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Tag: didattica

Shoah: come parlarne con le classi della Scuola Primaria?

Materiali per affrontare l’argomento, dalla prima alla quinta

Nel corso dell’anno ci vengono proposte molte giornate speciali, che si dividono in giornate Nazionali, cioè decise dal nostro Stato, e giornate Internazionali, cioè stabilite dalle organizzazioni sovranazionali. Sono momenti di riflessione che ci invitano a ricordare qualcosa di bello che è successo in passato oppure a celebrare qualche importante accadimento della storia dell’umanità, oppure nascono con lo scopo di farci riflettere sull’importanza dei delle relazioni, dei diritti, degli affetti, oppure per metterci in guardia contro pericoli che possiamo correre, noi e il mondo che ci circonda.
Ce ne sono però alcune che ci invitano a ricordare degli eventi che preferiremmo non fossero mai accaduti. È il caso del Giorno della Memoria, che viene celebrato in tutto il mondo il 27 gennaio.
Il 27 gennaio è una data simbolica: proprio in quel giorno del 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, furono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz in Polonia e tutto il mondo conobbe davvero quali orrende azioni aveva fatto in molti Paesi d’Europa il governo nazista, guidato da Adolf Hitler.
Progressivamente si scoprì che furono milioni le persone rinchiuse e uccise nei campi di concentramento nazisti. Questo sterminio viene definito Olocausto (una parola che significa “estremo sacrificio”). Sei milioni di queste vittime innocenti erano ebrei: il loro sterminio viene chiamato Shoah (cioè “distruzione” in ebraico).
 
PERCHÉ È IMPORTANTE PARLARE CON I NOSTRI ALUNNI DI UN EVENTO COSÌ DOLOROSO CHE HA SEGNATO L’UMANITÀ INTERA?
Perché parlare di Olocausto non vuol dire parlare solo di morte. Ma anche e soprattutto di speranza, di solidarietà e di supporto reciproco. Le storie che ci giungono attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, le vicende narrate dai libri o dai film che propongono storie vere o romanzate sono intrise di esempi eroici di generosità, di sacrificio della propria vita per la salvaguardia di quella degli altri, di calore umano, di condivisione e di amore.
È per questo che dobbiamo parlarne coi nostri alunni e alunne: perché sappiano che esiste sempre la possibilità di scegliere la via dell’amore e della solidarietà, perché crescano nella fiducia, sicuri che la speranza è una luce in grado di illuminare anche le notti più buie.
Naturalmente l’argomento, essendo potenzialmente molto doloroso, va affrontato con gradualità e delicatezza, adeguando i contenuti all’età degli alunni.
A seguire trovate il link ad alcune attività, suddivise per classi, che ho proposto nel corso degli anni per i miei alunni: video, film, libri, conversazioni…
 
 
Il 27 gennaio sarà anche il giorno in cui le classi potranno collegarsi in diretta live con la scrittrice Paola Valente, un incontro speciale per parlare della Shoah attraverso la testimonianza della parola scritta. Scopri l’iniziativa!
Ed è proprio con le parole di Liliana Segre che mi piace chiudere questa riflessione:
 
“Avevo scelto, quasi in modo automatico, bestiale, irrazionale, infantile – in fondo ero ancora una bambina – e nello stesso tempo in modo maturo, vecchio, ottuagenario – in fondo ormai tale ero diventata – avevo scelto di non essere lì, perché era la realtà intorno a me che era inaccettabile. Avendo scelto la vita – ho sempre scelto la vita e anche adesso che sono vecchia scelgo la vita. Non potevo accettare la morte intorno a me e quindi avevo scelto di non vedere. Avevo scelto di essere una stellina.”
 

 

La classe è la nostra casa (terza parte)

Pulizia e ordine degli spazi

Dopo la prima e la seconda parte , torna la rubrica a cura di Flavia Franco “La classe è la nostra casa”, un utile approfondimento per parlare dello spazio classe, luogo in cui il bambino deve sentirsi accolto con affetto e cura, un vero e proprio laboratorio nel quale sviluppare le proprie potenzialità e accrescere le competenze, sperimentando, collaborando, creando, divertendosi. Uno spazio che deve ispirare armonia e gentilezza.

In questo quadro, la pulizia e l’ordine dell’ambiente rivestono un ruolo molto importante!

Quaderni lasciati in disordine, sedie e banchi mal sistemati, cartelle lasciate a se stesse, oltre a diventare ostacoli per l’evacuazione della classe in caso di pericolo, si trasformano in occasioni di nervosismo e confusione.

Zigzagare tra gli spazi per recarsi in bagno, rischiando di inciampare, trascinare sedie che vanno continuamente rimesse a posto, spostarsi tra banchi in posizioni poco funzionali, complica la vita degli alunni diventando un buon motivo per perdere la concentrazione durante la lezione.

Da sotto banchi ingombri (laddove esistano) rischiano spesso di precipitare quaderni, libri, cartelline… e noi sappiamo bene quanto poco basti ai nostri alunni per distrarsi facendo perdere la pazienza anche al docente più serafico! Dunque, sarà utile che gli alunni si abituino a portare a scuola solo il materiale indispensabile, seguendo l’orario delle discipline.

Carte e cartacce lasciate sui banchi o cadute sul pavimento, magari dopo l’intervallo, insieme a matite o gomme perdute, trasformano l’ambiente in un luogo poco accogliente, ben lungi dagli obiettivi di educazione civica cui dovremmo condurre i nostri alunni.

Quali accorgimenti possiamo dunque utilizzare?

Innanzitutto, sarà indispensabile coinvolgere i bambini in prima persona, chiedendo loro di trasformarsi in custodi attivi della “casa” in cui trascorrono molte ore della giornata, diventando così dei “generatori di armonia”.

Potremo proporre loro, attraverso il “potere del cerchio” (non sai di cosa si tratta? Consulta la pagina “Il cerchio dei lettori” per scoprirlo!), di creare una rubrica di atteggiamenti virtuosi.

