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Tag: educazione civica

Dialoghi in Agenda: guardare le stelle

Da sempre l’uomo è attratto dal cielo stellato, dall’infinito, dal mistero che è la volta celeste e tutti i suoi pianeti. Il cielo ha ispirato tantissimi poeti, scrittori, artisti e musicisti famosi, anch’essi attratti da quel fascino dell’ignoto: Leopardi, Debussy, Van Gogh, e ovviamente Giovanni Pascoli, con la poesia 10 Agosto, dedicata proprio alla notte delle stelle cadenti.

Oggi ti portiamo in un Osservatorio Astronomico per cercare di svelare alcuni di quei segreti che da sempre hanno affascinato l’umanità con il Podcast Dialoghi in Agenda. Quale occasione migliore per alzare lo sguardo al cielo… ed esprimere un desiderio?

Ascolta l’episodio!
Diego e Gaia partecipano, su consiglio di un amico di Diego, a un’osservazione notturna guidata dall’esperto Davide Ballerini, presidente dell’Associazione Marchigiana Astrofili, presso un Osservatorio Astronomico.


Dialoghi in Agenda e l’Alternativa in Agenda
Dialoghi in Agenda
è un progetto podcast che tratta i temi dell’Agenda 2030, della sostenibilità ambientale e dell’adolescenza attraverso la forma dialogica, per alzare gli occhi dalla scuola al mondo! Il progetto si lega a l’Alternativa in Agenda, il primo testo pensato per studentesse e studenti della Scuola Secondaria di primo grado per l’Alternativa alla Religione Cattolica. Un volume unico per i tre anni scolastici, a cura di Francesca Lombardo e Daniela Gagliardini, che offre percorsi multidisciplinari relativi ai temi dell’Agenda 2030 e dell’Educazione civica.

Dialoghi in Agenda: microplastiche e biologia marina

Per questo luglio, in occasione anche della Giornata del mar Mediterraneo, ti proponiamo due puntate del Podcast Dialoghi in Agenda dedicati al tema del mare e della sua salvaguardia. Spunti di riflessione per adulti e ragazzi, per imparare a proteggere questo straordinario ecosistema e tutte le creature che lo abitano: oggi parliamo di microplatiche e di biologia marina.
Buon ascolto… tra le onde!

SCOPRI GLI EPISODI
Episodio 3 – A caccia di microplastiche
Diego, Gaia e i loro compagni di classe partecipano a un’iniziativa di Legambiente per la pulizia delle spiagge; conoscono così la volontaria Astra Piccinini, che racconta loro la sua ricerca scientifica nel campo delle microplastiche.


Episodio 4 – Passione Mare
In questo episodio Gaia e Diego, insieme ai loro compagni di classe, incontrano la biologa marina Chiara Franco, che racconta il suo impegno per la salvaguardia della vita marina negli Oceani di tutto il mondo.


Dialoghi in Agenda e l’Alternativa in Agenda
Dialoghi in Agenda
è un progetto podcast che tratta i temi dell’Agenda 2030, della sostenibilità ambientale e dell’adolescenza attraverso la forma dialogica, per alzare gli occhi dalla scuola al mondo! Il progetto si lega a l’Alternativa in Agenda, il primo testo pensato per studentesse e studenti della Scuola Secondaria di primo grado per l’Alternativa alla Religione Cattolica. Un volume unico per i tre anni scolastici, a cura di Francesca Lombardo e Daniela Gagliardini, che offre percorsi multidisciplinari relativi ai temi dell’Agenda 2030 e dell’Educazione civica.

Dialoghi in Agenda: Yoga & Mindfulness

Lo Yoga: una pratica utile sia a casa che a scuola. In occasione della Giornata Internazionale dello Yoga del 21 giugno, ti proponiamo una puntata del podcast “Dialoghi in Agenda”, dove l’esperta Costanza Benvenuti parlerà dell’importanza della respirazione e del riconoscimento delle proprie emozioni attraverso la pratica dello Yoga.

Pensate a quando siete in preda a emozioni come tristezza, ansia o rabbia… Ecco. Immaginate di riuscire a non farvi travolgere e, anzi, a liberarvene solo attraverso la respirazione. E poi, pensate di sapere come stare con gli altri senza dovervi preoccupare di chi è più bravo nel fare le cose. Nello Yoga non c’è mai competizione: c’è solo la bellezza di stare insieme e, solo se abbiamo voglia, di condividere qualche cosa di noi.”

LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLO YOGA 
Le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Internazionale dello Yoga per il 21 giugno (anche giornata della musica e primo giorno dell’estate!) per celebrare questa importante disciplina, preziosa per il benessere fisico e mentale. Nato in India, lo yoga è oggi praticato in tutto il mondo, offrendo alle persone di ogni fede ed estrazione sociale gli strumenti di cui necessitano per accrescere ed equilibrare il loro benessere fisico, spirituale e mentale. 

DIALOGHI IN AGENDA: DALLA SCUOLA AL MONDO 
In ognuno dei 18 episodi della serie Gaia e Diego, amici e compagni di classe, incontrano esperti ed esperte pronti a rispondere alle loro curiosità e domande sui grandi temi affrontati ogni giorno tra i banchi: la questione climatica, le scelte dell’adolescenza, gli obiettivi dell’Agenda 2030, le professioni del futuro… per alzare gli occhi dalla scuola al mondo! 
 
Ascolta in anteprima l’episodio “Missione: stare bene insieme!”: durante un’innovativa lezione di educazione fisica, Gaia e Diego, con la guida di Costanza Benvenuti, sperimentano i benefici dello Yoga Educativo, scoprendo l’importanza del respiro e della consapevolezza delle proprie emozioni per affrontare le sfide con calma e concentrazione.

L’ALTERNATIVA IN AGENDA 
Si tratta del primo testo pensato per studentesse e studenti della Scuola Secondaria di primo grado per l’Alternativa alla Religione Cattolica. Un volume unico per i tre anni scolastici, a cura di Francesca Lombardo e Daniela Gagliardini, che offre percorsi multidisciplinari relativi ai temi dell’Agenda 2030 e dell’Educazione civica, ma anche un valido supporto per sviluppare le life skills e sostenere le sfide quotidiane che ogni preadolescente si trova ad affrontare.

Dialoghi in Agenda: il podcast per la rivoluzione green

Come affrontare con ragazze e ragazzi i temi della sostenibilità ambientale? Oggi ti portiamo alla scoperta dell’Amazzonia, polmone verde del Pianeta, attraverso le parole dell’esperta Ingrid Stanford Dias, con il nuovo podcast “Dialoghi in Agenda”, ideato per accompagnare il progetto editoriale “L’Alternativa in Agenda” di Raffaello Scuola.

LA GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
Istituita nel 1972 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Giornata Mondiale dell’Ambiente viene celebrata ogni anno il 5 giugno a partire dal 1974 con lo slogan “Only One Earth” (una sola Terra). L’obiettivo principale di questa giornata è quello di promuovere azioni globali per la tutela e la salvaguardia del nostro Pianeta, per preservare gli ambienti naturali e tutte le creature che li abitano.

IL PODCAST “DIALOGHI IN AGENDA: DALLA SCUOLA AL MONDO”
In occasione di questa ricorrenza speciale, ti presentiamo un Podcast pensato per la Scuola Secondaria di primo grado, un alleato prezioso per affrontare con i più giovani i temi dell’Agenda 2030 e piantare i primi semi della rivoluzione verde. Uno strumento nuovo e coinvolgente, che cattura l’attenzione con delle vere e proprie “pillole” di sostenibilità che sfruttano la forma dialogica per alleggerire la conversazione e mantenere alta l’attenzione.

