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Tag: didattica

A good and happy start

Let’s have a good and happy start!

Ad oggi, i programmi di formazione per insegnanti di inglese come lingua straniera offrono, da un lato, tecniche di sviluppo delle competenze linguistiche (reading, writing, speaking e listening) e, dall’altro, della consapevolezza linguistica (ad esempio, grammatica e fonologia).

Sebbene non vi siano dubbi sul fatto che i due aspetti debbano costituire una parte essenziale del bagaglio dell’insegnante, di fatto, ai docenti non è data la stessa opportunità. Per un numero consistente di insegnanti di inglese, in particolare quelli delle scuole primarie, il desiderio pressante è quello di migliorare la propria padronanza linguistica.

Con la diffusione e la crescente accettazione dei principi comunicativi dell’insegnamento delle lingue straniere nel mondo, c’è una maggiore richiesta, rispetto al passato, affinché gli insegnanti parlino correntemente l’inglese per usarlo in modo naturale e spontaneo in classe. Questa pressione spesso genera stress e disagio nei docenti con l’effetto opposto, cioè, si evita di usare l’inglese in aula per non commettere errori.

Se vogliamo che i bambini usino l’inglese in classe e anche fuori di essa è importante che noi, come insegnanti, cerchiamo di usare l’inglese il più possibile. In questo modo, non solo diamo un buon esempio, ma offriamo anche ai bambini una maggiore esposizione alla lingua. Inoltre, ci concediamo l’opportunità di migliorare la nostra padronanza linguistica.

Tuttavia, c’è resistenza nell’uso dell’inglese in classe. Tra le ragioni per cui i docenti, talvolta, sono restii ad adottare l’inglese ci sono la mancanza di fiducia nelle loro capacità linguistiche, paura di sbagliare o pronunciare erroneamente alcune parole. In altre parole, parlare in italiano “risulta più semplice”…

Durante il webinar “A good and happy start” – Classroom Language routines to build teachers’ confidence and improve fluency and comprehension in the primary classroom di mercoledì 21 settembre alle ore 17.00, vi illustreremo alcune strategie e attività in lingua inglese per rafforzare la fiducia in sé e sviluppare le proprie capacità linguistiche e quelle dei bambini, promuovendo maggiore interazione in classe.

Mariana Laxague
Teacher Trainer

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CLIL made easy

Progettare una lezione CLIL

Sebbene il CONTENT AND LANGUAGE INTEGRATED LEARNING (CLIL) possa essere la metodologia più adatta per l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue in un’Europa multilingue, l’applicazione del metodo rimane incompiuta. Una lezione CLIL non è, come si può pensare, una lezione di lingua né una lezione di materia tenuta in una lingua straniera. Una lezione CLIL di successo dovrebbe combinare una serie di elementi relativi allo sviluppo cognitivo, culturale, comunicativo e nozionistico dei bambini oltre a sviluppare in maniera bilanciata le quattro abilità linguistiche (Reading, Writing, Speaking and Listening).

Progettare una lezione CLIL è molto più semplice e immediato di quanto si possa pensare. Occorrerà tanta voglia di esplorare, condividere, riflettere e progettare con altri colleghi affinché si possano organizzare delle attività interdisciplinari stimolanti e rilevanti per i bambini.

Infine, sarà necessario creare delle routine all’interno della classe perché i bambini si abituino a fare associazioni di concetti e contenuti mentre sviluppano le proprie capacità linguistiche.

Durante il webinar “CLIL made easy” three simple steps to create CLIL lessons in the primary classroom di mercoledì 19 ottobre alle ore 17.00, vi illustreremo brevemente la metodologia CLIL per creare velocemente ed efficacemente lezioni innovative affrontando argomenti di varia natura in lingua inglese.

Mariana Laxague
Teacher Trainer

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Educare alla pace

Per contrastare ed evitare i conflitti

Aprire la riflessione su conflitto, disponibilità al confronto, relazione educativa, vuol dire riflettere su temi cruciali e irrinunciabili che possono aiutare a trovare risposte nell’impegno a orientare lo sviluppo armonico e integrato della personalità nei contesti educativi, in un tempo di grandi emergenze fatte di guerre, sopraffazioni e violenze, in cui sembra smarrirsi il concetto stesso di umanità.

La parola conflitto è una parola che sentiamo immediatamente avversa, una parola negativa che richiama la guerra, gli stermini che attanagliano in questi giorni un’umanità aggredita, oppressa, a cui sono negati i diritti fondamentali. Ad esplorare la portata vasta di questa parola, considerandone la valenza articolata per chi si interessa di educazione, ecco la possibilità di accedere a un concetto che riguarda l’educazione alla Pace come progetto per contrastare ed evitare i conflitti.

Pensare il conflitto vuol dire tenere insieme e distinguere la dimensione di tensione che provoca contrasti interiori nel soggetto, pulsioni contrapposte che inducono sofferenze a livello psichico, situazioni di antagonismo a livello di gruppi sociali, conflitti di interesse che generano opposizioni e degenerano in lotte e scontri relazionali.

Così i conflitti legati alla conquista della supremazia economica e politica possono riguardare non solo gruppi ristretti ma intere popolazioni e diventare guerre fratricide e di sterminio.

È indispensabile e urgente, sul piano umano e comunitario, riflettere sul significato dell’essere in opposizione per scoprire i percorsi di esperienza positiva a livello di relazioni tra le persone, soprattutto tra i soggetti in formazione, nei contesti di lavoro, di apprendimento, di vita sociale.

Situazioni conflittuali sono sempre situazioni di disagio, di contrasto, che rischiano di diventare insanabili e che impediscono la realizzazione di un benessere da condividere.

