Cento anni dalla nascita di Alberto Manzi
Attualità di un Maestro elementare che insegnò a milioni di italiani analfabeti a leggere e scrivere a cento anni dalla nascita.

Alberto Manzi, che i più conoscono per il successo della fortunata trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” (Premio Unesco 1965), fu sicuramente un pioniere, capace di anticipare la DAD (didattica a distanza) con modalità ante-litteram, ma non solo. L’esperienza condotta nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma con metodologie proprie di un maestro di strada, fino ai modelli didattici sperimentati tra gli indios dell’America Latina, senza trascurare trent’anni di insegnamento come maestro nella scuola elementare “Fratelli Bandiera” di Roma, definiscono la storia di un personaggio che si è definito “rivoluzionario” perché ha saputo sfidare l’abitudine sedimentata e l’autorità cristallizzata per una visione dell’educare capace di sconfiggere passività e individualismo. È stato insegnante sperimentatore, divulgatore, scrittore, uomo appassionato alle questioni civili.
Così “Non è mai troppo tardi” non è solo il titolo della trasmissione televisiva da lui condotta tra il 1960 e il 1968 ma il credo di un uomo che ha saputo comunicare a bambini, adulti, analfabeti, indios, che non è mai troppo tardi per imparare a leggere e a scrivere la propria storia e la propria vita. Ha affermato, con la sua esperienza, il ruolo dell’insegnante come figura fondamentale della società democratica.
Alfabetizzare non significa semplicemente istruire e facilitare l’apprendimento di abilità di base, vuol dire soprattutto permettere l’emancipazione di ciascun individuo per una sua attiva e consapevole espressione di cittadinanza. La strategia privilegiata è stata quella del porre domande, cercare di capire, ascoltare e riflettere.
Ha saputo educare gli alunni al pensare, alla curiosità, trasmettendo loro la voglia di imparare.
“Spero che abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere: NON RINUNCIATE MAI,
per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, AD ESSERE VOI STESSI.
Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere.
Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe.”
(Lettera del maestro Manzi ai suoi alunni di V° elementare, 1976)
Per Alberto Manzi è importante formare adulti che sappiano usare la testa e che riescano a comprendere il mondo. L’insegnamento è l’arte di rispettare i tempi di ognuno. Da questo assunto scaturisce un nuovo modo di fare scuola e il suo caratterizzarsi come “maestro disobbediente”.
Leggere quanto ha scritto Manzi, in particolare ascoltare le interviste in cui racconta il suo rapporto con i bambini in classe riesce ancora oggi a catturare l’attenzione per la capacità del maestro di provocare un interesse autentico e straordinario. Ad esempio quando un suo alunno, associa le corde vocali che pensava fossero ventuno alle lettere dell’alfabeto, sempre ventuno, Manzi, per dimostrare un concetto sbagliato, considerando tuttavia le esperienze e le conoscenze del bambino, va a scuola con un violino che permette di scoprire come le quattro corde dello strumento potessero esprimere una molteplicità di suoni. Così il maestro può attivare la tensione cognitiva, valorizzare la curiosità, discutere insieme senza mai bollare e giudicare.
Manzi ha scritto libri di testo, libri di narrativa in cui ha armonizzato il livello fiabesco e avventuroso, l’attenzione ai contenuti scientifici, con i temi della libertà e della solidarietà. Per la lettura le parole scritte e dette da Manzi sono di grande attualità. “Il bambino che amerà la lettura, parteciperà attivamente alla vita della comunità”. Inoltre sarà proprio la lettura a sviluppare il gusto di leggere, l’attività logica, l’osservazione, la riflessione, la fantasia, il senso dell’umorismo, il gusto della ricerca, lo stimolo a fare da sé, soprattutto leggere insegnerà a pensare.
Con Manzi la direzione rimane sempre la stessa: vedere e osservare, ragionare, lavorare, provocare trasformazioni e relazioni. Per il suo fare scuola non erano necessari cattedra e registro, i ragazzi erano educati all’autovalutazione in un percorso di sviluppo dell’intelligenza che non poteva ricondursi a un bagaglio di conoscenze da certificare con un voto. Per il Maestro conta la dimensione esperienziale in una scuola che valorizza il corpo, il gioco, l’ambiente.
Per quanto riguarda la televisione, Manzi si impose all’attenzione per aver usato lo strumento in modo dinamico, per avere proposto immagini e disegni che favorissero l’apprendimento. Manzi definì la televisione “futilità indistruttibile”, la considerò educativa se usata per scoprire le meraviglie della natura, per alimentare lo spirito, cercando nello strumento una dimensione umana, evitando la passività a cui può indurre. La televisione assume un ruolo positivo quando aiuta l’individuo a uscire dal conformismo culturale, quando educa l’intelligenza. Alberto Manzi, coerente alla sua idea di educazione, dopo la prima esperienza televisiva, intorno agli anni settanta, realizzò un ciclo di trasmissioni per affrontare problemi relazionali che coinvolgevano genitori e figli e, di seguito, “Educare a pensare”, una serie di puntate per insegnanti di scuola elementare con l’obiettivo di rinnovare la didattica. L’attualità di Alberto Manzi è quindi riconducibile alla ricchezza del suo percorso volto ad affermare che la capacità dell’insegnante si misura in riferimento alla “tensione emotiva”, vale a dire alla capacità del maestro di tenere viva l’attenzione e di suscitare l’interesse, che il sapere è un processo creativo legato all’esperienza, che il messaggio pedagogico non può essere disgiunto dall’ impegno umano e civile.
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Mirella Mazzarini
Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.
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