In ognuno dei 18 episodi della serie Gaia e Diego, amici e compagni di classe, incontrano esperti ed esperte pronti a rispondere alle loro curiosità e domande sui grandi temi affrontati ogni giorno tra i banchi: la questione climatica, le scelte dell’adolescenza, gli obiettivi dell’Agenda 2030, le professioni del futuro… per alzare gli occhi dalla scuola al mondo!

Ascolta in anteprima il primo episodio “La natura è di tutti!” Gaia e Diego indagano sulla situazione della foresta amazzonica direttamente attraverso le parole dell’esperta Ingrid Stanford Dias.


L’ALTERNATIVA IN AGENDA
Si tratta del primo testo pensato per studentesse e studenti della Scuola Secondaria di primo grado per l’Alternativa alla Religione Cattolica. Un volume unico per i tre anni scolastici, a cura di Francesca Lombardo e Daniela Gagliardini, che offre percorsi multidisciplinari relativi ai temi dell’Agenda 2030 e dell’Educazione civica, ma anche un valido supporto per sviluppare le life skills e sostenere le sfide quotidiane che ogni preadolescente si trova ad affrontare.

Scopri il libro con il Booktrailer!

There is always something new to explore…but “Keep it simple”!

Students should be familiar with the countries where the language originates.

Whether you are a seasoned teacher or new to teaching, there is always something new to explore.

 We all aim to teach our young learners the English language. Constantly, we strive to enhance their vocabulary, improve their spelling and grammar skills. However, it is important to question if our students are familiar with the countries where the language originates from and its culture. For example, which islands are included in the British Isle? What is the Bonfire Night and the Gunpowder plot? Where is the river Thames? Which special days are mostly celebrated? How do people in the UK celebrate Halloween?

The webinar “Keep it simple” on October 13th is centred around the English culture as well as autumn’s festivities and it is designed to assist primary school teachers of English in planning engaging lessons and activities for their students.

The upcoming webinar offers participants an opportunity to gain insight on newly released resources, activities and teaching materials by Celtic Publishing that encompass British autumnal traditions and celebrations.

Are you looking for fresh ideas, worksheets and digital resources to use in your class for Halloween?

Through the pages of “Keep it Simple Culture” and “Keep it Simple Festivities “we will provide ideas and activities that we hope teachers can incorporate into their lesson planning to make their classes more exciting and engaging. Let’s do a “Halloween Dance”, learn a “Halloween rhyme”, find out how to cast the “Witch’s spell”, make some “scary hand sandwiches”, discover “Who’s Who” and see where the “Wandering Ghost” is. Let’s also look at the “Story of Guy Fawkes” and complete a fact file about the Gunpowder plot.

With interactive discussions, practical tips, and useful resources, we will equip you with the necessary tools to make your classroom experience more enriching, fun, and educational as well.

Join us on the 13th of October at 17:00 for this informative webinar that will help you bring the autumn festivities into your classroom.

Sign up now to reserve your spot.

Here is the link: https://raffaelloformazione.it/events/keep-it-simple/

Thank you for your attention, and we hope to see you there!

 

VERSIONE ITALIANO

Che tu sia un insegnante esperto o nuovo all’insegnamento, c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare.

Il nostro obiettivo primario è quello di insegnare ai nostri giovani studenti la lingua inglese. Ci sforziamo costantemente di arricchire il loro vocabolario, migliorare le loro abilità ortografiche e grammaticali. Tuttavia, è importante chiedersi se i nostri studenti abbiano familiarità con i paesi da cui ha origine la lingua e con la sua relativa cultura. Ad esempio, quali isole fanno parte dell’Isola Britannica? Cos’è il “Bonfire Night” e “the gunpowder plot”? Dove si trova il fiume Tamigi? Quali giorni speciali vengono maggiormente celebrati? Come festeggiano Halloween le persone nel Regno Unito?

L’incontro formativo “Keep it simple” del 13 ottobre è incentrato proprio sulla cultura inglese e sulle festività autunnali ed è progettato per supportare gli/le insegnanti di inglese della scuola primaria nella pianificazione di lezioni e attività coinvolgenti per i loro studenti.

Il prossimo incontro formativi offre ai partecipanti l’opportunità di acquisire informazioni sulle risorse, sulle attività e sui materiali didattici appena pubblicati da Celtic Publishing che comprendono le tradizioni e le celebrazioni autunnali britanniche.

Stai cercando nuove idee, schede e risorse digitali da utilizzare in classe per Halloween?

Attraverso le pagine di “Keep it Simple Culture” e “Keep it Simple Festivities” forniremo idee e attività che speriamo gli/le insegnanti possano incorporare nella pianificazione delle loro lezioni per rendere le loro lezioni più emozionanti e coinvolgenti. Facciamo una “Halloween dance“, impariamo una “filastrocca di Halloween“, scopriamo come fare “l’incantesimo della strega”, prepariamo dei “panini spaventosi”, scopriamo “Who’s Who” e vediamo dov’è il “fantasma errante”. Diamo anche un’occhiata alla storia di “Guy Fawkes” e completiamo una scheda informativa sul complotto della polvere da sparo.

Con discussioni interattive, consigli pratici e risorse utili, ti forniremo gli strumenti necessari per rendere la tua esperienza in classe più arricchente, divertente ed educativa.

Unisciti a noi il 13 ottobre alle 17:00 per questo incontro informativo che ti aiuterà a portare le festività autunnali nella tua classe.

Iscriviti adesso per prenotare il tuo posto.

Ecco il link per iscriversi: https://raffaelloformazione.it/events/keep-it-simple/

Grazie per l’attenzione e…hope to see you there!

 keep it simple

Tre #GoodNews per la natura dall’Italia

Per la Giornata Mondiale dell’ambiente, storie da condividere in classe!

La Giornata mondiale della Terra, che si celebra il 22 aprile, è la più grande manifestazione attualmente istituita a favore dell’ambiente, il momento in cui tutti i cittadini del mondo si uniscono per festeggiare la Terra e promuovere la sua salvaguardia. Fortemente voluta dal senatore statunitense Gaylord Nelson e promossa ancor prima dal presidente John Fitzgerald Kennedy, oggi coinvolge ogni anno fino a un miliardo di per­sone in ben 192 Paesi.

Nata il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Come movimento universitario, nel tempo, la Giornata della Terra è divenuta un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.

Condividiamo tre buone notizie dall’italia sulla natura per celebrare questa giornata!

 

1. Il barbagianni sta tornando

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E lo fa nell’ambito di un progetto di reintroduzione voluto e ideato dal Cras – Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo (CN) che ne prevede il ritorno e la diffusione dopo un periodo di relativa assenza dai territori della nostra penisola. Ma qual è la storia di questo elusivo e magnifico predatore notturno, dallo sguardo “civettato” – il termine ben illustra gli occhi del barbagianni, del resto comuni a molti predatori volatili come la civetta e il gufo, o a quattro zampe, il lupo per esempio – dal piumaggio bianco e dalla particolare forma a cuore del volto, fatto per risaltare nel buio della notte e nelle luci incerte del crepuscolo?

Fonte: Lifegate

 

2. Il Parco nazionale del Gran Paradiso ha salvato gli stambecchi

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71 mila ettari di terreno che si sviluppano su due regioni intorno al massiccio del Gran Paradiso, con i suoi 4mila metri di altezza: il Parco nazionale del Gran Paradiso è un territorio vastissimo e scarsamente antropizzato, dove al primo posto c’è da sempre la tutela delle specie che vivono al suo interno. Era l’ex riserva di caccia del re Vittorio Emanuele II ed è stato costituito parco nel dicembre del 1922.