Vogliamo perciò tentare di esplorare il concetto di “conflitto” per trarne armi di pacificazione, strumenti di costruzione di relazioni positive, efficaci a livello emotivo, cognitivo e sociale.

 

Quale ruolo può assumere il conflitto in educazione? Come trasformare un’esperienza conflittuale in un’esperienza di crescita umana? Si può insegnare e apprendere a litigare? Si può far fiorire la pace negli individui in formazione?

Quando bambine e bambini litigano, è possibile aiutarli a diventare consapevoli della situazione di conflitto in cui agiscono?

“Io non vinco tu non perdi” può essere un obiettivo? La pratica della didattica a distanza, le trasformazioni nella gestione della classe, correlate all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia per covid-19, hanno modificato l’esperienza del litigio e del conflitto nell’età evolutiva, rendendo queste esperienze maggiormente problematiche e limitanti.

Dalle ricerche in campo psicologico sappiamo che il conflitto è determinante nei processi di cambiamento, di adattamento e sviluppo perché riguarda sempre la dimensione comunicativa e l’opportunità di scambio sociale e di dialogo. Il conflitto può essere gestito per mezzo di una molteplicità di strategie che permettono riconoscere i motivi che generano il conflitto stesso, sempre legati all’incompatibilità di obiettivi considerati non reciproci.

I bambini, come gli adulti, litigano per il possesso di beni e oggetti, per la non accettazione di comportamenti e opinioni, per la violazione di regole definite. L’opposizione, anche la più rigida e la più insanabile, può, tuttavia, essere negoziata e risolta, senza che l’opposizione termini per vittoria di una parte sull’altre o per abbandono e rinuncia ai propri obiettivi.

Ecco allora l’importanza di un contesto comunicativo aperto, in cui la comprensione delle ragioni reciproche, le argomentazioni, le spiegazioni, possano condurre alla risoluzione del contrasto come assunzione di un nuovo punto di vista condiviso.

Pratiche molto efficaci, in uso nella scuola e nelle situazioni formative in genere, riprendono i principi dell’ascolto attivo, della negoziazione, della valorizzazione dell’intelligenza emotiva e della capacità di argomentare. Per questo a scuola risulta molto importante il ruolo dell’insegnante, che può aiutare le alunne e gli alunni ad accrescere la fiducia in loro stessi, non litigando e aggredendo ma dialogando, forti di mature competenze linguistiche e modalità comportamentali in cui ascoltare, comprendere, rispettare siano abilità acquisite e sperimentate anche in modo laboratoriale.

Si può imparare a litigare attraverso situazioni conflittuali che sono tali a livello di metodo, per maturare la consapevolezza della situazione stessa e del proprio possibile intervento.

 

Gli alunni e le alunne devono apprendere a parlare del litigio che li ha coinvolti (“È mio!”, “Ho preso prima io il pallone!”, “Hai sbagliato tu!”), per diventare capaci di ritrovare l’accordo con gli amici. Il ruolo degli adulti non diventa un aiuto significativo se si impone con una soluzione dall’alto o con la ricerca del colpevole.

Poiché ogni litigio riguarda sempre le relazioni interpersonali, queste relazioni devono essere considerate finalità di costruzione e ricostruzione di un rapporto sereno, collaborativo e riflessivo.

Ogni conflitto chiama in causa la volontà e l’intenzionalità di modificare una situazione e deve attivare la motivazione a ritrovare quel clima di fiducia e di serenità compromesso. Si tratta di cambiare una situazione, di ristabilire un equilibrio che riguarda non solo il rapporto con gli altri ma anche il rapporto con se stessi.

A scuola dobbiamo scegliere il valore della pace come tempo e spazio di educazione.

Il valore dell’educazione in natura

10 attività secondo il Metodo Montessori

Del Metodo Montessori si parla molto, ma si dice poco del pensiero di Maria Montessori circa la natura.

Sapevate che già un secolo fa, sosteneva che i bambini trascorrevano troppo poco tempo a contatto con la natura?

Maria Montessori  aveva intuito il legame speciale che esiste tra infanzia e natura, evidenziandone le importanti potenzialità educative e sviluppandone l’applicazione fino al percorso educativo adolescenziale.

Nei suoi scritti, Maria Montessori si sofferma molto sul forte divario che separa la vita naturale e quella sociale dell’uomo civilizzato e soprattutto su quanto questo aspetto condizioni in modo rilevante lo sviluppo infantile e non solo.

Nel capitolo “La natura nell’educazione” contenuto ne “La scoperta del bambino”, scrive:

Nel nostro tempo e nell’ambiente civile della nostra società, i bambini… vivono molto lontani dalla natura ed hanno poche occasioni di entrare in intimo contatto con essa o di averne diretta esperienza”.

Invece, afferma la Montessori, bambine e bambini hanno bisogno di vivere naturalmente, di “vivere” la natura e non soltanto di conoscerla, studiandola o ammirandola.

E non basta introdurre l’igiene infantile, l’educazione fisica, una maggiore esposizione dei bambini e delle bambine all’aria libera, perché “Il fatto più importante risiede proprio nel liberare possibilmente il fanciullo dai legami che lo isolano nella vita artificiale creata dalla convivenza cittadina”.

Ci sono ancora troppi pregiudizi, su tale argomento, perché tutti ci siamo fatti volontariamente prigionieri, e abbiamo finito con l’amare la nostra prigione e trasmetterla ai nostri figlioli. La natura si è a poco a poco ristretta, nella nostra concezione, ai fiorellini che vegetano, e agli animali domestici utili per la nostra nutrizione, pei nostri lavori, o per la nostra difesa. Con ciò anche l’anima nostra si è rattrappita…”.

E prosegue: “La natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio”.