Ecco più o meno quella che hanno creato i miei alunni:

  1. risistemare la sedia sotto il banco ogni volta che si alzano (senza trascinarla, ovviamente);
  2. verificare periodicamente la posizione del banco, ad esempio dopo l’intervallo o dopo momenti di lavoro di gruppo;
  3. creare “squadre di riordinatori” che, a turno, si occupino di mantenere la classe in condizioni armoniose, raccogliendo le cartacce, sistemando le cartelle fuori posto, riorganizzando i libri posti sugli scaffali;
  4. diventare consapevoli del lavoro dei bidelli e della necessità di rispettarlo, manifestando loro gratitudine, magari con un biglietto o un disegno.

Una possibile strategia è quella di fotografare la classe prima e dopo, in modo che gli alunni, vedendo le immagini a confronto proiettate sulla LIM, possano rendersi conto dell’armonia che permane in un ambiente in cui le cose sono al loro posto. A volte basta davvero poco, che ne pensate?

La classe è la nostra casa (seconda parte)

Come disporre banchi e arredi scolastici?

Dopo la prima parte, torna la rubrica “La classe è la nostra casa”!

In questa seconda puntata parleremo dello spazio classe, il luogo in cui il bambino deve sentirsi accolto con affetto e cura, il laboratorio nel quale dovrà sviluppare le sue potenzialità e accrescere le sue competenze, sperimentando, collaborando, creando, divertendosi.

Nello spazio classe ci sono alcuni elementi molto importanti, iniziamo dalla disposizione dei banchi: il Covid ci ha costretto a ritornare alla lezione frontale, con i banchi singoli e distanziati e la classe ingombra. Come sempre spetta a noi insegnanti creare le condizioni migliori affinché i nostri alunni siano il più possibile sereni nell’apprendimento e al sicuro, ecco alcuni suggerimenti!

Se possibile, fate mettere le cartelle in corridoio, appoggiate al muro in modo che non creino problemi di passaggio: i corridoi devono restare vie di fuga sicure! Se farete lasciare tutto il materiale da utilizzare nella mattinata sotto al banco, libererete un bel po’ di spazio in classe. Se questo non è possibile, chiedete ai genitori di fornire zainetti, meglio se usati, che siano poco ingombranti. L’ideale sarebbe che fossero di nylon o di materiali leggeri, in modo da poterli appendere allo schienale della sedia. In questo modo avrete anche insegnato ai bambini la possibilità del riutilizzo e ai genitori suggerirete l’idea che non sempre è necessario fornire al pargolo l’ultimo modello di zaino enorme con ruote incorporate, tasche e tasconi, solo perché ce l’hanno tutti i compagni di classe. E soprattutto, che non è necessario cambiarlo tutti gli anni… il pianeta vi ringrazierà!

Ovviamente, sia insegnanti che alunni, dovranno impegnarsi a coordinare il trasporto di materiali, libri e quaderni, limitando il numero di cose inutili (tre portapenne ad esempio, quaderni finiti, libri di inglese quando l’inglese si fa solo il giovedì, quaderni delle vacanze e chi più ne ha più ne metta) che rendono le cartelle pesanti… come la pietra!

Disposizione banchi: a isole, sempre. Con i componenti dell’isola che cambiano, a sorteggio, ogni lunedì, sarà una garanzia per avere classi unite e coese. Se questo non fosse possibile causa Covid, metteteli comunque a coppie per fare qualche attività: se i bambini si siedono in punta ai due banchi, uno di fronte all’altro, essendo i banchi lunghi 70 cm supererete sicuramente il metro di distanza!

Vie di fuga: ricordatevi che, per questioni di sicurezza, tra i banchi devono esserci sempre gli spazi idonei. Sensibilizzate i bambini su questo in modo che siano loro a mantenere le vie di fuga sgombre.

Gli arredi devono essere ridotti al minimo: spesso noi insegnanti ci facciamo attrarre da scaffali o pseudo-librerie di cui potremmo fare tranquillamente a meno, poiché spesso sono proprio queste a creare disordine e a rubare spazio. Ricordiamoci sempre che in un ambiente semplice ci si concentra meglio e si vive più distesi!

La classe è la nostra casa (prima parte)

Come renderla un ambiente accogliente e sicuro?

La classe è la “casa” in cui abitiamo con i nostri alunni per tante ore durante la giornata. Va da sé che, trascorrendo molto tempo all’interno di questo spazio, abbiamo la necessità di renderlo il più possibile accogliente e sicuro. Sappiamo che molto spesso si tratta di uno spazio angusto o non sufficiente ad accogliere degnamente classi quasi sempre troppo numerose, dunque, poiché con questi spazi ce la dobbiamo vedere, sarà utile attivare strategie affinché risultino più confortevoli possibile. Naturalmente l’era Covid ha cambiato molte prospettive costringendoci a rimodulare parecchie abitudini, iniziamo con alcuni semplici accorgimenti:

AERAZIONE: cambiare l’aria in classe è un’operazione indispensabile sempre, e non solo perché c’è il Covid. 22 – 24 – 27 persone che respirano contemporaneamente per molte ore saturano l’ambiente, la ventilazione e i ricambi d’aria diventano irrinunciabili se vogliamo che il microclima ne tragga vantaggio, riducendo le percentuali di CO2 e di umidità evitando i mal di testa e i cali di concentrazione. Sarà sufficiente tenere aperte tutte le finestre per 3/4 minuti durante l’intervallo, in modo che nell’ambiente si crei “corrente d’aria”, alternando le finestre in modo che i bambini non ne vengano investiti oppure, laddove possibile, accompagnandoli in cortile per correre un po’. Durante la mattinata sarà utile mantenere aperta la finestra in modo che un refolo si intrufoli costantemente nell’ambiente. Io lo faccio tutto l’anno, inverno compreso, Covid o non Covid. Un altro semplice accorgimento è quello di lasciare aperta la porta della classe: potrà essere uno stimolo per i bambini a mantenere il tono di voce basso.

