressioni culturali di diverse epoche storiche. Dante le utilizza per la forte capacità di evocazione, per il richiamo ad una grazia che non è solo del volo, in quanto assimilabile ad una figura universale dell’immaginario emotivo.
Nel Canto XIX (vv. 46-48) del Purgatorio si può leggere “Con l’ali aperte, che parean di cigno,/volseci in sù colui che sì parlonne/tra due pareti del duro macigno”. Le ali aperte sono quelle dell’Angelo della sollecitudine che si presenta a Dante con voce dolce e benevola, così che l’immagine del cigno è quella più appropriata per narrare l’incontro.
DANTE E LA NATURA
Ma non solo gli animali, anche le piante e i fenomeni naturali rendono significativo e originale lo stile di Dante nella Commedia.
“Come d’autunno si levan le foglie/l’una appresso dell’altra, fin che ‘l ramo/vede alla terra tutte le sue spoglie,” (Inferno, III, 112-115). È un’immagine poetica che prepara la descrizione dei dannati che aspettano ansiosi di passare ad altra riva al cenno di Caronte. Una delle tante similitudini che Dante ci offre per rappresentare con più efficacia una realtà difficile da rendere con parole.
Il luogo è quell’inferno “d’ogni luce muto” in cui si esprime il rapporto tra luce e buio come incontro tra umano e divino, difficile da rendere se non con una immagine che utilizza i sensi e li travalica, come fa Dante con la sua grande ricchezza inventiva.
Già nel I Canto, oltre l’immagine della selva, appare il sole come “raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle”.
Dante non era un botanico, uno scienziato, ma aveva molte e approfondite conoscenze del mondo della natura che gli permettevano di essere attento e accurato nel disegnare i paesaggi e nel creare allegorie. Il poeta osserva la luce, l’aria, l’acqua, il vento, i colori, le stelle e il cielo e ne trae spunti di alta poesia: “L’alba vinceva l’ora mattutina/ che foggia innanzi, sì che di lontano/conobbi il tremolar de la marina“. (Purgatorio, I,115-117).
Dante ha molto da proporci per quanto riguarda il rispetto verso le manifestazioni della natura, soprattutto sa trasmettere la sua curiosità verso tutti i fenomeni imprevedibili o noti che egli osserva con occhi attenti ai dettagli, ai colori, al movimento. La natura è occasione per descrivere le leggi del cosmo oppure il carattere degli uomini.
Nel XXV canto del Paradiso, narrando della sua speranza di tornare a Firenze in virtù della sua Commedia, Dante scrive dell’auspicio che il poema sacro “vinca la crudeltà che fuor mi serra/
del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,/nimico ai lupi che li danno guerra”.
Il riferimento è a Firenze, bello ovile, a se stesso, agnello, e ai suoi concittadini faziosi, lupi, in similitudini che traggono dal mondo della natura potenza descrittiva e valenza di significato emotivo, intellettuale, morale, politico.
Ecco una bella pista di lavoro per leggere la Commedia e far appassionare, a scuola, bambini e ragazzi al mondo di Dante!
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Mirella Mazzarini
Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.
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