Maria Montessori aveva avuto modo di osservare i bambini e le bambine giocare all’aperto nei giardini froebeliani. Immediatamente si era accorta del loro legame magico con la natura.

Nei giardini froebeliani (idea che poi la Montessori condividerà e porterà nelle sue Case dei bambini), potevano sperimentare in modo diretto il ciclo di vita delle piante, realizzando dei veri e propri orti e, quando possibile, allevando piccoli animali da cortile. Nelle strutture senza spazi adeguati ci si muniva di vasi.

Montessori spiega così che l’educazione nella scuola deve dare al bambino “motivi di attività, e insieme conoscenze che lo interessino” perché “il bambino, che è il più grande osservatore spontaneo della natura, ha indubbiamente bisogno di avere a sua disposizione un materiale su cui agire”.

Gli educatori e le educatrici devono prestare attenzione a non portare i pregiudizi degli adulti anche nelle attività da svolgere in mezzo alla natura. “Ci siamo fatti un’idea troppo simbolica dei fiori: e ci adoperiamo più ad adattare l’attività dei bambini alle nostre idee, che a seguire il bimbo per interpretare i suoi veri gusti e bisogni… Essi desiderano compiere grandi lavori, e mettere in diretto rapporto la loro attività con i prodotti della natura… I bambini sono profondamente contenti di agire, di conoscere, di esplorare, anche indipendentemente dalla bellezza esteriore”.

Parlando di educazione nell’adolescenza, la natura secondo Maria Montessori è fondamentale nel percorso di preparazione ad una vita adulta partecipata e responsabile. Qualsiasi progetto educativo dovrebbe, secondo la pedagogista, coinvolgere l’ambiente naturale in quanto elemento di crescita soprattutto per i valori che la natura trasmette.

Educazione ambientale non significa solo insegnare nozioni sulla natura e sulla salvaguardia dell’ambiente, ma suscitare l’interesse delle ragazze e dei ragazzi verso l’ambiente, fare cioè in modo che si sentano parte di un macrocosmo vivo e pulsante.

Introdurre la natura nell’educazione non deve servire quindi solo a studiarla: l’educazione deve far “vivere la natura” per alimentarne il “sentimento”, al fine di acquisire sin dall’infanzia una coscienza “cosmica” che porti poi, naturalmente, l’individuo adolescente a partecipare attivamente e fattivamente alla vita sociale. Così sarà in grado di contribuire da adulto, alla “elevazione” dell’intera società umana.

Prendersi cura degli animali e delle piante, secondo Maria Montessori, è fonte di grande soddisfazione: sapere che qualcuno ha bisogno di loro e che il loro lavoro produce la vita è un forte incentivo alla responsabilizzazione ma anche allo sviluppo emotivo, alla capacità di immaginare e controllare le emozioni.

L’educazione ambientale è una piccola parte di quella che sarà l’educazione cosmica teorizzata da Maria Montessori. Si può imparare molto dalla natura: la pazienza, la curiosità, i legami tra le cose.

Quali sono le attività più semplici e accattivanti da far svolgere in contesto naturale a bambini e bambine?

Le possibili attività da svolgere nell’ambiente naturale sono numerose e diversificate e possono rientrare all’interno della categoria delle attività di “vita pratica” suggerite dall’approccio montessoriano. 

Passeggiare nel bosco, creare con gli elementi della natura, servirsi di elementi naturali per studiarne le forme e i colori, costruire un terrarium, dipingere con piccoli rametti, arrampicarsi sugli alberi, sono solo alcune delle esperienze che bambine e bambini possono sperimentare in natura.

Di seguito abbiamo raccolto alcune delle attività, ispirate alla pedagogia montessoriana, per educare alla bellezza della natura e scoprirne la magia.

  1. LA MATEMATICA CHE PUOI VEDERE
    Imparare ad osservare la natura in numeri e forme è molto stimolante: si possono contare i petali dei fiori, il numero delle spirali di un girasole, il numero dei semi di una pigna, che potrà poi essere utilizzata per fare le sottrazioni o le addizioni; infine si può individuare la spirale logaritmica in natura (in una conchiglia, nella forma di un uragano e in quella delle galassie…) e scoprire che tutto è magicamente collegato.
  1. LA CACCIA DEI COLORI
    Dopo aver preparato una scheda con alcuni colori, consegnatela ai bambini e alle bambine con un compito speciale: andare a caccia di elementi naturali del colore corrispondente per una caccia al tesoro dedicata alle sfumature del mondo!
  1. IL NOSTRO ORTO
     Vita pratica? Tra le attività più puramente pratiche per raggiungere l’indipendenza il giardinaggio è tra quelle più affascinanti, divertenti ed educative. Creare un piccolo orto da coltivare e curare insieme è un’attività che permette di scoprire molto sui cicli della vita. Piantare semi, vederli germogliare e occuparsene è una grande emozione!
  1. SPERIMENTARE CON L’ACQUA
    Travasi, acqua che scorre, imbuti, cucchiai e bacinelle: i bimbi scoprono il mondo anche giocando con l’acqua, elemento base della vit.
  1. ARRAMPICARSI SUGLI ALBERI
    Ottima per lo sviluppo muscolare e stimolare l’equilibrio. Da fare: accantonare l’apprensione e favorire la fiducia, lasciando bambini e bambine libere di misurarsi con le proprie abilità e con i propri limiti.
  1. RAMOSCELLI PER DIPINGERE
    Si possono creare dei pennelli molto divertenti, con piccoli rami sottili o aghi di pino da legare bene intorno a rametti più rigidi. Quante tipologie di pennello! Quanti effetti diversi da creare! Spazio alla fantasia e all’intuizione.
  1. LA CACCIA AL TESORO CON LE PAROLE
    Niente di meglio di una passeggiata in natura per allenare il linguaggio, la capacità narrativa, il vocabolario e l’espressività: descrivete quello che si osserva, raccontate la storia degli alberi che incontrate, oppure una divertente caccia al tesoro di parole (provate a trovare un determinato fiore, una pianta, un sasso, una foglia…).
  1. IL MEMORY DELLA NATURA
    Munirsi di scatoline con coperchio e raccogliere coppie di piccoli elementi naturali uguali. Dopo aver osservato, si chiudono le scatoline e inizia il gioco! Vince chi accoppia più elementi uguali. Questo gioco aiuta i bambini a sviluppare la capacità di osservazione, di memoria e di riconoscimento.
  1. DISEGNARE CON LA NATURA
    Prima si parte in missione per raccogliere tanti elementi della natura, poi si utilizzano per creare persone, animali, volti o altre figure fantasiose, per favorire l’immaginazione e divertirsi a creare con ciò che la natura ci offre.
  1. LE BOTTIGLIE SENSORIALI
    La missione questa volta sarà raccogliere rametti di piante diverse e inserirli in bottiglie e riempite d’acqua insieme a glitter colorati. Questo lavoro insegna a riconoscere le diverse piante divertendosi poi a scuotere le bottiglie per vedere lo scintillio del glitter intorno ai rametti.