CORTILE: chi ha a disposizione un cortile alberato può ritenersi fortunato. L’intervallo trascorso all’esterno porta innumerevoli benefici: in primis le stimolazioni di un ambiente diverso dalla classe: nuovi colori, profumi, suoni. In secondo luogo, dà la possibilità di correre, di sgranchirsi le gambe, di alzare il tono di voce, di giocare insieme. Sì, perché, nella mia esperienza, oltre alle attività in gruppo svolte in classe, per fare “squadra”, per creare il gruppo serve divertirsi insieme. Il gioco libero rappresenta un momento magico. I miei alunni di terza hanno “giocato” al neolitico per due mesi consecutivi, mentre li osservavo pensavo che, a loro insaputa, stavano realizzando un bel compito di realtà. Ora, se non avete un cortile alberato ma asfaltato, sarà necessario attivare giochi più strutturati, tipo palla sotto il ponte, palla prigioniera, topo topolino, il direttore d’orchestra ecc.
Se volete qualche indicazione in più potete trovarne qui.

Se non avete un cortile, ricordatevi di far muovere spesso gli alunni anche durante le attività. Fateli alzare dal banco e, se si può, mettete alla LIM una bella coreografia e fateli ballare. Se lo spazio non lo permette, guidateli in esercizi sul posto per sgranchire dita mani, collo, gambe, braccia. Fate le facce con loro e giocate a ridere per finta, vedrete, sarà esilarante. Rilasserete i muscoli facciali e scaricherete tutta la tensione. Pronti per una nuova attività!

Al prossimo appuntamento, dove parleremo di disposizione banchi, arredi, pulizia e ordine degli spazi!

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700 anni dalla morte di Dante

Dante e Virgilio: il Sommo Poeta e il suo Maestro

Celebriamo Dante Alighieri nella ricorrenza dei 700 anni dalla sua morte, avvenuta a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321.

Settembre, che vede l’inizio di un nuovo anno scolastico, ci consegna una data da ricordare e soprattutto un evento capace di dare speciale ispirazione e risonanza all’esperienza del viaggio umano e professionale che si realizza nella scuola.

Un viaggio da affrontare con disponibilità verso gli altri, curiosità, intelligenza nel confronto con i tanti problemi. Proiettati nel nuovo Cammino, celebriamo Dante Alighieri, nel mese della sua morte, rispecchiandoci nella relazione del Sommo Poeta con il suo Maestro: una relazione di aiuto, di scambio, di illuminazione.

Proviamo a riflettere sul valore educativo del rapporto di Dante con la sua Guida, un rapporto su cui si fonda il significato più alto della Divina Commedia.

Quando vidi costui nel gran diserto,
«Miserere di me,» gridai a lui,
«qual che tu sii, od ombra od omo certo!»    

(Inferno, I, 64-66)

Il deserto rappresenta il sentimento di smarrimento di Dante nella selva oscura che lo induce a invocare aiuto gridando “miserere” verso qualcuno che non sa identificare. Quell’ombra apparente, che risponderà prontamente, dichiara di essere non più uomo, di essere mantovano, vissuto a Roma, nel I secolo a.C., al tempo di Augusto. È Virgilio, grande poeta latino, autore dell’Eneide, grande esempio di sapienza, considerato il “massimo poeta” in epoca medievale. Dante lo presenta come una figura centrale del viaggio allegorico nella Divina Commedia. Virgilio appare già nel I canto dell’Inferno ed è simbolo di saggezza e autorità: “tu sei lo mio maestro e ‘l mio autore”, scrive Dante. Nella Commedia è simbolo della Ragione, esempio massimo del valore della sapienza umana di chi è vissuto in epoca pre-cristiana.
Sarà Virgilio a mostrare a Dante le “segrete cose”, i misteri del regno dell’oltretomba.

«E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond’io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose».

Inferno, III, 19-21

A partire dall’incontro nella “selva oscura” Dante si rivolge a Virgilio come un discepolo verso il suo maestro, ma presto cresce il sentimento di fiducia e le parole diventano cariche di affetto, rivelando un rapporto quasi genitoriale tra i due. Virgilio apre lo sguardo di Dante sulle miserie dei dannati

«Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?».                       
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.    

(Inferno, III, 32-36)

Virgilio è un modello di poesia e di umanità per Dante; tanti gli esempi in molti episodi dell’Inferno. Nel canto III, quando incontra gli ignavi, Virgilio dice al poeta di “non curarsi di loro” (non ragioniam di lor, ma guarda e passa).

Di fronte a Caronte, il traghettatore delle anime dei dannati, il quale tenta di impedire a Dante di procedere nel suo viaggio, Virgilio testimonia l’alta missione del suo discepolo e spiega come questi, per realizzare lo scopo del suo compito spirituale, trovi in cielo divina protezione:

E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare
».

(Inferno, III, 94-96)

Virgilio accompagna Dante, è la sua guida, lo consiglia, lo incoraggia, lo chiama “figlio”. Ammirazione, rispetto e fiducia sono i sentimenti del Poeta verso la sua Guida, appellato come “dolcissimo patre” nel momento del distacco (Purgatorio, XXX, 50), quando la Ragione cederà il posto alla Fede e alla Grazia divina.

Le ultime parole di Virgilio verso Dante lo richiamano a non aspettare più il suo insegnamento perché egli è, ormai, signore delle sue azioni e dei suoi pensieri. La ragione umana non può altro. Nello svolgersi del cammino sarà Beatrice a illuminarlo.

«Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio
,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio».         
               
(Purgatorio, XXVII, 139-142)

La ragione, consapevole dei suoi limiti, guarda alla fede come possibilità di salvezza.
Virgilio accetta di essere Guida per Dante, nel viaggio ultraterreno dal male alla redenzione, e di condividere con lui l’esperienza del dolore umano e dell’aspirazione alla perfezione. Così le vicende si susseguono in un percorso che sembra un perdersi negli abissi dell’Inferno ma che, in realtà, è un elevarsi alla conquista del Paradiso.

