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Tag: feste e ricorrenze

L’estate in versi

Colori della natura, colori dell’anima

Ci sono ancora le stagioni?

Quante volte sentiamo dire “le stagioni di una volta non ci sono più!”.
Quelle familiari, consuete, ricorrenti stagioni che segnano le atmosfere di un luogo, le trasformazioni di un bosco, i colori di un giardino, le abitudini, le feste e i ritmi del vivere quotidiano. Non ci sono più, ovvero non si fanno riconoscere, quando una pioggia improvvisa o un gelido vento annullano ogni presagio di bella stagione oppure quando un cielo terzo e una temperatura mite sconfiggono l’uggia e il grigio di un periodo cosiddetto invernale.

 

Eppure, le stagioni ci sono, basta aprire un libro di scuola, un testo di studio che, nelle pagine dedicate alle scienze, invita i bambini a scoprire i frutti di stagione, il letargo di certi animali, il variare di alba e tramonto. Queste le stagioni astronomiche, le quattro puntuali primavera, estate, autunno, inverno, che possono in alcune parti della terra corrispondere alle stagioni meteorologiche, le quali, nelle regioni polari o nelle zone tropicali, possono essere due, considerando i mutamenti climatici e ambientali che intervengono. Uno sguardo che sappia tener conto di una molteplicità di fattori è sempre vincente per elaborare conoscenze mirate a costruire il sapere! Poi ci sono le stagioni della storia, le stagioni dei ricordi e quelle della vita. Ricorsività e cicli che accompagnano evoluzioni e involuzioni, criticità e progresso, successo e fallimenti.

 

Siamo adesso in estate, il tempo del riposo per alcuni, della luce più intensa, dei colori più accesi.

Tra i molti modi di godere di questa stagione, rispecchiando in essa la vita, sicuramente il più meditativo è riscoprirla nelle parole, e ritrovare la sua bellezza attraverso la poesia. Ci sono molti testi, ormai classici, dedicati, appunto, all’estate, o che attraverso l’estate sollecitano il pensiero.

 

Così quando Fernanda Pivano scrive “Piovve tutta la notte/ Sulle memorie dell’estate”, il verso interpella la memoria della stagione che passa e anche la riflessione del lettore che è disponibile a interrogarsi.

 

Estate è il titolo di questa poesia di Hermann Hesse:

“Improvvisamente fu piena estate.

I campi verdi di grano, cresciuti e

riempiti nelle lunghe settimane di piogge,

cominciavano a imbiancarsi,

in ogni campo il papavero lampeggiava

col suo rosso smagliante”.

 

 

Questa la descrizione unica di Vincenzo Cardarelli:

“Distesa estate,

stagione dei densi climi

dei grandi mattini

dell’albe senza rumore

ci si risveglia come in un acquario

dei giorni identici, astrali,

stagione la meno dolente

d’oscuramento e di crisi,

felicità degli spazi,

nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore

quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca,

stagione estrema, che cadi

prostrata in riposi enormi,

dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti luce

a distendere il tempo

di là dai confini del giorno,

e sembri mettere a volte

nell’ordine che procede

qualche cadenza dell’indugio eterno.”

(Vincenzo Cardarelli, Estiva, 1915)

 

L’Estate è anche nei versi di Pablo Neruda:

“Ardono i seminati,

scricchiola il grano,

insetti azzurri cercano ombra,

toccano il fresco.

E a sera

salgono mille stelle fresche

verso il cielo cupo.

Son lucciole vagabonde.

crepita senza bruciare

la notte dell’estate.”

 

 

La riflessione profonda di Anna Andreevna Achmatova:

Ed è caduta la parola di pietra

Sul mio petto ancor vivo.

Non è nulla, vi ero preparata,

Ne verrò a capo in qualche modo.

Ho molto da fare, oggi:

Bisogna uccidere fino in fondo la memoria,

Bisogna che l’anima si pietrifichi,

Bisogna di nuovo imparare a vivere,

Se no… L’ardente stormire dell’estate,

Come una festa oltre la finestra.

Da tempo avevo presentito questo

Giorno radioso e la casa vuota.

(Anna Andreevna Achmatova, Sentenza, Estate 1939)

 

 

 

 

Estate è anche intimità:

“L’estate è finita

Sono più miti le mattine

e più scure diventano le noci

e le bacche hanno un viso più rotondo.

La rosa non è più nella città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia.

La campagna una gonna scarlatta,

Ed anch’io, per non essere antiquata,

mi metterò un gioiello.”