Montessori Day

Leggi l’approfondimento e scarica l’attività

“Quando la mano si perfeziona in un lavoro scelto spontaneamente, e nasce la volontà di riuscire, di superare un ostacolo, la coscienza si arricchisce di qualcosa di ben diverso da una semplice cognizione: è la coscienza del proprio valore.”

Maria Montessori

Il 31 agosto 1870 nasceva Maria Tecla Artemisia Montessori a Chiaravalle, grande pedagogista che divenne famosissima nel mondo grazie al famoso metodo educativo per bambine e bambini che prese il suo nome, ovvero il “Metodo Montessori”. Per festeggiare questo giorno speciale, per te un approfondimento dalla Guida Didattica per la Scuola dell’Infanzia “Educare Imparare Crescere” (2019). Inoltre, in fondo, un’attività speciale da scaricare e proporre alla tua sezione dopo il rientro a scuola.
Buona lettura!

Il metodo Montessori è uno dei metodi più famosi della pedagogia contemporanea, affonda le sue radici in un’Italia a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e deve la vita al lavoro instancabile e pieno di entusiasmo di una giovane e appassionata dottoressa.

Maria Montessori (1870-1952) iniziò la sua carriera da medico, lavorando a Roma nelle cliniche che si occupavano di educare e sostenere lo sviluppo di bambini ortofrenici, ossia bambini con disturbi di deficienza mentale congenita o acquisita, per poi approdare all’apertura di scuole chiamate “Case dei bambini”. Da quella prima esperienza molti furono gli aggiustamenti, le rivisitazioni, le innovazioni e i miglioramenti, ma i princìpi che Maria Montessori individuò inizialmente rimasero immutati e possono essere sintetizzati così:

  • i bambini sono guidati da periodi sensitivi, istinti guida che permettono loro, in situazione di libertà, di scegliere le attività, le esperienze e i materiali che hanno lo scopo di far acquisire al bambino le abilità psico-fisiche necessarie per accedere ai gradini evolutivi successivi;
  • per poter sperimentare in maniera efficace i periodi sensitivi è necessario che gli insegnanti preparino un setting educativo che sostenga e stimoli il bambino in autonomia e sicurezza;
  • l’ambiente gioca un ruolo centrale e deve essere studiato nei minimi dettagli, con estrema attenzione agli arredamenti, ai colori, ai materiali, alla proporzionalità degli strumenti, alla disposizione degli oggetti e al significato pedagogico che ciascuno riveste;
  • l’insegnante ha il ruolo di sostenere i bambini accompagnandoli nei singoli processi di maturazione. Maria Montessori vedeva l’insegnante come un angelo custode che protegge il bambino, che aiuta senza anticipare, che funge da ponte con il materiale presente, che accompagna con umiltà e rispetto.

Se tutti questi princìpi verranno attentamente corrisposti nella pratica educativa quotidiana, i benefici che i bambini ne otterranno saranno numerosi e stupefacenti. I bambini saranno rilassati, profondamente appagati perché in contatto profondo con i loro bisogni evolutivi, tolleranti perché abituati a muoversi e vivere all’interno di una comunità, autonomi perché affiancati nel processo di conquista della cura del sé e dell’ambiente circostante, liberi nel pensiero e nello spirito e in armonia con il mondo circostante fatto di relazioni e incontri.

E ora… dalla teoria alla pratica!
Scarica l’attività dedicata al Metodo Montessori (dalla Guida “Didattica per competenze” 2018).

Quattro attività da fare in giardino

Idee per un’Estate da spasso

Cosa fare con le bambine e i bambini della Scuola dell’Infanzia d’estate?
Per te quattro attività pratiche da fare tutti insieme in giardino!

“Dalla teoria alla pratica”: attività didattiche tratte dalla Guida Didattica “Momenti per Crescere” Vol.1.

1) SFONDO INTEGRATORE: Lo sfondo integratore può essere considerato un facilitatore dell’apprendimento attraverso la strutturazione di situazioni motivanti. È un contenitore di percorsi didattici finalizzati alla costruzione di un contesto condiviso da tutti i bambini, che ha la capacità di ampliare le risorse dell’azione educativa. Limita e precisa il percorso educativo; inoltre, dà senso di continuità alle attività didattiche, che altrimenti potrebbero sembrare sconnesse.