Attraverso la lettura dei versi di Dante possiamo riflettere sull’autonomia di giudizio, considerata traguardo del rapporto educativo, sia a livello di vissuto umano sia come dimensione alta del messaggio della Commedia! Proviamo a chiederci, inoltre, in quante delle relazioni che abbiamo costruito, e in quanti incontri, abbiamo provato ad essere “dolcissimo genitore e maestro” e quando, nella nostra esperienza di vita, un incontro è stato fondamentale per non perderci “in una selva oscura”.

Un incontro, uno scambio, che ricordiamo attraverso “una mano che conforta”: “la sua mano a la mia puose/ con lieto volto, ond’io mi confortai”.

Scopri tutte le iniziative della Casa Editrice in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante: tante letture interessanti e approfondimenti ti aspettano!

L’estate in versi

Colori della natura, colori dell’anima

Ci sono ancora le stagioni?

Quante volte sentiamo dire “le stagioni di una volta non ci sono più!”.
Quelle familiari, consuete, ricorrenti stagioni che segnano le atmosfere di un luogo, le trasformazioni di un bosco, i colori di un giardino, le abitudini, le feste e i ritmi del vivere quotidiano. Non ci sono più, ovvero non si fanno riconoscere, quando una pioggia improvvisa o un gelido vento annullano ogni presagio di bella stagione oppure quando un cielo terzo e una temperatura mite sconfiggono l’uggia e il grigio di un periodo cosiddetto invernale.

 

Eppure, le stagioni ci sono, basta aprire un libro di scuola, un testo di studio che, nelle pagine dedicate alle scienze, invita i bambini a scoprire i frutti di stagione, il letargo di certi animali, il variare di alba e tramonto. Queste le stagioni astronomiche, le quattro puntuali primavera, estate, autunno, inverno, che possono in alcune parti della terra corrispondere alle stagioni meteorologiche, le quali, nelle regioni polari o nelle zone tropicali, possono essere due, considerando i mutamenti climatici e ambientali che intervengono. Uno sguardo che sappia tener conto di una molteplicità di fattori è sempre vincente per elaborare conoscenze mirate a costruire il sapere! Poi ci sono le stagioni della storia, le stagioni dei ricordi e quelle della vita. Ricorsività e cicli che accompagnano evoluzioni e involuzioni, criticità e progresso, successo e fallimenti.

 

Siamo adesso in estate, il tempo del riposo per alcuni, della luce più intensa, dei colori più accesi.

Tra i molti modi di godere di questa stagione, rispecchiando in essa la vita, sicuramente il più meditativo è riscoprirla nelle parole, e ritrovare la sua bellezza attraverso la poesia. Ci sono molti testi, ormai classici, dedicati, appunto, all’estate, o che attraverso l’estate sollecitano il pensiero.

 

Così quando Fernanda Pivano scrive “Piovve tutta la notte/ Sulle memorie dell’estate”, il verso interpella la memoria della stagione che passa e anche la riflessione del lettore che è disponibile a interrogarsi.

 

Estate è il titolo di questa poesia di Hermann Hesse:

“Improvvisamente fu piena estate.

I campi verdi di grano, cresciuti e

riempiti nelle lunghe settimane di piogge,

cominciavano a imbiancarsi,

in ogni campo il papavero lampeggiava

col suo rosso smagliante”.

 

 

Questa la descrizione unica di Vincenzo Cardarelli:

“Distesa estate,

stagione dei densi climi

dei grandi mattini

dell’albe senza rumore

ci si risveglia come in un acquario

dei giorni identici, astrali,

stagione la meno dolente

d’oscuramento e di crisi,

felicità degli spazi,

nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore

quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca,

stagione estrema, che cadi

prostrata in riposi enormi,

dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti luce

a distendere il tempo

di là dai confini del giorno,

e sembri mettere a volte

nell’ordine che procede

qualche cadenza dell’indugio eterno.”

(Vincenzo Cardarelli, Estiva, 1915)

 

L’Estate è anche nei versi di Pablo Neruda:

“Ardono i seminati,

scricchiola il grano,

insetti azzurri cercano ombra,

toccano il fresco.

E a sera

salgono mille stelle fresche

verso il cielo cupo.

Son lucciole vagabonde.

crepita senza bruciare

la notte dell’estate.”

 

 

La riflessione profonda di Anna Andreevna Achmatova:

Ed è caduta la parola di pietra

Sul mio petto ancor vivo.

Non è nulla, vi ero preparata,

Ne verrò a capo in qualche modo.

Ho molto da fare, oggi:

Bisogna uccidere fino in fondo la memoria,

Bisogna che l’anima si pietrifichi,

Bisogna di nuovo imparare a vivere,

Se no… L’ardente stormire dell’estate,

Come una festa oltre la finestra.

Da tempo avevo presentito questo

Giorno radioso e la casa vuota.

(Anna Andreevna Achmatova, Sentenza, Estate 1939)

 

 

 

 

Estate è anche intimità:

“L’estate è finita

Sono più miti le mattine

e più scure diventano le noci

e le bacche hanno un viso più rotondo.

La rosa non è più nella città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia.

La campagna una gonna scarlatta,

Ed anch’io, per non essere antiquata,

mi metterò un gioiello.”

(Emily Dickinson, Poesie, 1858-1859)

 

Estate è lasciarsi andare con Sensazione:

“Nelle azzurre sere d’estate, me n’andrò per i sentieri,

punzecchiato dal grano, calpestando l’erba fina:

sognando, ne sentirò ai miei piedi la freschezza.

Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Non parlerò, non penserò a nulla:

ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,

e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo,

per la Natura, – felice come con una donna.”

(Arthur Rimbaud, Sensazione, 1870)

 

 

Estate vuol dire anche Ferragosto, così nella filastrocca, tutta giocata tra scherzo e ironia, di Gianni Rodari:

“Filastrocca vola e va

dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena

e fa i castelli con la rena,

chi va ai monti fa le scalate

e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?