Al momento della costituzione del parco lo stambecco era praticamente estinto, ne rimanevano solo poche centinaia di esemplari, mentre oggi tutto l’arco alpino è stato ripopolato a partire dagli esemplari presenti originariamente sul Gran Paradiso. La specie adesso è fuori pericolo, ma resta minacciata dai cambiamenti climatici
Fonte: Lifegate

 

3.  La ricomparsa del castoro in Italia è una buona notizia

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Il castoro non si vedeva in Italia da 500 anni ed è stato avvistato recentemente nei dintorni di Arezzo. La sua presenza aiuta a stabilizzare i corsi d’acqua e proteggere le zone umide.  La presenza del castoro viene rilevata in aree a elevata naturalità e poco impattate dall’azione dell’uomo, che mantengono un ambiente tale da consentirne la sopravvivenza e la riproduzione.

Il castoro è inserito tra le specie protette indicate dalla Direttiva comunitaria Habitat del Ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica. Per questo il ritorno nell’Italia centrale del più grande roditore d’Europa segna sia un avanzamento della capacità di tutela di fauna e flora, sia il lento abbandono di una cultura predatoria nei confronti di piante e animali.

Era scomparso da secoli a causa dell’eccessivo sfruttamento per la pelliccia, la carne e l’olio prodotto dalle sue ghiandole, il castoreum, che l’animale mischia con l’urina e utilizza per rendere idrorepellente la pelliccia e per marcare il territorio: in realtà non sappiamo molto sulla distribuzione storica del castoro nell’Italia centrale e meridionale, né delle cause che hanno portato la specie all’estinzione. Presumiamo che le principali siano quelle appena menzionate, le stesse che ne hanno causato il declino e l’estinzione in altre aree d’Europa”, dice Andrea Monaco, zoologo di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale).
Fonte: Wired/Rivista Natura

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Parità di diritti, zero stereotipi, libertà di scelta

Il lento cammino delle pari opportunità

Il 16 giugno 1963 Valentina Tereshova partì per una missione nello spazio. Fu la prima donna del mondo ad affrontare una simile avventura. In Italia, la prima donna a volare nello spazio è stata Samantha Cristoforetti la cui missione iniziò nel 2014.

L’espressione “primo uomo”, riferita a un avvenimento particolare, denota una persona di sesso maschile che compie per la prima volta in assoluto un’impresa memorabile. La “prima donna” invece insegue un numero consistente di uomini che l’hanno preceduta nella storia di una particolare disciplina.

La prima donna a laurearsi fu Elena Lucrezia Cornaro che conseguì la laurea in filosofia a Padova nel 1678. Nel 1900 fu ammessa alle Olimpiadi di Parigi la tennista Charlotte Cooper, prima donna a partecipare alle competizioni. La prima donna che diventò medico fu Elizabeth Blackwell che conseguì il titolo nel 1949 negli Stati Uniti. La prima donna a diventare primo ministro fu Sirimavo Bandaranaike, originaria dello Sri Lanka, nel 1960. La prima donna in Italia a diventare ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale fu Tina Anselmi nel 1976. Si può continuare così, allungare l’elenco con figure più o meno curiose e interessanti di donne che comunque furono prime tra le persone del loro sesso, ma che arrivarono sempre molto dopo gli uomini.

Lo stupore e l’interesse che suscita l’avvento delle “prime donne”, cui si dedicano pubblicazioni e convegni, se da un lato ha il merito di illuminare la vita di persone eccezionali, dall’altro potrebbe rinforzare lo stereotipo dell’eccezionalità di queste donne. Infatti, quando la parità dei diritti e delle opportunità sarà davvero raggiunta, non sarà più necessario sottolineare il sesso di chi ha compiuto un’impresa significativa. Se “il primo uomo” è primo fra tutti e tutte, la “prima donna” è prima solo fra le donne ed è questo il limite culturale, narrativo e linguistico che impedisce un ulteriore passo avanti nell’equiparazione sociale dei sessi.

Si presume che le “prime donne” siano state spinte ad affrontare difficoltà e pregiudizi per una sorta di ribellione a un destino predeterminato, ipotesi probabile ma riduttiva. In realtà, esse seppero coltivare e realizzare un desiderio che apparteneva solo a loro, a dar corpo a un sogno profondamente personale che avevano riconosciuto dentro di sé. Non erano solo “bambine ribelli”, ma anche e specialmente persone appassionate, con uno scopo che valorizzava la loro vita. L’educazione delle bambine, delle giovani donne raramente prevede proprio questo obiettivo fondamentale: aiutare a riconoscere e a realizzare un’aspirazione per piacere a se stesse prima che agli altri.

Lo stereotipo della donna come ancella, come figura con un ruolo fissato dal sesso di appartenenza, si determina quando il piacere agli altri (e specialmente agli uomini) diviene lo scopo dell’esistere. Se è vero che anche gli uomini possono sviluppare delle insicurezze legate alla necessità di compiacere, essi possono tuttavia avvalersi di un falso primato sottilmente sotteso di sesso dominante al quale centinaia di anni di educazione in tal senso li hanno abituati. Mentre un uomo sufficientemente agguerrito e motivato può realizzare se stesso in quanto persona, una donna spesso si vede costretta ad abdicare alla propria natura e ad assumere caratteristiche maschili per raggiungere, con molta più fatica, ruoli sociali e lavorativi di alta professionalità e responsabilità. Per un uomo, l’accusa di mostrare tratti femminili nel carattere e nel comportamento, significa una diminuzione di valore. Al contrario, tratti di carattere prevalentemente attribuibili ai maschi sono considerati per le donne un valore aggiunto. Lo testimoniano il linguaggio e le consuetudini: dire a un bambino che è “una femminuccia” significa sminuirlo; dire a una bambina che è “un maschiaccio” significa riconoscere bonariamente la sua capacità di imporsi e la sua forza. “Femminuccia” risulta offensivo, “maschiaccio” invece è un termine accettabile che perfino aggiunge un certo valore a una bambina considerandola indomita, coraggiosa e anticonformista.

L’essere umano appartiene al mondo naturale, è collegato con tutte le specie del nostro pianeta. Un darwinismo spinto lo equipara agli insetti, ai pesci, ai lupi: per gli animali vige la legge del più forte e solo i più forti sopravvivono; non sono importanti gli individui se non in quanto appartenenti a una specie cui assicurare la conservazione; i ruoli riproduttivi sono quasi sempre fissi. Nelle specie ad alto tasso di socialità come le api e le formiche, gli individui che lavorano sono privi di sesso. L’essere umano, tuttavia, rappresenta un unicum: è capace di cambiare il proprio ruolo all’interno della società, riconosce in sé negli altri una parte spirituale che va oltre le leggi della natura, un valore individuale che lo spinge, quando esprime il massimo della propria moralità, a proteggere i suoi simili e a riconoscere il valore fondamentale della vita di ciascuno. è un percorso complesso, spesso contraddittorio, in cui non sempre l’altissimo obiettivo della giustizia e dei diritti umani è perseguito e conseguito. Piegare gli individui a un ruolo prefissato dal sesso, dal denaro e dal potere è storia antica e contemporanea.

L’imitazione distorta delle leggi naturali comporta aberrazioni di cui si ha notizia recente: in India, secondo un reportage di France Tv, nel distretto della produzione dello zucchero di canna, “il 36% delle lavoratrici agricole sono senza utero dopo aver subito un intervento di ablazione totale, spesso anche in giovane età, per trovare un’occupazione ed essere più produttive” (sul quotidiano La Stampa, 19 maggio 2022). Le donne vengono private degli organi genitali interni per eliminare i problemi legati al parto e ai dolori mestruali in modo da aumentare la produttività in condizioni di lavoro durissime che prevedono dieci ore sotto il sole cocente e un solo giorno di riposo al mese. Ecco degli esseri umani trasformati in formiche operaie in nome del profitto.