Attività: Proponiamo un nuovo incontro con il nostro personaggio-guida, il Signor Contadino: organizziamo un picnic durante il quale scopriamo il mondo dell’orto, assaggiamo i suoi prodotti e ci trasformiamo anche noi in piccoli contadini. Per concludere disegniamo ciò che il Signor Contadino ci ha fatto assaggiare: pomodorini e fragole. (AVVISO: far firmare ai genitori il consenso all’assaggio così da essere informati e prevenire eventuali rischi legati ad allergie.)

2) DIDATTICA LABORATORIALE: La didattica laboratoriale prevede una partecipazione attiva di tutti i bambini al processo di apprendimento, valorizzando le diverse abilità e competenze sociali. È una metodologia che favorisce l’inclusione. Prevede la costruzione di contesti efficaci dal punto di vista relazionale, poiché questi particolari contesti d’apprendimento – i laboratori – sono luoghi in cui il prodotto finale deve essere fortemente motivante e la situazione formativa deve essere operativa e partecipativa per tutti.

Attività: Proponiamo, in una giornata calda, di giocare con i colori e l’arte in maniera insolita. Creiamo in giardino un laboratorio di pittura, dove con acqua e tempere i bambini creano il loro colore, riempiono le pistole ad acqua e poi sparano il colore su fogli bianchi appesi a parete.

3) STREAM: Le STREAM rappresentano un approccio scientifico alla conoscenza del mondo esterno e, rispetto alle STEAM, includono anche la lettura tra le discipline da considerare, poiché questa è un elemento che sviluppa il senso critico, che concorre al pieno sviluppo di ogni bambino. Lettura e scrittura, anche attraverso l’ascolto nel caso dei più piccoli, sono fondamenti della comunicazione in qualsiasi contesto.

Attività: Portiamo in giardino una bacinella con acqua e alcuni girini per poterli osservare da un punto di vista scientifico, proponiamo di ridisegnarli e impariamo una filastrocca che metta in risalto le loro caratteristiche, da recitare mentre li osserviamo.

4) CODING: Il coding è una metodologia che sottende un processo logico-creativo con metodi e strategie specifiche della tecnologia volti alla soluzione di problemi complessi. È una metodologia didattica per educare al pensiero computazionale, che serve a risolvere situazioni e problemi complessi in maniera innovativa, e può essere utilizzato come approccio metodologico in modo trasversale, quindi in ogni progettazione educativa.

Attività: Realizziamo con materiale riciclato un’ape che guiderà i bambini in diversi percorsi. Giochiamo così in giardino a spostarci secondo le indicazioni della nostra amica (ad esempio: quattro passi a destra, tre passi in avanti, due passi indietro, cinque passi a sinistra, ecc.). Possiamo costruire anche un vero e proprio percorso con un arrivo. (Per i bambini che hanno difficoltà nella lateralizzazione e per i più piccolini, è opportuno legare un fiocco blu al polso destro e un fiocco rosso al polso sinistro.)

Giornata Mondiale degli Oceani in versi

Le più belle poesie dedicate al mare

L’8 giugno è la Giornata Mondiale degli Oceani, giorno dell’Anniversario della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro, un’occasione preziosa per riflettere sul dovere di ogni individuo e della collettività di tutelare questa risorsa preziosa, così che possano goderne a pieno le generazioni future.

Quest’anno abbiamo deciso di celebrare questa giornata con la poesia: il mare, l’acqua, le profondità dell’abisso hanno da sempre affascinato poeti e poetesse di tutti i tempi, leggiamo insieme quattro bellissime poesie da leggere in riva al mare, lasciandosi cullare dal rumore delle onde.

 

Conchiglie

Eternamente giace e splende piano
sotto l’enormi tempestose ondate
e sotto le minute onde beate
che il Greco antico un tempo ha nominato
crespe di risa.
Ascolta: la conchiglia iridescente
canta nel mare, al più profondo.
Eternamente giace e canta silenziosa.

Katherine Mansfield (1888-1923)

 

Le isole fortunate

Quale voce a noi giunge con il suono delle onde
che non è la voce del mare?
È la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
perché noi abbiamo ascoltato.
E solo se, in dormiveglia,
senza sapere di udire udiamo,
ci mormora la speranza
alla quale, come bambini
addormentati, dormendo sorridiamo.
Sono isole fortunate,
sono terre senza luogo,
dove dimora nell’attesa il Re.
Ma, se incominciamo a destarci,
tace la voce e non c’è che il mare.

Fernando Pessoa (1888-1935)

 

Il mare è tutto azzurro

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.

Sandro Penna (1906-1977)

 

L’uomo e il mare

Uomo libero,
sempre tu amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio:
contempli l’anima tua
nell’infinito srotolarsi
della tua onda,
e il tuo spirito
è un abisso non meno amaro.
Ti diletti a tuffarti
nel seno della tua immagine;
l’abbracci con gli occhi
e con le braccia,
e il tuo cuore si distrae
talvolta dal proprio battito
al fragor di quel lamento
indomabile e selvaggio.
Entrambi siete
tenebrosi e discreti:
uomo,
nessuno ha sondato
il fondo dei tuoi abissi;
mare,
nessuno conosce
le tue intime ricchezze:
tanto gelosamente serbate
i vostri segreti!
E tuttavia da secoli innumerevoli
vi fate guerra senza pietà nè rimorsi,
tanto amate la strage e la morte,
o lottatori eterni,
o fratelli inseparabili!

Charles Baudelaire (1821-1867)

Fine dell’anno

Tempo di raccolta: risponderà alle nostre aspettative?

La fine dell’anno per le insegnanti e gli insegnanti è il momento della raccolta.