Solo, solo resta in città:

si sdrai al sole sul marciapiede,

se non c’è un vigile che lo vede,

e i suoi battelli sottomarini

fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente

faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:

in città non resta nessuno;

ordinanza che viene poi,

tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini

sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato

va in prigione difilato”.

(Ferragosto, da Filastrocche in Cielo e in Terra, Gianni Rodari, Einaudi Ragazzi, 1996)

 

 

100 anni di Edgar Morin

Un punto di riferimento per la cultura europea

Il prestigio e l’autorevolezza di Edgar Morin sono indiscutibili. La sua figura emerge sia sul piano teorico e della ricerca, sia nella partecipazione attiva al dibattito culturale europeo e internazionale. Nei suoi libri ha affrontato i temi cruciali dello sviluppo secondo una prospettiva aperta ai nessi che legano uomo, natura, cultura.

I SUOI SCRITTI

I titoli dei suoi scritti si impongono come dichiarazioni e messaggi che coinvolgono il lettore quale singolo individuo e quale persona appartenente della comunità sociale. Dalla pubblicazione di La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero (2000), e I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2001) l’importanza per la scuola di formare teste ben fatte, secondo un’espressione già di Montaigne, ha avuto una cornice di riferimento organizzata rispetto ad assunti riconosciuti, a tutt’oggi, fondamentali. Secondo Morin per una testa “ben fatta” occorre superare l’idea di un sapere parcellizzato in tante discipline per privilegiare le interrelazioni fra le conoscenze e favorire l’integrazione tra cultura scientifica e cultura umanistica.

MORIN E LA RIFLESSIONE SULLA SCUOLA

La scuola deve favorire l’attitudine a trattare problemi, a correlare i saperi in un orizzonte di significato. Costante in Morin è il richiamo, rivolto in particolare agli educatori, a considerare tre sfide fondamentali: la sfida culturale verso un pensiero che sappia privilegiare i contesti e le relazioni tra informazioni e conoscenze; la sfida sociologica per cui apprendere è soprattutto apprendere a vivere, a diventare cittadini del villaggio globale; la sfida civica per cui il sapere si definisce anche in termini responsabilità e solidarietà.

Gli insegnanti, in questo progetto di riforma, hanno compiti fondamentali:

  1. Fornire una cultura che permetta di distinguere, contestualizzare, globalizzare, affrontare i problemi multidimensionali, globali e fondamentali;
  2. Preparare le menti a rispondere alle sfide che la crescente complessità dei problemi pone alla conoscenza umana;
  3. Preparare le menti ad affrontare l’incertezza favorendo l’intelligenza strategica e la scommessa per un mondo migliore;
  4. Educare alla comprensione umana fra vicini e lontani;
  5. Insegnare l’affiliazione a partire dal proprio villaggio sino al villaggio globale;
  6. Insegnare la cittadinanza terrestre come comunità di destino dove tutti gli umani sono posti a confronto con gli stessi problemi.

LA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ E LA RIFLESSIONE SULLA PANDEMIA

Negli anni sono state innumerevoli le pubblicazioni di Morin, accanto ad una sua presenza attiva nel dibattito sui temi caldi dello sviluppo. Morin è un pensatore a cui dobbiamo la declinazione della teoria della complessità (La sfida della complessità, 2017) e una costante attenzione ai temi che riguardano l’etica e il rinnovamento della politica.

Il valore del pensiero critico permea ogni suo intervento come condizione basilare nella formazione alla saggezza. Se costanti sono in Morin le riflessioni sulle relazioni che riguardano noi stessi e il rapporto con il pianeta e con gli altri, fondamentale il suo contributo nella situazione di problematicità e di incertezza come quella che ha caratterizzato la pandemia da Covid-19.

Nel libro Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus (2020) Morin afferma che la pandemia permette di imparare per il futuro in quanto rappresenta la possibilità per gli uomini di diventare consapevoli di appartenere a una comunità di destino. È tempo di cambiare strada, di proteggere il pianeta, di umanizzare la società. «Come vivi?», questa la domanda fondamentale del libro. È urgente chiederselo ogni giorno e ogni giorno rispondere. Una domanda per i politici, gli studenti, i professionisti e, infine, per tutti. C’è bisogno di una nuova autocoscienza. Nessun cambiamento è mai nato se non da una consapevolezza nuova delle implicazioni e delle conseguenze del nostro modo di vivere.

“Già dall’alba dell’umanità, dall’alba dei tempi, eravamo nell’avventura ignota; lo siamo più che mai e dobbiamo esserlo con coscienza […] ci si deve preparare al nostro mondo incerto e aspettarsi l’inatteso. Prepararsi al nostro mondo incerto è il contrario di rassegnarsi a uno scetticismo generalizzato. È sforzarsi a pensare bene, rendersi capaci di elaborare e usare strategie, e, infine, fare con tutta coscienza le nostre scommesse. Sforzarsi a pensare bene è praticare un pensiero che si sforzi senza sosta di contestualizzare e globalizzare le sue informazioni e le sue conoscenze, che senza sosta si applichi a lottare contro l’errore e la menzogna a se stesso […] una strategia porta in sé la consapevolezza dell’incertezza che dovrà affrontare e comporta per ciò una scommessa, l’integrazione dell’incertezza nella fede o nella speranza”. 1
 

1 Edgar Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina, 2000.

Dante ecologista

La natura nella Divina Commedia

Nella Divina Commedia ci sono tantissimi riferimenti alla natura e agli animali, immagini e suggestioni che Dante utilizza in forma allegorica. Partiamo per un viaggio alla scoperta dei significati nascosti della Commedia!