Dall’altro canto, anche le leggi religiose e culturali possono comportare aberrazioni. L’infibulazione menoma gravemente le donne con l’escissione degli organi genitali esterni per impedire i rapporti sessuali prima del matrimonio.

Nel 2021, in Italia, 103 donne sono state assassinate dai compagni (dati Istat) mentre dall’ inizio del 2022 le vittime di femminicidio sono state 21. Quasi sempre il motivo degli omicidi riguarda il fatto che la donna desiderava separarsi dal compagno.

Se è vero che la storia racconta di orrori, oppressione, sfruttamento, si può affermare che, a farne le spese, sono state più le donne che gli uomini. Eppure e per fortuna un po’ alla volta, con regressioni, errori, difficoltà, si sta affermando una mentalità diversa per cui bambine e donne sono destinatarie di una riflessione rispettosa e profonda. Basta sfogliare i libri destinati all’infanzia e all’adolescenza a partire da quelli pubblicati nel primo Novecento a quelli contemporanei per comprendere quanta strada si sia percorsa per superare gli stereotipi e conquistare la parità dei diritti. C’è ancora strada da fare, ci sono pregiudizi da superare, stereotipi da distruggere. Si può fare con la consapevolezza e con l’educazione. Donne e uomini insieme possono cambiare le filastrocche, realizzare se stessi, mettere al mondo figli amati a cui sia garantita la ricerca della felicità.

Educare alla pace

Per contrastare ed evitare i conflitti

Aprire la riflessione su conflitto, disponibilità al confronto, relazione educativa, vuol dire riflettere su temi cruciali e irrinunciabili che possono aiutare a trovare risposte nell’impegno a orientare lo sviluppo armonico e integrato della personalità nei contesti educativi, in un tempo di grandi emergenze fatte di guerre, sopraffazioni e violenze, in cui sembra smarrirsi il concetto stesso di umanità.

La parola conflitto è una parola che sentiamo immediatamente avversa, una parola negativa che richiama la guerra, gli stermini che attanagliano in questi giorni un’umanità aggredita, oppressa, a cui sono negati i diritti fondamentali. Ad esplorare la portata vasta di questa parola, considerandone la valenza articolata per chi si interessa di educazione, ecco la possibilità di accedere a un concetto che riguarda l’educazione alla Pace come progetto per contrastare ed evitare i conflitti.

Pensare il conflitto vuol dire tenere insieme e distinguere la dimensione di tensione che provoca contrasti interiori nel soggetto, pulsioni contrapposte che inducono sofferenze a livello psichico, situazioni di antagonismo a livello di gruppi sociali, conflitti di interesse che generano opposizioni e degenerano in lotte e scontri relazionali.

Così i conflitti legati alla conquista della supremazia economica e politica possono riguardare non solo gruppi ristretti ma intere popolazioni e diventare guerre fratricide e di sterminio.

È indispensabile e urgente, sul piano umano e comunitario, riflettere sul significato dell’essere in opposizione per scoprire i percorsi di esperienza positiva a livello di relazioni tra le persone, soprattutto tra i soggetti in formazione, nei contesti di lavoro, di apprendimento, di vita sociale.

Situazioni conflittuali sono sempre situazioni di disagio, di contrasto, che rischiano di diventare insanabili e che impediscono la realizzazione di un benessere da condividere.

Vogliamo perciò tentare di esplorare il concetto di “conflitto” per trarne armi di pacificazione, strumenti di costruzione di relazioni positive, efficaci a livello emotivo, cognitivo e sociale.

 

Quale ruolo può assumere il conflitto in educazione? Come trasformare un’esperienza conflittuale in un’esperienza di crescita umana? Si può insegnare e apprendere a litigare? Si può far fiorire la pace negli individui in formazione?

Quando bambine e bambini litigano, è possibile aiutarli a diventare consapevoli della situazione di conflitto in cui agiscono?

“Io non vinco tu non perdi” può essere un obiettivo? La pratica della didattica a distanza, le trasformazioni nella gestione della classe, correlate all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia per covid-19, hanno modificato l’esperienza del litigio e del conflitto nell’età evolutiva, rendendo queste esperienze maggiormente problematiche e limitanti.

Dalle ricerche in campo psicologico sappiamo che il conflitto è determinante nei processi di cambiamento, di adattamento e sviluppo perché riguarda sempre la dimensione comunicativa e l’opportunità di scambio sociale e di dialogo. Il conflitto può essere gestito per mezzo di una molteplicità di strategie che permettono riconoscere i motivi che generano il conflitto stesso, sempre legati all’incompatibilità di obiettivi considerati non reciproci.

I bambini, come gli adulti, litigano per il possesso di beni e oggetti, per la non accettazione di comportamenti e opinioni, per la violazione di regole definite. L’opposizione, anche la più rigida e la più insanabile, può, tuttavia, essere negoziata e risolta, senza che l’opposizione termini per vittoria di una parte sull’altre o per abbandono e rinuncia ai propri obiettivi.

Ecco allora l’importanza di un contesto comunicativo aperto, in cui la comprensione delle ragioni reciproche, le argomentazioni, le spiegazioni, possano condurre alla risoluzione del contrasto come assunzione di un nuovo punto di vista condiviso.

Pratiche molto efficaci, in uso nella scuola e nelle situazioni formative in genere, riprendono i principi dell’ascolto attivo, della negoziazione, della valorizzazione dell’intelligenza emotiva e della capacità di argomentare. Per questo a scuola risulta molto importante il ruolo dell’insegnante, che può aiutare le alunne e gli alunni ad accrescere la fiducia in loro stessi, non litigando e aggredendo ma dialogando, forti di mature competenze linguistiche e modalità comportamentali in cui ascoltare, comprendere, rispettare siano abilità acquisite e sperimentate anche in modo laboratoriale.

Si può imparare a litigare attraverso situazioni conflittuali che sono tali a livello di metodo, per maturare la consapevolezza della situazione stessa e del proprio possibile intervento.

 

Gli alunni e le alunne devono apprendere a parlare del litigio che li ha coinvolti (“È mio!”, “Ho preso prima io il pallone!”, “Hai sbagliato tu!”), per diventare capaci di ritrovare l’accordo con gli amici. Il ruolo degli adulti non diventa un aiuto significativo se si impone con una soluzione dall’alto o con la ricerca del colpevole.

Poiché ogni litigio riguarda sempre le relazioni interpersonali, queste relazioni devono essere considerate finalità di costruzione e ricostruzione di un rapporto sereno, collaborativo e riflessivo.

Ogni conflitto chiama in causa la volontà e l’intenzionalità di modificare una situazione e deve attivare la motivazione a ritrovare quel clima di fiducia e di serenità compromesso. Si tratta di cambiare una situazione, di ristabilire un equilibrio che riguarda non solo il rapporto con gli altri ma anche il rapporto con se stessi.

A scuola dobbiamo scegliere il valore della pace come tempo e spazio di educazione.

Il valore dell’educazione in natura

10 attività secondo il Metodo Montessori

Del Metodo Montessori si parla molto, ma si dice poco del pensiero di Maria Montessori circa la natura.

Sapevate che già un secolo fa, sosteneva che i bambini trascorrevano troppo poco tempo a contatto con la natura?

Maria Montessori  aveva intuito il legame speciale che esiste tra infanzia e natura, evidenziandone le importanti potenzialità educative e sviluppandone l’applicazione fino al percorso educativo adolescenziale.