Se vogliamo fare un paragone poetico, possiamo pensare al grano. In autunno il seme, a giugno la spiga.

A settembre accogliamo le nostre alunne e i nostri alunni per un nuovo percorso di semina, li affianchiamo, stimoliamo la loro curiosità e i loro pensieri. Mettiamo in atto strategie affinché crescano nel sapere, nella consapevolezza, nelle competenze.

Durante l’anno ci fermiamo per verificare se la crescita procede con regolarità, se dobbiamo modificare qualche passaggio o innaffiare di più.

Ora siamo qui a chiederci: come sarà questa raccolta? Risponderà alle nostre aspettative?

Non è detto. Le variabili che incidono sui risultati sono tantissime: le bambine e i bambini sono tutti diversi per attitudine, temperamento, storia, retroterra familiare e sociale.

Dunque, la prima cosa che dico sempre quando parlo alle giovani colleghe o colleghi, bando agli stati d’animo negativi o alle colpevolizzazioni.

Nessuno di noi è perfetto, ogni scelta che abbiamo operato è stata oggetto di riflessione e ponderata con cura. Tuttavia, può essere che alcune cose abbiano funzionato meno di altre, l’importante è riuscire a metterle a fuoco per modificare il tiro.

Come? Direte voi. Ad esempio, utilizzando una metaforica cartina di tornasole.

Se in una classe di 22 bambini e bambine, almeno 18 dimostrano di aver capito l’argomento, significa che il mio intervento ha avuto una buona efficacia.

In questo caso l’obiettivo sarà ristrutturare il percorso con i 4 bambini che hanno avuto risultati negativi, proponendo attività e prospettive diverse, facendo in modo che colmino il divario che li separa dall’acquisizione della competenza. Tenendo sempre bene a mente che esistono LIVELLI differenti e che le richieste vanno tarate sul singolo bambino o bambina e sulle sue difficoltà.

Se il rapporto è invertito e sono solo 4 i bambini che hanno raggiunto l’obiettivo prefissato allora significa che è l’insegnante ad avere sbagliato l’approccio.

Soprattutto in questo caso, bando allo scoramento. I riscontri servono proprio per farci aggiustare il tiro. L’apprendimento nella Primaria si situa su una spirale, gli argomenti si ripropongono più volte, in modalità via via più complessa.

Se un anno ci sembra lungo, cinque anni sono quasi una vita per la nostra classe. Dunque, c’è tempo per ogni cosa. Credetemi, ve lo dice una che di turni ne ha visti più di uno…

E, mi raccomando, tenete sempre bene a mente il mio mantra: “i bambini sono come i fiori, fioriscono quando è ora”.

Buona fine dell’anno scolastico!

Maria Montessori: educazione e pace

70 anni dalla morte di Maria Montessori

Maria Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk (Paesi Bassi) Olanda, 6 maggio 1952)

Il 6 maggio 2022 ricorrono 70 anni dalla morte di Maria Montessori.
Fu candidata per tre volte al Premio Nobel per la Pace nel 1949, nel 1950 e nel 1951. Morì a Noordwijk (Paesi Bassi) il 6 maggio 1952.

 

Io prego i cari bambini che possono tutto di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo

Queste parole, scritte sulla tomba di Maria Montessori a Noordwijk, rappresentano il senso dell’intero progetto montessoriano.

Ma quale educazione può davvero creare le premesse per un mondo di pace?

Quando, nel 1932, per Maria Montessori vivere ed operare in Italia era diventato difficile per le mutate condizioni culturali e politiche, quando il suo nome si andava affermando più all’estero che in Patria, la grande pedagogista non esitò a guardare oltre i confini italiani per rimanere fedele al suo ideale di educazione e di società. L’ispirazione antidogmatica e antiautoritaria che contraddistingue il suo pensiero non poteva accettare la deriva verso la negazione dei principi di libertà che la dittatura imponeva.

Visse in diversi luoghi in Europa prima di far ritorno in Italia dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda guerra mondiale.

Fuori d’Italia aveva provato l’angoscia della guerra, ma continuò a impegnarsi con sempre maggiore tenacia nella ricerca di verità fondamentali per l’umanità.

Costruire la pace è l’opera dell’educazione, la politica può solo evitare la guerra

Questo assunto è il messaggio centrale che scaturisce dai discorsi pronunciati dalla grande pedagogista in Europa e nel Mondo, in occasione delle Conferenze che l’hanno vista protagonista nella disseminazione di principi di formazione libera, per una vera e propria crociata dell’educazione.

Il testo “Educazione e Pace” del 1949 raccoglie una serie di conferenze tenute da Maria Montessori sul tema della pace a partire da quella di Ginevra del 1932, presentata al Bureau international d’éducation. Il tema fu successivamente sviluppato con interventi che l’hanno vista a Bruxelles nel 1936 (Congresso europeo per la pace), a Copenaghen, per molte occasioni pubbliche, tra cui il Congresso internazionale Montessori del 1937, fino al discorso pronunciato a Londra, al World Fellowship of Faiths, nel 1939.

Il testo stesso è stato in più occasioni ripubblicato e riproposto all’attenzione di educatori e politici con la volontà di continuare ad affermare e rilanciare un tema nuovo nella storia del pensiero educativo, un tema che Maria Montessori ha considerato non solo fondamentale ma costitutivo dell’azione educativa stessa.

Rileggendo pagine così fondamentali per i giorni che attraversa l’umanità in questo tempo di atrocità, di guerra, di negazione di valori di umanità, colpisce la capacità profonda di Maria Montessori di indicare la strada della libertà, della salvezza, dell’affermazione della dignità umana.