 

DANTE E GLI ANIMALI

Presenza costante e sorprendente sono gli animali, tanti e di diverso genere. Dante li utilizza nella descrizione di stati d’animo e di caratteri; attraverso gli animali crea le atmosfere che connotano gli scenari dei regni dell’oltretomba. Pensiamo alle tre fiere che il Poeta incontra nel primo canto dell’Inferno, nella selva oscura: la lince, il leone, la lupa. La narrazione è realistica, ma occorre superare il significato letterale delle descrizioni e cogliere il livello simbolico perché Dante si misura con la lussuria, con la superbia, con l’avarizia, tutti impedimenti che ostacolano la via verso la salvezza e la redenzione. Lo stesso Dante ha chiarito la dimensione allegorica del suo poema per cui ogni elemento, ogni particolare riportano ad una struttura profonda dell’opera e ne rappresentano la chiave di lettura e il significato. Così le tre fiere sono i vizi che conducono al peccato, e che incrinano la virtù nell’animo umano.

Altri animali sono presenti carichi di significato: gru, formiche, pesci, tutti elementi che riconducono all’idea di migrazione e, in senso più ampio, di pellegrinaggio, in un poema che è poesia e metafora del viaggio.

 “Quali colombe dal disio chiamate/ con l’ali alzate e ferme al dolce nido/vegnon per l’aere, dal voler portate;” sono i versi del Canto V dell’Inferno, quello conosciuto come il canto di Paolo e Francesca e del loro sventurato amore.

Gli innamorati sono paragonati alle colombe, immagini dell’amore puro, incondizionato, simbologia presente nelle narrazioni e nelle rappresentazioni delle espressioni culturali di diverse epoche storiche.  Dante le utilizza per la forte capacità di evocazione, per il richiamo ad una grazia che non è solo del volo, in quanto assimilabile ad una figura universale dell’immaginario emotivo.

Nel Canto XIX (vv. 46-48) del Purgatorio si può leggere Con l’ali aperte, che parean di cigno,/volseci in sù colui che sì parlonne/tra due pareti del duro macigno”. Le ali aperte sono quelle dell’Angelo della sollecitudine che si presenta a Dante con voce dolce e benevola, così che l’immagine del cigno è quella più appropriata per narrare l’incontro.

 

DANTE E LA NATURA

Ma non solo gli animali, anche le piante e i fenomeni naturali rendono significativo e originale lo stile di Dante nella Commedia.

“Come d’autunno si levan le foglie/l’una appresso dell’altra, fin che ‘l ramo/vede alla terra tutte le sue spoglie,” (Inferno, III, 112-115). È un’immagine poetica che prepara la descrizione dei dannati che aspettano ansiosi di passare ad altra riva al cenno di Caronte. Una delle tante similitudini che Dante ci offre per rappresentare con più efficacia una realtà difficile da rendere con parole.

Il luogo è quell’inferno “d’ogni luce muto” in cui si esprime il rapporto tra luce e buio come incontro tra umano e divino, difficile da rendere se non con una immagine che utilizza i sensi e li travalica, come fa Dante con la sua grande ricchezza inventiva.

Già nel I Canto, oltre l’immagine della selva, appare il sole come “raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle”.

Dante non era un botanico, uno scienziato, ma aveva molte e approfondite conoscenze del mondo della natura che gli permettevano di essere attento e accurato nel disegnare i paesaggi e nel creare allegorie. Il poeta osserva la luce, l’aria, l’acqua, il vento, i colori, le stelle e il cielo e ne trae spunti di alta poesia: “L’alba vinceva l’ora mattutina/ che foggia innanzi, sì che di lontano/conobbi il tremolar de la marina“. (Purgatorio, I,115-117).

Dante ha molto da proporci per quanto riguarda il rispetto verso le manifestazioni della natura, soprattutto sa trasmettere la sua curiosità verso tutti i fenomeni imprevedibili o noti che egli osserva con occhi attenti ai dettagli, ai colori, al movimento. La natura è occasione per descrivere le leggi del cosmo oppure il carattere degli uomini.

Nel XXV canto del Paradiso, narrando della sua speranza di tornare a Firenze in virtù della sua Commedia, Dante scrive dell’auspicio che il poema sacro “vinca la crudeltà che fuor mi serra/
del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,/nimico ai lupi che li danno guerra”.

Il riferimento è a Firenze, bello ovile, a se stesso, agnello, e ai suoi concittadini faziosi, lupi, in similitudini che traggono dal mondo della natura potenza descrittiva e valenza di significato emotivo, intellettuale, morale, politico.

Ecco una bella pista di lavoro per leggere la Commedia e far appassionare, a scuola, bambini e ragazzi al mondo di Dante!

 

Scopri tutte le iniziative della Casa Editrice in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante: tante letture interessanti e approfondimenti ti aspettano!

Compiti per le vacanze, sì o no?

Una riflessione attorno al consueto dibattito sui compiti per le vacanze

COMPITI PER LE VACANZE, sì o no?

 

In questi giorni si sta sviluppando, come sempre, il dibattito intorno al fatidico problema:

“compiti delle vacanze sì, compiti no”.

Cercherò di spiegare in questo articolo perché sono favorevole.

Le vacanze dei nostri alunni durano circa tre mesi, da metà giugno a metà settembre. Un lasso di tempo molto lungo nel quale hanno la possibilità di ritemprarsi, di giocare, di stare con la famiglia, di andare in giro, di passeggiare e andare in bici, di visitare nuovi luoghi, di nuotare e costruire castelli di sabbia o lanciarsi in splendide gare di biglie.

È un tempo bellissimo, com’è giusto che sia, in cui la parola “libertà” deve farla da padrona.

All’interno di questo tempo di riposo, ritengo utile che i bambini dedichino qualche momento al loro “lavoro” di scolari. Un piccolo impegno spalmato su tre mesi di vacanza che, oltre a riabituarli a brevi momenti di concentrazione su un compito, educa al rispetto di qualche semplice dovere.

I genitori, che spesso vivono i compiti delle vacanze come un castigo per loro, condizionando anche il punto di vista dei bambini, dovrebbero affiancare le scelte degli insegnanti, valorizzando questi brevi momenti di impegno e ripasso, permettendo ai bambini di svolgerli in autonomia, dando loro fiducia.