Nei suoi scritti, Maria Montessori si sofferma molto sul forte divario che separa la vita naturale e quella sociale dell’uomo civilizzato e soprattutto su quanto questo aspetto condizioni in modo rilevante lo sviluppo infantile e non solo.

Nel capitolo “La natura nell’educazione” contenuto ne “La scoperta del bambino”, scrive:

Nel nostro tempo e nell’ambiente civile della nostra società, i bambini… vivono molto lontani dalla natura ed hanno poche occasioni di entrare in intimo contatto con essa o di averne diretta esperienza”.

Invece, afferma la Montessori, bambine e bambini hanno bisogno di vivere naturalmente, di “vivere” la natura e non soltanto di conoscerla, studiandola o ammirandola.

E non basta introdurre l’igiene infantile, l’educazione fisica, una maggiore esposizione dei bambini e delle bambine all’aria libera, perché “Il fatto più importante risiede proprio nel liberare possibilmente il fanciullo dai legami che lo isolano nella vita artificiale creata dalla convivenza cittadina”.

Ci sono ancora troppi pregiudizi, su tale argomento, perché tutti ci siamo fatti volontariamente prigionieri, e abbiamo finito con l’amare la nostra prigione e trasmetterla ai nostri figlioli. La natura si è a poco a poco ristretta, nella nostra concezione, ai fiorellini che vegetano, e agli animali domestici utili per la nostra nutrizione, pei nostri lavori, o per la nostra difesa. Con ciò anche l’anima nostra si è rattrappita…”.

E prosegue: “La natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio”.

Maria Montessori aveva avuto modo di osservare i bambini e le bambine giocare all’aperto nei giardini froebeliani. Immediatamente si era accorta del loro legame magico con la natura.

Nei giardini froebeliani (idea che poi la Montessori condividerà e porterà nelle sue Case dei bambini), potevano sperimentare in modo diretto il ciclo di vita delle piante, realizzando dei veri e propri orti e, quando possibile, allevando piccoli animali da cortile. Nelle strutture senza spazi adeguati ci si muniva di vasi.

Montessori spiega così che l’educazione nella scuola deve dare al bambino “motivi di attività, e insieme conoscenze che lo interessino” perché “il bambino, che è il più grande osservatore spontaneo della natura, ha indubbiamente bisogno di avere a sua disposizione un materiale su cui agire”.

Gli educatori e le educatrici devono prestare attenzione a non portare i pregiudizi degli adulti anche nelle attività da svolgere in mezzo alla natura. “Ci siamo fatti un’idea troppo simbolica dei fiori: e ci adoperiamo più ad adattare l’attività dei bambini alle nostre idee, che a seguire il bimbo per interpretare i suoi veri gusti e bisogni… Essi desiderano compiere grandi lavori, e mettere in diretto rapporto la loro attività con i prodotti della natura… I bambini sono profondamente contenti di agire, di conoscere, di esplorare, anche indipendentemente dalla bellezza esteriore”.

Parlando di educazione nell’adolescenza, la natura secondo Maria Montessori è fondamentale nel percorso di preparazione ad una vita adulta partecipata e responsabile. Qualsiasi progetto educativo dovrebbe, secondo la pedagogista, coinvolgere l’ambiente naturale in quanto elemento di crescita soprattutto per i valori che la natura trasmette.

Educazione ambientale non significa solo insegnare nozioni sulla natura e sulla salvaguardia dell’ambiente, ma suscitare l’interesse delle ragazze e dei ragazzi verso l’ambiente, fare cioè in modo che si sentano parte di un macrocosmo vivo e pulsante.

Introdurre la natura nell’educazione non deve servire quindi solo a studiarla: l’educazione deve far “vivere la natura” per alimentarne il “sentimento”, al fine di acquisire sin dall’infanzia una coscienza “cosmica” che porti poi, naturalmente, l’individuo adolescente a partecipare attivamente e fattivamente alla vita sociale. Così sarà in grado di contribuire da adulto, alla “elevazione” dell’intera società umana.

Prendersi cura degli animali e delle piante, secondo Maria Montessori, è fonte di grande soddisfazione: sapere che qualcuno ha bisogno di loro e che il loro lavoro produce la vita è un forte incentivo alla responsabilizzazione ma anche allo sviluppo emotivo, alla capacità di immaginare e controllare le emozioni.

L’educazione ambientale è una piccola parte di quella che sarà l’educazione cosmica teorizzata da Maria Montessori. Si può imparare molto dalla natura: la pazienza, la curiosità, i legami tra le cose.

Quali sono le attività più semplici e accattivanti da far svolgere in contesto naturale a bambini e bambine?

Le possibili attività da svolgere nell’ambiente naturale sono numerose e diversificate e possono rientrare all’interno della categoria delle attività di “vita pratica” suggerite dall’approccio montessoriano. 

Passeggiare nel bosco, creare con gli elementi della natura, servirsi di elementi naturali per studiarne le forme e i colori, costruire un terrarium, dipingere con piccoli rametti, arrampicarsi sugli alberi, sono solo alcune delle esperienze che bambine e bambini possono sperimentare in natura.

Di seguito abbiamo raccolto alcune delle attività, ispirate alla pedagogia montessoriana, per educare alla bellezza della natura e scoprirne la magia.

  1. LA MATEMATICA CHE PUOI VEDERE
    Imparare ad osservare la natura in numeri e forme è molto stimolante: si possono contare i petali dei fiori, il numero delle spirali di un girasole, il numero dei semi di una pigna, che potrà poi essere utilizzata per fare le sottrazioni o le addizioni; infine si può individuare la spirale logaritmica in natura (in una conchiglia, nella forma di un uragano e in quella delle galassie…) e scoprire che tutto è magicamente collegato.
  1. LA CACCIA DEI COLORI
    Dopo aver preparato una scheda con alcuni colori, consegnatela ai bambini e alle bambine con un compito speciale: andare a caccia di elementi naturali del colore corrispondente per una caccia al tesoro dedicata alle sfumature del mondo!
  1. IL NOSTRO ORTO
     Vita pratica? Tra le attività più puramente pratiche per raggiungere l’indipendenza il giardinaggio è tra quelle più affascinanti, divertenti ed educative. Creare un piccolo orto da coltivare e curare insieme è un’attività che permette di scoprire molto sui cicli della vita. Piantare semi, vederli germogliare e occuparsene è una grande emozione!
  1. SPERIMENTARE CON L’ACQUA
    Travasi, acqua che scorre, imbuti, cucchiai e bacinelle: i bimbi scoprono il mondo anche giocando con l’acqua, elemento base della vit.
  1. ARRAMPICARSI SUGLI ALBERI
    Ottima per lo sviluppo muscolare e stimolare l’equilibrio. Da fare: accantonare l’apprensione e favorire la fiducia, lasciando bambini e bambine libere di misurarsi con le proprie abilità e con i propri limiti.
  1. RAMOSCELLI PER DIPINGERE
    Si possono creare dei pennelli molto divertenti, con piccoli rami sottili o aghi di pino da legare bene intorno a rametti più rigidi. Quante tipologie di pennello! Quanti effetti diversi da creare! Spazio alla fantasia e all’intuizione.
  1. LA CACCIA AL TESORO CON LE PAROLE
    Niente di meglio di una passeggiata in natura per allenare il linguaggio, la capacità narrativa, il vocabolario e l’espressività: descrivete quello che si osserva, raccontate la storia degli alberi che incontrate, oppure una divertente caccia al tesoro di parole (provate a trovare un determinato fiore, una pianta, un sasso, una foglia…).
  1. IL MEMORY DELLA NATURA
    Munirsi di scatoline con coperchio e raccogliere coppie di piccoli elementi naturali uguali. Dopo aver osservato, si chiudono le scatoline e inizia il gioco! Vince chi accoppia più elementi uguali. Questo gioco aiuta i bambini a sviluppare la capacità di osservazione, di memoria e di riconoscimento.
  1. DISEGNARE CON LA NATURA
    Prima si parte in missione per raccogliere tanti elementi della natura, poi si utilizzano per creare persone, animali, volti o altre figure fantasiose, per favorire l’immaginazione e divertirsi a creare con ciò che la natura ci offre.
  1. LE BOTTIGLIE SENSORIALI
    La missione questa volta sarà raccogliere rametti di piante diverse e inserirli in bottiglie e riempite d’acqua insieme a glitter colorati. Questo lavoro insegna a riconoscere le diverse piante divertendosi poi a scuotere le bottiglie per vedere lo scintillio del glitter intorno ai rametti.