 

“Sembra singolare e non consono ai nostri tempi, in cui è così vivo il culto della “specializzazione”, che io sia chiamata a parlare della pace; della pace che, se fosse elevata a disciplina, nessuna ve ne sarebbe di più alta, poiché da essa dipende la vita stessa del popolo e forse il progredire o lo sparire di tutta la nostra civiltà.”

(Maria Montessori, Preambolo, La Pace, in Educazione e Pace)

“La pace è una meta che si può raggiungere soltanto attraverso l’accordo, e due sono i mezzi che conducono a questa unione pacificatrice: uno è lo sforzo immediato di risolvere senza violenza i conflitti, vale a dire di eludere le guerre; l’altro è lo sforzo prolungato di costruire stabilmente la pace tra gli uomini. Ora evitare i conflitti è opera della politica: costruire la pace è opera dell’educazione.”

(Maria Montessori, Per la pace, in Educazione e Pace)

“L’educazione assume oggi, nel particolare momento sociale che attraversiamo, un’importanza veramente illimitata. E questa accentuazione del suo valore pratico si può esprimere con una sola frase: l’educazione è l’arma della pace.” “Occorre organizzare la pace, preparandola scientificamente attraverso l’educazione.”

“Oggi il bambino è un “cittadino dimenticato”: la società deve ormai ricordarsi di lui e preparargli un ambiente adatto alle sue esigenze vitali ed alla liberazione spirituale.”

“Il bambino che ha sentito fortemente l’amore verso l’ambiente e gli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo.

La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.”

“L’Educazione che preparerà un’umanità nuova ha una finalità sola: quella che conduce insieme all’elevazione dell’individuo e della società.” “L’uomo così preparato, conscio della sua missione cosmica, sarà capace di costruire il nuovo mondo della pace.”

(Maria Montessori, Educate per la pace, in Educazione e Pace)

Laboratorio: poesia e primavera

Cominciamo con un gioco!

Il 21 marzo si festeggia la giornata della poesia: un connubio riuscito, un binomio fantastico, direbbe Rodari: poesia e primavera.

Proviamo a fare un gioco con i nostri alunni e alunne: un’associazione di idee, un brainstorming, un’attività lessicale. Chiediamo di collegare ai due termini le parole e le immagini che vengono loro in mente, registrandole sulla LIM o sul quaderno. 

POESIA: sensazioni, leggerezza, emozione, luce, bellezza, sogno, armonia…

PRIMAVERA: risveglio, emozione, rinascita, bellezza, luce, armonia, colori…

Ora guidiamoli a confrontare gli elenchi di parole: quante affinità!

Alla luce di queste affinità possiamo porre la domanda: che cos’è dunque la poesia?

Ecco un esempio di risposta: “La poesia è una primavera di parole”.
Sì, perché una cosa è certa: poesia e primavera sono foriere di emozioni.

La poesia è uno strumento per allenare le emozioni ed è quello che ci invita a fare il “termometro” che ho inserito nel Sussidiario dei Linguaggi Il Cerchio Dei Lettori.

Prendendo spunto dalle emozioni che i poeti ci trasmettono, possiamo guidare i nostri alunni a diventare poeti e poetesse della Primavera magari trasferendo le produzioni online, per imparare ad usare un bellissimo tool come Kizoa.

Ecco un esempio: https://www.youtube.com/watch?v=1WP6VhmXSWo&t=112s

Oppure possiamo proporre ai più piccoli collegamenti poetici con l’ortografia.
Se vi sembra impossibile, guardate questo video: https://www.youtube.com/watch?v=sBABwuSQNiE&t=33s

Dunque, buona Giornata della Poesia, buona Primavera insieme a un abbraccio… pieno di poesia!

Mario Lodi e Gianni Rodari: un’idea di scuola

Quale idea di scuola li unisce?

Mario Lodi e Gianni Rodari possono essere valorizzati con una sensibilità illuminata se si sceglie, nei loro riguardi, un approccio di conoscenza che considera il forte rapporto di amicizia e di stima che li ha uniti.

Una ricchezza di testimonianze e documenti, molti riferimenti nell’ambito del Movimento di Cooperazione Educativa, consentono di conoscere la loro figure di scrittori, insegnanti, pedagogisti nell’orizzonte dello slancio creativo, della tensione alla ricerca e all’impegno etico che hanno contraddistinto la loro vita e la loro attività.

C’è una idea di scuola che hanno condiviso?

Lodi e Rodari, partendo da esperienze personali autonome di studio e di operatività, hanno condiviso, soprattutto, quei valori di democrazia che li ha portati a elaborare concetti e proposte propulsive per una idea di scuola nuova, finalizzata a offrire a ogni individuo l’opportunità di sviluppare la propria personalità, nel rispetto della dimensione sociale di vita.

Così la scuola del nostro tempo deve a Mario Lodi e a Gianni Rodari un patrimonio di conoscenze e di esperienze che alimenta il fare scuola di ogni giorno, che definisce i tratti fondamentali della formazione dei docenti e delle docenti e, soprattutto, illumina il potenziale di crescita e di apprendimento di ogni bambino/a.

Non conosce Gianni Rodari chi pensa sia uno scrittore per bambini, pur se ai bambini ha dedicato testi originali, ormai “classici” della letteratura infantile. Per l’insieme della sua produzione ha ricevuto nel 1970, da una giuria internazionale, quel Premio Andersen che viene definito “il Nobel della letteratura infantile”. Alla cerimonia per la consegna del premio, Rodari ha detto: “Si può parlare agli uomini anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre. Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire ad educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo…”.