“Scegli tu quando farli, mi fido di te. È bello ogni tanto tu rimettere in moto la mente! Se hai bisogno di un aiuto, sono qui”, magari aiutandoli a colorare o facendo a gara nel completare qualche esercizio, senza pretendere la perfezione, cosa che non dovrebbero fare neppure gli insegnanti.

Funzionano come ripasso?

Francamente non so rispondere. Forse sì, forse no. Quello che so per certo è che i nostri bambini “crescono” anche (e soprattutto) affrontando piccoli momenti che mettono alla prova la loro volontà e il loro impegno.

L’abitudine che si è diffusa in questi anni è quella di agevolarli sempre, eliminando dalla loro strada tutto quello che può richiedere un minimo di fatica.

“Prepara il bambino per il viaggio, non il viaggio per il bambino” recita un aforisma che amo molto.

In circolazione ci sono molti libri per le vacanze. Ne scelgo sempre uno semplice, divertente e accattivante dal punto di vista grafico. La richiesta che faccio ai miei alunni (e che condivido con i genitori) è:

“Divertitevi a completarlo. Cercate di predisporre un programma in modo che il lavoro non vi pesi e fate il meglio che potete. Se non riuscite ad ultimare l’opuscolo, pazienza”.

Ebbene, non capita MAI che qualcuno non lo termini.

Infatti, a settembre li utilizzo, attraverso la correzione collettiva o a gruppi, come fase di autovalutazione legata anche alla verifica dei prerequisiti in ingresso.

Ovviamente, insieme al libretto non devono mancare mai i consigli di lettura.

La famosa “lettura gratuita”, nata e cresciuta con il solo scopo di trasmettere emozioni.

Ma questo, come dicono i francesi, ça va sans dire …

 

 

 

Dai numeri ai livelli: valutare un percorso “unico”

Come applicare al meglio la nuova valutazione

Proviamo a fare un passo indietro e poniamoci una domanda: che cos’è un numero? Ecco la definizione che ne dà il Dizionario della Lingua Italiana Sabatini Coletti: “Ente astratto con-cepito per essere messo in corrispondenza con gli elementi di un insieme e che permette di stabilire la quantità di tali elementi (n. cardinale), di misurare quantitativamente le grandezze (n. razionale o n. irrazionale) e di indicare la posizione di un elemento in una successione ordinata (n. ordinale)”.
Ebbene, se riflettiamo un momento, come può un “ente astratto che misura una quantità” rappresentare il processo di apprendimento di un bambino e, soprattutto, differenziarne la valutazione individualizzandola?
L’8 dato a Paolo poteva essere lo stesso dell’8 di Safaa? Il percorso che ha condotto Paolo, nato e cresciuto da genitori italiani, ad acquisire una specifica competenza quale ad esempio “Leggere e comprendere”, è lo stesso che ha compiuto Safaa, figlia di genitori non italofoni che arrancano con l’italiano? Nel sistema basato sulla valutazione numerica persisteva il rischio che quell’8 Safaa non lo ottenesse mai, nonostante gli sforzi legati a una strada parecchio in salita. E, aggiungo, poteva un numero valutare in modo oggettivo una prova aperta come un’interrogazione, la produzione di un testo, l’ascolto, il parlato?

Fatte queste premesse, diamo il benvenuto a questa nuova valutazione formativa che vuole mettere in luce le potenzialità di ogni alunno, valorizzando i progressi che sta compiendo, i processi cognitivi e meta-cognitivi, emotivi e sociali attraverso i quali si manifestano i risultati del suo apprendimento. Un monitoraggio utile a far leva sugli aspetti di forza per concentrarsi su quelli ancora da migliorare, in un percorso che è solo suo, non generalizzabile e non paragonabile a nessun altro.
Dunque una rivoluzione copernicana: la valutazione non è più l’obiettivo da raggiungere (quanto hai preso di matematica?) ma lo strumento per raggiungere quello che dovrebbe essere il reale obiet-tivo, cioè l’apprendimento e la crescita personale e culturale.

La domanda che ci poniamo noi insegnanti in questa fase, in cui cerchiamo di comprendere come applicare al meglio questo tipo di valutazione, è la seguente: come possiamo visualizzare le tappe di questo percorso? Quali tipologie di prove dovremo utilizzare? Con quali strumenti potremo valutarle per poi poterle rendicontare?

La risposta che troviamo nelle Linee Guida Ministeriali ci indica la via: accostando gli obiettivi di apprendimento previsti per ogni disciplina al livello raggiunto dall’alunno.
Gli obiettivi però, ci raccomandano le Linee Guida, devono avere caratteristiche ben precise:

  • devono descrivere manifestazioni dell’apprendimento in modo sufficientemente specifico ed esplicito da poter essere osservabili, in coerenza con i traguardi di sviluppo delle competenze;
  • devono contenere sempre sia l’azione che gli alunni devono mettere in atto sia il contenuto disciplinare al quale l’azione si riferisce, evitando l’uso di descrittori generici che rischierebbero di ingenerare approssimazione e/o equivoci nei giudizi valutativi a utilizzando verbi.
     

Come sappiamo, l’autovalutazione, cioè il processo mediante il quale il bambino prende atto, da solo, di quello che sa e di quello che non sa, dei punti in cui è “già bravo” e dei punti in cui deve ancora migliorare, nel nuovo modello valutativo trova un posto di primo piano.

Come creare questa autovalutazione? Sarebbe opportuno generarla insieme ai bambini, tuttavia ho inserito di seguito un modello tratto dalle riflessioni emerse su questo argomento dopo una verifica sulla comprensione per livelli estratta da quelle presenti nel sussidiario dei linguaggi Il cerchio dei lettori.

È un’autovalutazione che chiede al bambino di riflettere non solo sui livelli di competenza cui è giunto nel percorso legato alla comprensione di un testo scritto, ma anche di valutare la propria capacità metacognitiva diventando propositivo:

  • Quali sono i miei punti di forza?
  • Che cosa posso fare per migliorare i miei punti di debolezza?