Educazione civica come educazione alla libertà

Rendere viva la Costituzione italiana e formare persone libere

L’educazione civica dovrebbe avere come centro, come cuore, la Costituzione Italiana.

Nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale per opera delle madri e dei padri costituenti, la Carta  si basa sulla partecipazione libera e consapevole dei cittadini alla vita del Paese e prescrive come sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscano tale partecipazione. Uno di questi ostacoli è, con tutta evidenza, la poca o nulla conoscenza della Costituzione stessa in cui vi appunto sono espressi, con chiarezza e con un linguaggio accessibile a tutti, i diritti e i doveri di ciascuno di noi.

Ragazzi e ragazze dovrebbero avere una doppia dimestichezza con la Costituzione: sapere quali sono i principi fondamentali su cui essa si basa e attuare quelle azioni che permettano di metterla in pratica. Se l’insegnamento teorico dell’educazione civica è importante per essere davvero cittadini italiani e non solo ospiti inconsapevoli del territorio, senza azioni concrete esso diventa un mero esercizio scolastico, concluso da una valutazione finale analoga a quella che potrebbe meritare un esercizio di grammatica o un test di aritmetica.

L’apprendimento delle azioni concrete avviene, durante tutta l’età evolutiva e forse anche oltre, specialmente per mezzo dell’esempio.

Si può affermare senza cadere nella retorica che l’insegnante incarna, con il proprio comportamento, i principi costituzionali. Se i suoi atti contraddicono le sue parole, queste ultime risultano vuote di reale significato. Creare un ambiente senza disuguaglianze, fare in modo che siano rimossi gli ostacoli che impediscono agli allievi di partecipare pienamente alla vita scolastica significa applicare i valori espressi nella Carta.

Se la libertà personale rappresenta il valore irrinunciabile di una democrazia, essa dovrebbe essere anche il fondamento della scuola. La libertà non si può insegnare a persone che non sono in grado di pensare con la propria testa, di accedere a un’informazione corretta, di esprimere le proprie idee, di rincorrere quei sogni, quei desideri, quelle speranze che rendono la vita degna di essere vissuta. Inoltre, non è certo libero l’allievo cui non sia concesso di valorizzare i talenti dei quali è dotato, talenti che non sempre corrispondono agli standard stabiliti dal programma. E, nonostante la Costituzione affermi nell’articolo 33 che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” non è certo libero quell’insegnante che antepone programmi, aspettative, risultati all’unicità di ciascun allievo.

In un ambiente scolastico e in un Paese ideali, esercitare la propria libertà e, nello stesso tempo, riconoscere la libertà altrui significa evitare qualsiasi forma di prevaricazione. Non è perciò abbastanza corretto affermare che “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”, ma è meglio essere consapevoli che siamo liberi se sono liberi anche gli altri: in una galera il carceriere, pur potendo comandare e sottomettere, non è meno prigioniero del carcerato. Per fare un esempio molto semplice, in genere un allievo, per andare in bagno, deve chiedere il permesso all’insegnante. Da studentessa prima e da docente, in seguito, ho sempre ritenuto umiliante questa prassi, umiliante per ambedue i soggetti. Un allievo dovrebbe andare in bagno senza chiedere il permesso, ma rispettando un paio di regole: uscire uno alla volta, attendere la fine di una spiegazione importante, a meno che non ci sia un’urgenza. Sembra una sciocchezza, ma è anche su questo che si basa la quotidianità della comunità scolastica. È necessario, perciò, scardinare tutti quei pregiudizi e convenzioni, che, nell’ambito della scuola, imprigionano parimenti allievi e docenti e limitano di fatto la libertà personale.

Del resto, l’educazione civica mira a formare cittadini non sudditi. E un/una insegnante, che antepone le regole burocratiche all’allievo e al proprio lavoro educativo e didattico, non può formare cittadini consapevoli.

A volte, nella scuola, si perpetuano delle abitudini su cui non si riflette. Una tradizione ha un valore in quanto storia, non perché debba essere immutabile.

L’educazione civica come esempio è perciò la conditio sine qua non per rendere viva la Costituzione e per formare persone libere. La libertà favorisce l’azione creativa e rende responsabili. Gli esecutori di ordini, coloro che credono di non avere scelta, sono privi di qualsiasi senso di responsabilità.

La libertà diventa un argomento scivoloso al pari di quello che tratta dei diritti e dei doveri quando il punto di partenza siamo noi: noi desideriamo la nostra libertà, vogliamo che siano riconosciuti i nostri diritti personali o di categoria e, in genere, ci diamo da fare per questo.  Cambiando il punto di vista, se tutti invece ci dessimo da fare per la libertà altrui, per i diritti altrui? Se avessimo solo dei doveri? Lo affermò con estrema lucidità la filosofa Simone Weil che, ne La prima radice (edizioni SE) scrisse: Non ha senso dire che gli uomini abbiano dei diritti e dei doveri a essi corrispondenti. (…) Un uomo, considerato di per se stesso, ha solo dei doveri, fra i quali si trovano certi doveri verso se stesso. Gli altri, considerati dal suo punto di vista, hanno solo dei diritti. A sua volta egli ha dei diritti quando è considerato dal punto di vista degli altri, che si riconoscono degli obblighi verso di lui.

È pur vero che un simile modo di considerare l’altro sembra appartenere a un mondo ideale, a un’utopia, ma spesso è l’idea che dà forma al pensiero e che guida l’azione. Mi sembra si possa almeno tentare di realizzare quelle visioni che potrebbero migliorare il mondo, invece di rassegnarsi a una piatta consuetudine. La rivoluzione fatta a suon di forconi finisce spesso nel modo descritto da Orwell ne La fattoria degli animali oppure così come afferma il motto del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.

La rivoluzione delle idee (da non confondere con le ideologie!), che favorisce un mutamento di prospettiva, ha una potenza secolare se non millenaria. Basti pensare a come, dopo la diffusione dei Vangeli, cambiarono i rapporti umani e la concezione del bene e del male. Quindi possiamo accontentarci di propinare agli allievi un certo numero di ore di “educazione civica” con tanto di programma e di verifiche, con l’illusione di aver fatto il nostro dovere e di aver meritato lo stipendio a fine mese, oppure possiamo crederci davvero e rendere l’educazione civica un’iniziazione a una vita migliore.

L’educazione civica dovrebbe condurci alla pratica di idee nuove, oppure di idee che tanto nuove non sono, ma che non abbiamo mai applicato del tutto o in parte, così come risultano inapplicati o applicati solo in parte alcuni principi costituzionali. È evidente che c’è ancora molta strada da fare per realizzare le idee che ispirarono le madri e i padri costituenti. Alcune sono rimaste fisse sulla Carta, ma non sono state attuate, tanto che, ancora ai giorni nostri, si rende necessario, per esempio, trovare dei modi per rendere effettiva la parità fra i sessi, oppure per assicurare un’autentica libertà di stampa.

