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L’estate in versi

| Redazione Raffaello | , | Tempo di lettura: 5 min.
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Colori della natura, colori dell’anima

Ci sono ancora le stagioni?

Quante volte sentiamo dire “le stagioni di una volta non ci sono più!”.
Quelle familiari, consuete, ricorrenti stagioni che segnano le atmosfere di un luogo, le trasformazioni di un bosco, i colori di un giardino, le abitudini, le feste e i ritmi del vivere quotidiano. Non ci sono più, ovvero non si fanno riconoscere, quando una pioggia improvvisa o un gelido vento annullano ogni presagio di bella stagione oppure quando un cielo terzo e una temperatura mite sconfiggono l’uggia e il grigio di un periodo cosiddetto invernale.

 

Eppure, le stagioni ci sono, basta aprire un libro di scuola, un testo di studio che, nelle pagine dedicate alle scienze, invita i bambini a scoprire i frutti di stagione, il letargo di certi animali, il variare di alba e tramonto. Queste le stagioni astronomiche, le quattro puntuali primavera, estate, autunno, inverno, che possono in alcune parti della terra corrispondere alle stagioni meteorologiche, le quali, nelle regioni polari o nelle zone tropicali, possono essere due, considerando i mutamenti climatici e ambientali che intervengono. Uno sguardo che sappia tener conto di una molteplicità di fattori è sempre vincente per elaborare conoscenze mirate a costruire il sapere! Poi ci sono le stagioni della storia, le stagioni dei ricordi e quelle della vita. Ricorsività e cicli che accompagnano evoluzioni e involuzioni, criticità e progresso, successo e fallimenti.

 

Siamo adesso in estate, il tempo del riposo per alcuni, della luce più intensa, dei colori più accesi.

Tra i molti modi di godere di questa stagione, rispecchiando in essa la vita, sicuramente il più meditativo è riscoprirla nelle parole, e ritrovare la sua bellezza attraverso la poesia. Ci sono molti testi, ormai classici, dedicati, appunto, all’estate, o che attraverso l’estate sollecitano il pensiero.

 

Così quando Fernanda Pivano scrive “Piovve tutta la notte/ Sulle memorie dell’estate”, il verso interpella la memoria della stagione che passa e anche la riflessione del lettore che è disponibile a interrogarsi.

 

Estate è il titolo di questa poesia di Hermann Hesse:

“Improvvisamente fu piena estate.

I campi verdi di grano, cresciuti e

riempiti nelle lunghe settimane di piogge,

cominciavano a imbiancarsi,

in ogni campo il papavero lampeggiava

col suo rosso smagliante”.

 

 

Questa la descrizione unica di Vincenzo Cardarelli:

“Distesa estate,

stagione dei densi climi

dei grandi mattini

dell’albe senza rumore

ci si risveglia come in un acquario

dei giorni identici, astrali,

stagione la meno dolente

d’oscuramento e di crisi,

felicità degli spazi,

nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore

quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca,

stagione estrema, che cadi

prostrata in riposi enormi,

dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti luce

a distendere il tempo

di là dai confini del giorno,

e sembri mettere a volte

nell’ordine che procede

qualche cadenza dell’indugio eterno.”

(Vincenzo Cardarelli, Estiva, 1915)

 

L’Estate è anche nei versi di Pablo Neruda:

“Ardono i seminati,

scricchiola il grano,

insetti azzurri cercano ombra,

toccano il fresco.

E a sera

salgono mille stelle fresche

verso il cielo cupo.

Son lucciole vagabonde.

crepita senza bruciare

la notte dell’estate.”

 

 

La riflessione profonda di Anna Andreevna Achmatova:

Ed è caduta la parola di pietra

Sul mio petto ancor vivo.

Non è nulla, vi ero preparata,

Ne verrò a capo in qualche modo.

Ho molto da fare, oggi:

Bisogna uccidere fino in fondo la memoria,

Bisogna che l’anima si pietrifichi,

Bisogna di nuovo imparare a vivere,

Se no… L’ardente stormire dell’estate,

Come una festa oltre la finestra.

Da tempo avevo presentito questo

Giorno radioso e la casa vuota.

(Anna Andreevna Achmatova, Sentenza, Estate 1939)

 

 

 

 

Estate è anche intimità:

“L’estate è finita

Sono più miti le mattine

e più scure diventano le noci

e le bacche hanno un viso più rotondo.

La rosa non è più nella città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia.

La campagna una gonna scarlatta,

Ed anch’io, per non essere antiquata,

mi metterò un gioiello.”

(Emily Dickinson, Poesie, 1858-1859)

 

Estate è lasciarsi andare con Sensazione:

“Nelle azzurre sere d’estate, me n’andrò per i sentieri,

punzecchiato dal grano, calpestando l’erba fina:

sognando, ne sentirò ai miei piedi la freschezza.

Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Non parlerò, non penserò a nulla:

ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,

e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo,

per la Natura, – felice come con una donna.”

(Arthur Rimbaud, Sensazione, 1870)

 

 

Estate vuol dire anche Ferragosto, così nella filastrocca, tutta giocata tra scherzo e ironia, di Gianni Rodari:

“Filastrocca vola e va

dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena

e fa i castelli con la rena,

chi va ai monti fa le scalate

e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?

Solo, solo resta in città:

si sdrai al sole sul marciapiede,

se non c’è un vigile che lo vede,

e i suoi battelli sottomarini

fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente

faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:

in città non resta nessuno;

ordinanza che viene poi,

tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini

sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato

va in prigione difilato”.

(Ferragosto, da Filastrocche in Cielo e in Terra, Gianni Rodari, Einaudi Ragazzi, 1996)

 

 

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