Rodari ha scritto “Grammatica della Fantasia”, con il sottotitolo Introduzione all’arte di inventare storie. Un testo che tutti i docenti dovrebbero leggere e non solo, un testo per genitori, intellettuali, politici. Una proposta con cui rivendica all’immaginazione lo spazio che deve avere nella vita di ciascuno

Nella sua premessa all’edizione “Scuola di Fantasia” (Lodi, La scuola di Rodari, in Rodari, 1992) Mario Lodi scrive:

“L’attenzione di Rodari per le scuole si collocava nell’analisi di una società che, uscita dalla dittatura fascista e dalla guerra, cercava in se stessa le forze vitali per ricostruire sui valori della Costituzione un nuovo modello di vivere”.

In modo parallelo, Lodi, nel suo ruolo di Maestro, ha anticipato l’idea di scuola come “comunità educante” organizzando la classe non in modo rigido e gerarchico, secondo il modello tradizionale per cui il maestro/la maestra insegna e gli alunni/alunne imparano, ma come comunità aperta, in cui sono compresi alunni, territorio, insegnanti, genitori, per realizzare l’esperienza di un organismo vitale per la costruzione della società democratica.

Entrambi hanno testimoniato l’idea di un’educazione nuova, non autoritaria, finalizzata ad una società nuova.

Gianni Rodari e Mario Lodi pensano a una scuola che abbia come fine la formazione del cittadino, che sia luogo aperto alla dimensione sociale, in cui trovano spazio, in modo consapevole, ricerca e pensiero critico. La scuola palestra di democrazia e di cultura è il concetto che integra e unisce la visione dell’educazione e della funzione docente dei due grandi interpreti del discorso pedagogico del nostro tempo.

Lodi e Rodari sono gli ispiratori del messaggio di “liberazione” dell’uomo e del bambino che assegna alla scuola, agli insegnanti, agli alunni la responsabilità di cambiare il mondo.

“Subito il primo giorno, devi decidere di fronte ai bambini come impostare il tuo lavoro: per asservire o per liberare. Da questa scelta dipende tutto il resto, anche la tua dimensione umana. Se scegli il metodo della liberazione senti nascere dentro di te una grande forza che è l’amore per i ragazzi, lo stesso amore che non può non trasferirsi sul piano sociale con l’impegno civile. […] Se non sei per la liberazione, porti a scuola la tecnica del padrone, duro o paterno a seconda dei casi: apparentemente è il sistema più facile e comodo ma alla fine trovi un vuoto morale enorme e la noia”
(Mario Lodi, Lettera a Katia in Il paese sbagliato, Torino, Einaudi, 1970)

“È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo
mostrare la rosa al cieco.

Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.”

(Gianni Rodari, Lettera ai bambini in Parole per giocare, Manzuoli Editore 1979)

Festa del papà: cosa fare quando in classe ci sono bambine o bambini a cui manca un genitore?

Una riflessione sulla Festa del Papà

Le feste per i nostri alunne e alunni sono un’occasione di divertimento e creatività e per noi insegnanti un’opportunità per verificare abilità pratiche collegate agli obiettivi di tecnologia e alle competenze di tipo progettuale.

Ciascuno di noi, se volge lo sguardo al passato, ricorderà la trepidazione con cui, da piccino, portava a casa il lavoretto fatto a scuola e lo nascondeva sotto al piatto del genitore destinatario, aspettando l’attimo in cui, per caso naturalmente, l’avrebbe scoperto e avrebbe iniziato a magnificarne la bellezza.

Se invece siamo genitori possiamo guardare il gesto dall’altro lato della medaglia: la faccia luminosa della nostra bambina o del nostro bambino mentre ci consegna il prezioso oggetto o la letterina prodotta con impegno e, ovviamente, in bella scrittura.

E non importa se il lavoretto lascia a desiderare perché la colla ha generato un disastro o se le parole del classico ti voglio tanto bene “cadono” lungo la pagina e vanno in discesa…

Esprimiamo la nostra felicità collocando l’oggetto in una posizione di prestigio, in modo che possa essere ammirato da tutti (almeno per un paio di giorni…).

Quindi, viva i lavoretti!

In alcuni casi però può accadere che la scelta di far produrre un lavoretto non sia così immediata.

Può capitare che nella classe ci siano bambine o bambini cui manca un genitore, alunni che vivono in affido o una situazione di lontananza. Che fare in quel caso?

Molte colleghe e colleghi sostengono la necessità di produrre comunque il lavoretto o la lettera, perché il resto della classe, secondo loro, non deve essere privata del diritto di godere di quel momento. Ho letto commenti che raccontano di alunne e alunni orfani che portano la letterina sulla tomba del padre. È un’opzione che personalmente trovo faticosa anche solo da immaginare.

Se volete sapere il parere di Maestra Vecchia fa buon brodo (alias Flavia Franco), ebbene io personalmente evito. La mancanza è SEMPRE un dolore. Sia che si tratti di un’assenza definitiva, sia che si tratti di allontanamento o abbandono. Un trauma sempre presente, anche se apparentemente metabolizzato. Dunque, nel timore di alimentare un dolore, di essere la causa di una sofferenza, anche piccola, anche minuscola, preferisco soprassedere.

Le bambine e i bambini che hanno entrambi i genitori, per fortuna la maggioranza, hanno altri strumenti per dimostrare l’affetto, con la presenza, gli abbracci, i baci. Sono sicura che la mancanza del “lavoretto” non potrà trasformarsi per loro in un’esperienza così traumatica.

In questo caso, è importante condividere il motivo della scelta con la classe (non davanti al bambino naturalmente) lavorando sulla condivisione di emozioni solidali, sull’empatia. Si può sempre suggerire agli alunni di produrre il regalino o la lettera a casa, in autonomia, dando magari delle indicazioni.

Una soluzione che, per me, crea solidarietà, evita ferite e aiuta a salvare capra e cavoli.