(Emily Dickinson, Poesie, 1858-1859)

 

Estate è lasciarsi andare con Sensazione:

“Nelle azzurre sere d’estate, me n’andrò per i sentieri,

punzecchiato dal grano, calpestando l’erba fina:

sognando, ne sentirò ai miei piedi la freschezza.

Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Non parlerò, non penserò a nulla:

ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,

e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo,

per la Natura, – felice come con una donna.”

(Arthur Rimbaud, Sensazione, 1870)

 

 

Estate vuol dire anche Ferragosto, così nella filastrocca, tutta giocata tra scherzo e ironia, di Gianni Rodari:

“Filastrocca vola e va

dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena

e fa i castelli con la rena,

chi va ai monti fa le scalate

e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?

Solo, solo resta in città:

si sdrai al sole sul marciapiede,

se non c’è un vigile che lo vede,

e i suoi battelli sottomarini

fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente

faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:

in città non resta nessuno;

ordinanza che viene poi,

tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini

sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato

va in prigione difilato”.

(Ferragosto, da Filastrocche in Cielo e in Terra, Gianni Rodari, Einaudi Ragazzi, 1996)

 

 

100 anni di Edgar Morin

Un punto di riferimento per la cultura europea

Il prestigio e l’autorevolezza di Edgar Morin sono indiscutibili. La sua figura emerge sia sul piano teorico e della ricerca, sia nella partecipazione attiva al dibattito culturale europeo e internazionale. Nei suoi libri ha affrontato i temi cruciali dello sviluppo secondo una prospettiva aperta ai nessi che legano uomo, natura, cultura.

I SUOI SCRITTI

I titoli dei suoi scritti si impongono come dichiarazioni e messaggi che coinvolgono il lettore quale singolo individuo e quale persona appartenente della comunità sociale. Dalla pubblicazione di La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero (2000), e I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2001) l’importanza per la scuola di formare teste ben fatte, secondo un’espressione già di Montaigne, ha avuto una cornice di riferimento organizzata rispetto ad assunti riconosciuti, a tutt’oggi, fondamentali. Secondo Morin per una testa “ben fatta” occorre superare l’idea di un sapere parcellizzato in tante discipline per privilegiare le interrelazioni fra le conoscenze e favorire l’integrazione tra cultura scientifica e cultura umanistica.

MORIN E LA RIFLESSIONE SULLA SCUOLA

La scuola deve favorire l’attitudine a trattare problemi, a correlare i saperi in un orizzonte di significato. Costante in Morin è il richiamo, rivolto in particolare agli educatori, a considerare tre sfide fondamentali: la sfida culturale verso un pensiero che sappia privilegiare i contesti e le relazioni tra informazioni e conoscenze; la sfida sociologica per cui apprendere è soprattutto apprendere a vivere, a diventare cittadini del villaggio globale; la sfida civica per cui il sapere si definisce anche in termini responsabilità e solidarietà.

Gli insegnanti, in questo progetto di riforma, hanno compiti fondamentali:

  1. Fornire una cultura che permetta di distinguere, contestualizzare, globalizzare, affrontare i problemi multidimensionali, globali e fondamentali;
  2. Preparare le menti a rispondere alle sfide che la crescente complessità dei problemi pone alla conoscenza umana;
  3. Preparare le menti ad affrontare l’incertezza favorendo l’intelligenza strategica e la scommessa per un mondo migliore;
  4. Educare alla comprensione umana fra vicini e lontani;
  5. Insegnare l’affiliazione a partire dal proprio villaggio sino al villaggio globale;
  6. Insegnare la cittadinanza terrestre come comunità di destino dove tutti gli umani sono posti a confronto con gli stessi problemi.

LA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ E LA RIFLESSIONE SULLA PANDEMIA

Negli anni sono state innumerevoli le pubblicazioni di Morin, accanto ad una sua presenza attiva nel dibattito sui temi caldi dello sviluppo. Morin è un pensatore a cui dobbiamo la declinazione della teoria della complessità (La sfida della complessità, 2017) e una costante attenzione ai temi che riguardano l’etica e il rinnovamento della politica.

Il valore del pensiero critico permea ogni suo intervento come condizione basilare nella formazione alla saggezza. Se costanti sono in Morin le riflessioni sulle relazioni che riguardano noi stessi e il rapporto con il pianeta e con gli altri, fondamentale il suo contributo nella situazione di problematicità e di incertezza come quella che ha caratterizzato la pandemia da Covid-19.