Perché i bambini sono e devono essere, sempre, orgogliosi costruttori del loro sapere
 

Naturalmente a questa valutazione va affiancata la scelta di prove di competenza strutturate ad hoc, da assegnare alla fine di un percorso che non può avere la durata di pochi giorni.

Gestire l’intervallo

Idee e suggerimenti per le prime settimane di scuola

Accoglienza terza parte. Gestire l’intervallo

Una delle problematiche principali che dovremo affrontare in questo anno difficile sarà la gestione dell’intervallo. Ecco un elenco di attività e suggerimenti pratici da utilizzare per rendere gli intervalli un momento idoneo a scaricare la tensione e a divertirsi, rispettando le regole di in sicurezza che il momento ci impone. Tenendo sempre bene a mente la necessità di aerare bene e frequentemente il locale con l’apertura delle finestre.

Gestire l’intervallo: divertiamoci sul posto

Consiglio: far portare ai bambini un sacchettino nel quale inserire i “resti” della merenda (contenitori di succo vuoti, cellophane delle merendine, bucce di frutta…) onde evitare che si assembrino intorno al cestino dei rifiuti.

IL DIRETTORE D’ORCHESTRA

Dopo aver consumato la merenda e aver risposto in cartella il sacchettino dei rifiuti, i bambini si alzeranno in piedi, sistemeranno la sedia sotto il tavolino e si posizioneranno a desta del banco. Inizia la maestra proponendo una serie di gesti diversi che gli alunni dovranno imitare. I gesti potranno essere più statici ( movimenti di braccia, occhi, testa, mani, naso…) o più dinamici (saltelli sul posto, saltelli su un piede, battute di mani, battute di piedi, trotto, corsa sul posto…). La maestra lascerà quindi il posto ad un bambino e questi, a turno, chiamerà un altro compagno e così via. L’unica regola da seguire: si alterna una femmina con un maschio.

GIACOMINO ALL’INCONTRARIO

Dopo aver consumato la merenda e aver risposto in cartella il sacchettino dei rifiuti, i bambini si alzeranno in piedi, sistemeranno la sedia a desta del banco posizionandosi davanti. Inizia la maestra. I comandi devono essere eseguiti all’incontrario:

– Giacomino sale sulla sedia
– Giacomino scende dalla sedia
– Giacomino si siede
– Giacomino si alza
– Giacomino si mette a destra
– Ecc

Chi sbaglia si siede. La maestra lascerà quindi il posto ad un bambino e questi, a turno, chiamerà un altro compagno e così via. L’unica regola da seguire: si alterna una femmina con un maschio.

BALLANDO SI PUÒ

Dopo aver consumato la merenda e aver risposto in cartella il sacchettino dei rifiuti, i bambini si alzeranno in piedi, sistemeranno la sedia sotto il tavolino e si posizioneranno davanti al banco. La maestra mette alla LIM, laddove possibile, coreografie da copiare. Ecco alcuni link:

https://www.youtube.com/watch?v=0yBrWDS3N6M&t=76s

https://www.youtube.com/watch?v=aogNWORL_j0&t=5s

https://www.youtube.com/watch?v=BvbKOmlh2TA

LA STORIA DI TUTTI

Dopo aver consumato la merenda e aver risposto in cartella il sacchettino dei rifiuti, i bambini si alzeranno in piedi, sistemeranno la sedia sotto il tavolino e si posizionerano davanti al banco. Inizia la storia la maestra. “C’era una volta una bambina che camminava vicino a un lago…”

Mentre narra la maestra cammina, compie gesti, produce suoni e interpreta col viso sempre rimanendo sul posto. Chiama quindi un/una bambino/a, questi si volta verso i compagni e prosegue la storia, sempre accompagnandola con gesti, suoni e movimenti sul posto. Quando si interrompe, torna a voltarsi verso la maestra chiamando un nuovo compagno che a sua volta si volta verso i compagni e prosegue la storia, sempre accompagnandola con gesti, suoni e movimenti sul posto. L’ultimo bambino rimasto ha il compito di trovare un finale alla storia.

Primi giorni di scuola: emozioni e attività manuali

Suggerimenti di Flavia Franco

In questo articolo vi propongo altri suggerimenti per affrontare al meglio le prime prime settimane di scuola.

Ho pensato di creare un elenco di attività pratiche da utilizzare in classe in questo periodo che sarà sicuramente complesso.

 

1. Le palette delle emozioni

Siccome il problema principale sarà l’impossibilità del contatto fisico, potremo creare delle palette “emozionali” che i bambini potranno utilizzare per comunicare le loro sensazioni, i loro bisogni affettivi o i loro desideri di amicizia.

 Paletta colorata 1Paletta colorata 2Paletta colorata 3

Palette doppie per abbracci, per stare in fila, per ballare….

Paletta colorata 4Paletta colorata 5

 

Basterà che dicano il nome del compagno cui il gesto è diretto e voilà…. il destinatario riceverà l’abbraccio, la stretta di mano, il saluto, pur restando seduto al banco
Lo stesso farà la maestra con i bambini.

E virtualmente si potrà continuare a far circolare il calore del volersi bene.

 

2. la scatolina per la tempera

L’intervallo rappresenterà sicuramente un momento difficile. Ecco alcune proposte, utili a gestire la situazione ricordandoci sempre della necessità di aerare bene e frequentemente il locale con l’apertura delle finestre.

1) far portare ai bambini un sacchettino nel quale inserire i “resti” della merenda

(contenitori di succo vuoti, cellophane delle merendine, bucce di frutta…) onde evitare che si assembrino intorno al cestino dei rifiuti

2) Far costruire una scatolina per temperare le matite:

temperamatite

 

Ecco un template da scaricare e far realizzare:

matita scatola bn

Scarica

 

3) Far costruire mascherine finte divertenti da utilizzare per costruire storie o manifestare emozioni (senza usarle, naturalmente!)

mascherina 1

mascherina 2

 

Ecco un template da scaricare e far realizzare:

mascherina bn

Scarica

Buon lavoro a tutti voi!