Quest’ultima necessità è tanto più urgente quanto più le nuove tecnologie, pur assicurando da un lato una diffusione vastissima delle notizie e la conoscenza di ciò che accade nelle zone più sperdute del pianeta, dall’altro propinano un’informazione drogata dalle cosiddette fake news e comportano un controllo capillare sulle persone. Bene ha fatto quindi il legislatore nell’introdurre il tema nell’educazione civica, perché i giovani (e non solo), anche se sono abilissimi nell’uso dello strumento tecnologico, non sempre possiedono gli strumenti mentali per discernere, comprendere, discriminare. E il problema diventa maggiore in quanto neppure i docenti sono in grado di verificare l’autenticità di alcune informazioni che sono scelte in base agli interessi e anche ai pregiudizi di chi le cerca.

Un altro tema, fondamentale per la qualità della vita e perfino per la nostra sopravvivenza, è la protezione dell’ambiente. L’8 febbraio 2022 la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale sulla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, integrando l’articolo 9 della Costituzione che determina la protezione del paesaggio. Inoltre, è stato riformato anche l’articolo 41, in cui si ribadisce che la libera iniziativa economica non deve recare danno alla salute e all’ambiente. Come ho già affermato, l’insegnamento dell’educazione civica passa in prevalenza attraverso l’esempio e l’azione. Non è sufficiente spiegare agli allievi che il territorio deve essere protetto, ma bisogna attuare comportamenti e progetti per cambiare il modo di rapportarsi con i luoghi dove si vive. In questo caso, il luogo principale è la scuola con suoi annessi.

Qui avvengono spesso sprechi di materiale, di acqua, di carta, di energia che sono diventati una brutta abitudine e, come tutte le abitudini, una consuetudine invisibile. Dal cibo buttato nelle mense scolastiche alla carta utilizzata per qualche scarabocchio, dai rubinetti lasciati aperti nei bagni ai cestini colmi di materiali eterogenei, dalle luci dimenticate accese nelle aule vuote alla ridondanza delle fotocopie, dal verde violato, strappato, deperito nei giardini (quando ci sono) alle colonne di auto con il motore acceso che si forma all’uscita e all’entrata delle scuole: da tutto questo possono costituirsi progetti di miglioramento, di sensibilizzazione e di protezione che rappresentano un percorso attivo di educazione civica.

Non si tratta, quindi, di sottrarre ore alle altre discipline per inventarsi una nuova materia, ma di fare meglio e con più consapevolezza ciò che già si intraprende in molte scuole in modo estemporaneo e in base alla buona volontà dei singoli insegnanti. Ora tutto il corpo docente è chiamato a educare se stesso e gli allievi a una cittadinanza libera, partecipata, informata. Mi sembra sia questo il discrimine introdotto dalla legge 92 del 2019 e dalle linee guida del decreto 35 del 2020: l’educazione civica non è più un complemento delle altre discipline, ma un’azione discussa e programmata insieme per formare cittadini responsabili che abbiano compreso e maturato i valori della legalità, della solidarietà e della partecipazione democratica.

Gli insegnanti hanno spesso l’impressione di fare le nozze con i fichi secchi, così come recita il detto popolare. La scuola è caricata di un sempre maggior numero di incombenze e di responsabilità, spesso deve sostituirsi a una famiglia assente o insicura. La società diventa più complessa, aumentano i problemi. Se gli attrezzi del mestiere di insegnante rimangono quasi primitivi, se gli ambienti scolastici, gli spazi, i sussidi si riducono a causa dei tagli delle spese e del fatto che la scuola non è considerata un investimento per il futuro, ma un debito per il presente, ebbene, il lavoro diventa difficoltoso e ci si scoraggia. Una legge, per quanto efficace e lungimirante, senza adeguati finanziamenti rimane quasi lettera morta. La formazione dei docenti inoltre è quasi sempre teorica e burocratica: indica degli obiettivi, propone griglie e format di programmazione e di valutazione, ma non suggerisce quasi mai percorsi e azioni. 

Credo sia giunto il momento che i docenti prendano in mano la situazione da cittadini consapevoli esercitando la libertà di insegnamento prevista dalla Costituzione,  abbandonando la brutta abitudine di accettare che tutte le decisioni e le scelte siano fatte per loro da qualcun altro. Consapevoli di essere non i frammenti di un’istituzione gerarchica incollati a malapena insieme come un vaso rotto, ma un organismo di professionisti uniti da uno scopo nobile e fondamentale, un corpo i cui organi funzionano bene se stanno tutti bene.

Una rivoluzione delle idee può essere il fondamento di una scuola più fresca, libera, felice. Sì, felice perché, in fondo, lo scopo della democrazia dovrebbe essere quello di fondare una società mite, gioiosa, dove l’apprendimento nutra non solo il corpo avendo come finalità il successo lavorativo e personale, ma soprattutto lo spirito e dove l’accoglienza e l’uguaglianza siano tanto realizzate quanto divenga superfluo affermare che lo debbano essere.

Shoah: come parlarne con le classi della Scuola Primaria?

Materiali per affrontare l’argomento, dalla prima alla quinta

Nel corso dell’anno ci vengono proposte molte giornate speciali, che si dividono in giornate Nazionali, cioè decise dal nostro Stato, e giornate Internazionali, cioè stabilite dalle organizzazioni sovranazionali. Sono momenti di riflessione che ci invitano a ricordare qualcosa di bello che è successo in passato oppure a celebrare qualche importante accadimento della storia dell’umanità, oppure nascono con lo scopo di farci riflettere sull’importanza dei delle relazioni, dei diritti, degli affetti, oppure per metterci in guardia contro pericoli che possiamo correre, noi e il mondo che ci circonda.
Ce ne sono però alcune che ci invitano a ricordare degli eventi che preferiremmo non fossero mai accaduti. È il caso del Giorno della Memoria, che viene celebrato in tutto il mondo il 27 gennaio.
Il 27 gennaio è una data simbolica: proprio in quel giorno del 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, furono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz in Polonia e tutto il mondo conobbe davvero quali orrende azioni aveva fatto in molti Paesi d’Europa il governo nazista, guidato da Adolf Hitler.
Progressivamente si scoprì che furono milioni le persone rinchiuse e uccise nei campi di concentramento nazisti. Questo sterminio viene definito Olocausto (una parola che significa “estremo sacrificio”). Sei milioni di queste vittime innocenti erano ebrei: il loro sterminio viene chiamato Shoah (cioè “distruzione” in ebraico).
 