Nel libro Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus (2020) Morin afferma che la pandemia permette di imparare per il futuro in quanto rappresenta la possibilità per gli uomini di diventare consapevoli di appartenere a una comunità di destino. È tempo di cambiare strada, di proteggere il pianeta, di umanizzare la società. «Come vivi?», questa la domanda fondamentale del libro. È urgente chiederselo ogni giorno e ogni giorno rispondere. Una domanda per i politici, gli studenti, i professionisti e, infine, per tutti. C’è bisogno di una nuova autocoscienza. Nessun cambiamento è mai nato se non da una consapevolezza nuova delle implicazioni e delle conseguenze del nostro modo di vivere.

“Già dall’alba dell’umanità, dall’alba dei tempi, eravamo nell’avventura ignota; lo siamo più che mai e dobbiamo esserlo con coscienza […] ci si deve preparare al nostro mondo incerto e aspettarsi l’inatteso. Prepararsi al nostro mondo incerto è il contrario di rassegnarsi a uno scetticismo generalizzato. È sforzarsi a pensare bene, rendersi capaci di elaborare e usare strategie, e, infine, fare con tutta coscienza le nostre scommesse. Sforzarsi a pensare bene è praticare un pensiero che si sforzi senza sosta di contestualizzare e globalizzare le sue informazioni e le sue conoscenze, che senza sosta si applichi a lottare contro l’errore e la menzogna a se stesso […] una strategia porta in sé la consapevolezza dell’incertezza che dovrà affrontare e comporta per ciò una scommessa, l’integrazione dell’incertezza nella fede o nella speranza”. 1
 

1 Edgar Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina, 2000.

I Diritti delle Bambine e dei Bambini

Trent’anni dalla ratifica dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza

Tante e diverse le strade che percorrono i bambini per giungere alla consapevolezza di essere agenti di diritti: strade di esperienza personale, di confronto con gli avvenimenti del mondo, di scambio con gli altri. La conquista dei diritti è un cammino individuale fatto di riflessione e di scoperta che si svolge sempre nel contesto di una comunità che cresce essa stessa mentre procede nell’affermazione del valore dei diritti. La scuola accompagna bambini e ragazzi a conoscere cosa vuol dire avere dei diritti quando l’infanzia vive situazioni in cui l’istruzione, come principio di umanizzazione, non è negata, al pari di altri irrinunciabili diritti: la salute, la protezione, il nome. Troppo spesso, infatti, situazioni di precarietà e di emergenza precludono ai bambini la possibilità di essere titolari di diritti civili, sociali, politici, economici. Quello dei diritti è un tema trasversale, con carattere di universalità, che detta la visione del presente e del futuro e indica la via per un mondo migliore, in cui la promozione del benessere per ogni bambino rappresenta il fine essenziale.
 

UNA DATA DA NON DIMENTICARE

Il 27 maggio è una data importante: ricorrono trent’anni dalla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.

La Convenzione è il trattato in materia di diritti umani maggiormente condiviso fra gli Stati e lo Stato italiano l’ha ratificata il 27 maggio 1991, con la legge n. 176. Attraverso gli impegni assunti con la Convenzione è stato possibile modificare molte situazioni di emergenza vissute dai bambini durante le guerre e migliorare, da allora, le condizioni di vita dell’infanzia in ogni parte del mondo. Quando si parla di aiuti umanitari per le zone sottosviluppate si deve riflettere sul concetto di povertà che non è solo mancanza di cibo e non è solo povertà materiale. La povertà è una condizione anche dei minori in Italia, perché molti vivono la mancanza di cure adeguate, di case confortevoli ed hanno difficoltà a frequentare la scuola, a vivere positivamente il tempo libero, a praticare uno sport. Occorrono scelte politiche mirate e investimenti efficaci per dare forma ai diritti dell’infanzia e rendere la Convenzione un percorso di azioni concrete.
 

I QUATTRO PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA CONVENZIONE

La Convenzione è composta di 54 articoli e il testo è suddiviso in tre parti: la prima contiene l’enunciazione dei diritti (artt. 1-41), la seconda individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione (artt. 42-45), la terza descrive la procedura di ratifica (artt. 46-54). 

Questi i quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: 

  1. Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minorenni, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori. 
  2. Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità. 
  3. Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art. 6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione internazionale. 
  4. Ascolto delle opinioni del minore (art. 12): prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.
     

LA CONVENZIONE OGGI

La scuola fa propri i principi della Convenzione e li esprime nel suo essere comunità educante. Alunni e docenti sono impegnati a lavorare con continuità sul significato di un testo che costituisce un documento di riferimento essenziale per dichiarare l’offerta formativa come pista di orientamento delle attività educative e didattiche.

Capire il valore e l’importanza dei diritti riguarda la possibilità di affrontare questioni e domande cruciali soprattutto in questo tempo in cui lo stravolgimento della consueta quotidianità, provocato dall’emergenza sanitaria da Covid-19, ha fatto emergere nuove vulnerabilità. L’impatto della pandemia sul tessuto sociale ha sensibilmente aumentato anche i Italia il numero dei bambini e degli adolescenti che vivono situazioni problematiche in relazione all’esperienza scolastica, ai vissuti familiari, alle relazioni con i pari.
 

TRENT’ANNI DI IMPEGNO E RISULTATI

Nel mondo, tuttavia, La Convenzione è stata uno strumento fondamentale per produrre effetti di miglioramento delle condizioni di vita dei bambini e degli adolescenti negli ultimi trent’anni perché è stata quasi dimezzata la percentuale dei bambini denutriti ed è stata ridotta la mortalità infantile.

Riflettere sui diritti vuol dire, ad esempio, sapere quante le bambine nel mondo costrette al matrimonio prima dei 18 anni, quanti i bambini che vivono in luoghi i cui l’acqua come bene primario è negata per l’impossibilità di approvvigionamento.

L’impegno a conoscere dei dati, che sono rilevanti perché fanno la differenza per la qualità della vita, non è semplicemente fare informazione, ma cercare di capire cosa vuol dire prendere a cuore situazioni che nulla hanno a che fare con il progresso e lo sviluppo. Vuol dire comprendere cosa ognuno può fare per modificare realtà che impediscono ai bambini di vivere una vita in cui la tutela e il rispetto siano garantiti.
 

Non c’è responsabilità più sacra di quella che il mondo ha verso i bambini. Non c’è dovere più importante di garantire che siano rispettati i loro diritti, che il loro benessere sia tutelato, che le loro vite siano libere dalla paura e dal bisogno e che essi possano crescere nella pace.

Kofi Annan

21 Marzo – Giornata mondiale della poesia

Spunti di riflessione e suggerimenti operativi per scoprire insieme ai bambini il testo poetico.

Poesia e magia, direbbe il sommo Gianni Rodari, formano un binomio fantastico da far scoprire ai nostri alunni fin dalle prime classi. I bambini, per loro natura intrisi di meraviglia, di emozione, di stupore, di ingenuità, rappresentano l’humus ideale nel quale la poesia può felicemente germogliare.

Ma, perché l’approccio al testo poetico risulti completo e gratificante, è necessario percorrere due strade: quella della fruizione e quella della produzione. I bambini devono comprendere la poesia dei poeti, analizzarne la struttura, recepirne il messaggio per poter diventare poeti essi stessi ed avere così a disposizione uno strumento per comunicare emozioni, condividendole con altri in modo spontaneo, sciolto, creativo.

I testi poetici, pur essendo la massima espressione del pensiero libero, prendono vita attraverso forme e strutture differenti.

Nel Leggi e Vai, ad esempio, è proprio un poeta a spiegarlo ai bambini:

Leggi e vai - Pag. 138

Procedendo nell’analisi di componimenti differenti i bambini potranno verificare la veridicità di quanto affermato dal poeta. Per questo è importante che, in modo guidato, possano confrontarsi con tutte le tipologie, dalle più semplici (come la filastrocca) a quelle con linguaggi e contenuti più complessi.

Leggi e vai - Pag. 148

Dopo l’analisi i bambini, coadiuvati dalle proposte del laboratorio di scrittura, potranno passare alla produzione per imitazione…

Leggi e vai - Laboratorio - Pag. 69

Imparando a “costruire” nuove poesie anche attraverso modalità stimolanti e creative.

Leggi e vai - Laboratorio - Pag, 70

Leggi e vai - Laboratorio - Pag. 72

Il mondo dei poeti è un giardino pieno di fiori da cogliere. Sarà bellissimo far scoprire ai bambini che a volte la poesia si può nascondere anche dentro i testi delle canzoni.

Leggi e vai - Pag. 151

Infine, dopo aver analizzato i consigli sulla poesia del “Circolo dei lettori”:

Leggi e vai - Pag. 176

si potrà aprire una finestra interdisciplinare, chiedendo ai bambini un compito autentico:  “raccontare” la poesia con linguaggi differenti magari attraverso un video:

 

o con un’attività manuale creativa. In fondo il 21 marzo è anche il giorno in cui prende avvio la dolce Primavera…

https://flaviafranco.it/classe-quarta/compito-creativo-costruisci-la-primavera-fase-1/