PERCHÉ È IMPORTANTE PARLARE CON I NOSTRI ALUNNI DI UN EVENTO COSÌ DOLOROSO CHE HA SEGNATO L’UMANITÀ INTERA?
Perché parlare di Olocausto non vuol dire parlare solo di morte. Ma anche e soprattutto di speranza, di solidarietà e di supporto reciproco. Le storie che ci giungono attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, le vicende narrate dai libri o dai film che propongono storie vere o romanzate sono intrise di esempi eroici di generosità, di sacrificio della propria vita per la salvaguardia di quella degli altri, di calore umano, di condivisione e di amore.
È per questo che dobbiamo parlarne coi nostri alunni e alunne: perché sappiano che esiste sempre la possibilità di scegliere la via dell’amore e della solidarietà, perché crescano nella fiducia, sicuri che la speranza è una luce in grado di illuminare anche le notti più buie.
Naturalmente l’argomento, essendo potenzialmente molto doloroso, va affrontato con gradualità e delicatezza, adeguando i contenuti all’età degli alunni.
A seguire trovate il link ad alcune attività, suddivise per classi, che ho proposto nel corso degli anni per i miei alunni: video, film, libri, conversazioni…
 
 
Il 27 gennaio sarà anche il giorno in cui le classi potranno collegarsi in diretta live con la scrittrice Paola Valente, un incontro speciale per parlare della Shoah attraverso la testimonianza della parola scritta. Scopri l’iniziativa!
Ed è proprio con le parole di Liliana Segre che mi piace chiudere questa riflessione:
 
“Avevo scelto, quasi in modo automatico, bestiale, irrazionale, infantile – in fondo ero ancora una bambina – e nello stesso tempo in modo maturo, vecchio, ottuagenario – in fondo ormai tale ero diventata – avevo scelto di non essere lì, perché era la realtà intorno a me che era inaccettabile. Avendo scelto la vita – ho sempre scelto la vita e anche adesso che sono vecchia scelgo la vita. Non potevo accettare la morte intorno a me e quindi avevo scelto di non vedere. Avevo scelto di essere una stellina.”
 

 

Start as you mean to go on

Encourage Children to Respect the Environment

Start as you mean to go on. It’s a common English expression and never is it more relevant for teachers than at this time of year, when we are full of enthusiasm, good intentions and ideas of how to motivate and connect with our students.   If we really do succeed in starting as we mean to go on, then we will continue to work throughout the whole school year and consistently maintain this enthusiasm with which we start in September.
I try to do this every year, although I don’t always succeed. This year, however, will be different. It will be different because of a chilling news headline from August which I simply can’t get out of my head.
“A code red for humanity” was the title I read which introduced the  publishing of the UNs document on the effects of human behaviour on global warming.
It was the word “humanity” which struck me; a word which includes everyone and excludes noone. It is a word which includes me the teacher, my colleagues  and every single  one of my pupils.
So it is time to raise my head and act. I have decided: I am going to be the colleague who drives everybody crazy, going on and on at every planning meeting about reducing, reusing and recycling. I am going to be the teacher who reminds my pupils every single lesson of how we are all responsible for reducing carbon emissions and  how every action counts and I am going to lead by example. I HAVE TO, I AM PART OF HUMANITY.
The ideas are tumbling around in my head: it’s time to cut the excess: fewer coloured pens, pencils and felt tips, exercise books without margins in which we start writing on the top line , not the second; absolutely  no glitter, sequins, cellophane for wrapping “lavoretti”; every child will go back to the old days and bring in their own hand towel rather than using  and wasting paper towels in the toilets; we will have a recycling bin for all masks (which  we will actually use this year)and we will research how they can be recycled; we will have class competitions to award the pupil who is most creative in reusing and and recycling; we will reinstate the Green monitors – an idea from a past Erasmus project in which the Year 5 pupils regularly checked the recycling bins of all the  other classes; we will ask the local council to lower the heating in our schools in winter and we will wear extra layers; I will become fanatical about reducing  the number of photocopies and I will  ensure not a single centimetre of paper is wasted when I prepare a worksheet; we will keep  a record of our “recycling and reusing” activities so that we reflect and make a conscious decision to improve our behaviour and “reduce, reuse, recycle ” will become a mantra, repeated at every opportunity.
Parents will come to me and say that their children are conscientious citizens, aware of the importance of looking after the environment. In years to come I will not end my teaching career with a feeling of guilt at not having taught my pupils to respect the environment at every opportunity.

I will start this school year with this very clear objective in mind. I have to. I am part of humanity and will accept my responsibility and teach my pupils to do the same. It’s scary, the task ahead is enormous but a new school year awaits with endless possibilities. I am going to start as I mean to go on.

 

Michelle Slattery

 

VERSIONE ITALIANO

Educare i bambini e le bambine al rispetto per l’ambiente? Facciamolo con azioni concrete

Start as you mean to go on. È un’espressione inglese molto comune ed è molto calzante soprattutto in questo momento dell’anno in cui siamo pieni di entusiasmo, di buone intenzioni e di idee su come motivare ed entrare in relazione con i nostri studenti. Se davvero riusciremo ad “iniziare come vorremmo continuare”, allora continueremo a lavorare per tutto l’anno scolastico mantenendo costante questo entusiasmo con cui iniziamo a settembre.
Cerco di farlo ogni anno, anche se non sempre ci riesco. Quest’anno, però, sarà diverso. Sarà diverso a causa di una notizia agghiacciante che ho letto ad agosto e che non riesco proprio a togliermi dalla testa.
“Un codice rosso per l’umanità” è stato il titolo che ho letto e che faceva da introduzione al documento delle Nazioni Unite sulle conseguenze del comportamento umano sul riscaldamento globale.
È stata la parola “umanità” che più mi ha colpito; una parola che include tutti e non esclude nessuno. È una parola che include me maestra/o, i miei colleghi e ogni mio alunno.
Quindi è il momento di alzare la testa e di agire. Ho deciso: sarò la collega che farà impazzire tutti e che ad ogni riunione punterà a sensibilizzare su argomenti come la riduzione di emissioni, il riutilizzo e il riciclo. Sarò l’insegnante che ricorderà agli studenti in ogni lezione di come tutti siamo responsabili nella riduzione delle emissioni di carbonio e di come ogni azione conta e darò l’esempio. DEVO, SONO PARTE DELL’UMANITÀ.
Le idee mi ronzano in testa; è ora di tagliare l’eccesso: meno penne colorate, matite e pennarelli, quaderni senza margini in cui si comincia a scrivere sulla riga superiore, non sulla seconda; assolutamente niente glitter, paillettes, cellophane per incartare i “lavoretti”; ogni bambino tornerà ai vecchi tempi e porterà il proprio asciugamano invece di usare e sprecare quelli di carta nei bagni; avremo un cestino per la raccolta differenziata per tutte le mascherine (che utilizzeremo effettivamente quest’anno) e studieremo come possono essere riciclate; avremo concorsi di classe per premiare l’alunno più creativo nel riuso e nel riciclo; ripristineremo i monitor verdi – un’idea di un precedente progetto Erasmus in cui gli alunni del quinto anno controllavano regolarmente i cestini per la raccolta differenziata di tutte le altre classi; chiederemo al comune di abbassare il riscaldamento nelle nostre scuole in inverno e ci vestiremo di più. Diventerò fanatica nel cercare di ridurre al minimo il numero di fotocopie e mi assicurerò che non venga sprecato un solo centimetro di carta quando preparo un foglio di lavoro; terremo traccia delle nostre attività di “riciclo e riutilizzo” in modo da riflettere e prendere una decisione consapevole per migliorare il nostro comportamento e “ridurre, riutilizzare, riciclare” diventerà un mantra, ripetuto in ogni occasione.
I genitori verranno da me e diranno che i loro figli sono cittadini coscienziosi, consapevoli dell’importanza di prendersi cura dell’ambiente. Negli anni a venire non finirò la mia carriera di insegnante con un senso di colpa per non aver insegnato ai miei alunni a rispettare l’ambiente in ogni occasione.
Inizierò questo anno scolastico con questo obiettivo molto chiaro in mente. Devo. Faccio parte dell’umanità e accetterò la mia responsabilità e insegnerò ai miei alunni a fare lo stesso. Mi spaventa un po’ perché il compito da svolgere è enorme ma ci aspetta un nuovo anno scolastico con infinite possibilità. Inizierò come intendo continuare. I am going to start as I mean to go on.
 

Michelle Slattery